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Tax governance: una survey per fare il punto

La Tax Governance sta assumendo un ruolo sempre più importante all’interno del sistema di gestione dei rischi d’impresa. La Survey di cui siamo stati promotori si è posta l’obiettivo di misurare il grado di consapevolezza degli organi sociali in relazione

di Stefano Modena (*) Lisa Vascellari (**) Michela Zeme (***)

     

La Tax Governance sta assumendo un ruolo sempre più importante all’interno del sistema di gestione dei rischi d’impresa. La Survey di cui siamo stati promotori si è posta l’obiettivo di misurare il grado di consapevolezza degli organi sociali in relazione alla rilevanza della gestione della variabile fiscale.

La fiscalità è un tema tanto importante per la vita dell’impresa quanto specialistico e, spesso, ostico. L’approccio più comune, anche da parte degli amministratori indipendenti, è lo scarso interesse, almeno fino a quando gli esiti di una verifica fiscale non obbligano il Consiglio di Amministrazione ad occuparsene. La complessità della materia richiede senz’altro un supporto specialistico, che però nei fatti sfocia spesso nella sola delega alle strutture competenti e/o al ricorso ad esperti esterni. È invece opportuno che il punto di vista degli attori della corporate governance cambi e inizi a considerare la variabile tributaria sia come uno dei rischi che possono avere maggior incidenza sulla performance aziendale, con ripercussioni sull’intera impresa oltre che sul rendimento per gli azionisti e sulla riduzione delle possibilità di autofinanziamento, sia come un fattore di creazione di un vero e proprio vantaggio competitivo.

Il rischio fiscale rientra a pieno titolo tra i rischi aziendali e, come tale, deve essere affrontato e gestito; rientrano, infatti, nei compiti tipici del Consiglio di Amministrazione:

  • la promozione di una cultura aziendale che riconosca la legalità, l’onestà, la correttezza e la trasparenza come principi fondamentali su cui basare il rapporto tra la società e l’Amministrazione finanziaria;

  • la definizionedella strategia dell’impresa, perseguendo la creazione di valore sostenibile per la societa` -in linea con le raccomandazioni del Codice di Corporate Governance – declinandola anche in una chiara strategia fiscale;

  • la valutazione dell’adeguatezza del sistema di controllo interno, comprendendone il sistema di controllo dei rischi fiscali;

  • l’adeguamento del Modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. 231/2001, che annovera ora anche i reati tributari tra i cd. “reati presupposto”.

Le incertezze in ambito tributario si manifestano in primis nella determinazione dell’onere fiscale di periodo, che si scontra sovente con sopravvenute modifiche normative, mutati interventi di prassi dell’Agenzia delle Entrate o nuovi orientamenti giurisprudenziali.

L’impatto di tali eventi si manifesta principalmente sul bilancio d’esercizio e in occasione della presentazione delle dichiarazioni fiscali, oltre alla sussistenza di eventuali passività latenti che possono derivare anche da inconsapevole trascuratezza e mancato presidio di talune aree particolarmente complesse e a rischio, quali – ad esempio – la fiscalità internazionale.

È di tutta evidenza, infatti, che i maggiori rischi si annidino proprio negli ambiti caratterizzati da poste valutative e qualitative, che richiedono – oltre ad una rigorosa applicazione delle norme di riferimento – uno sforzo interpretativo supplementare e comportano una inevitabile esigenza di contemperamento di molteplici interessi, trattandosi – spesso – di decisioni con rilevanti impatti economici e finanziari.

Sono proprio le lacune nei presidi interni specifici che possono esporre maggiormente le imprese a significativi rischi di accertamento, con potenziali rilevanti impatti sulle performance, mentre il buon governo della variabile fiscale e la predisposizione al dialogo con le autorità preposte potrebbero permettere – a tendere – di attenuare le conseguenze sanzionatorie di eventuali irregolarità commesse, o di accedere a regimi premiali, alcuni già accessibili a tutti contribuenti come penalty protection in tema di transfer pricing, recentemente esteso anche all’ambito patent-box, altri ancora riservati esclusivamente a gruppi di grandissime dimensioni come la cooperative compliance.

Non va taciuta, peraltro, la difficoltà – soprattutto per i gruppi multinazionali di grandi dimensioni – nel cercare un proficuo dialogo con le amministrazioni fiscali di Paesi diversi, spesso non appartenenti all’Unione Europea, mantenendo una visione d’insieme e cercando di mitigare i rischi a livello di gruppo.

Basandosi su queste premesse, la Tax Governance Survey (scarica QUI) ha avuto, in primis, l’obiettivo di misurare il grado di consapevolezza delle imprese in merito alla rilevanza della gestione della variabile fiscale. Partendo da questa fotografia della realtà attuale, si intende fornire, con successivi contributi, spunti di riflessione e principi su cui basare un buon modello di Tax Governance.

La situazione che emerge dalla Survey vuole, inoltre, costituire uno stimolo per “richiamare” l’attenzione degli amministratori sulla tematica in esame e sulle relative responsabilità, ampliando il sistema di controllo interno – di cui il Consiglio di Amministrazione è comunque responsabile – anche a questo aspetto della conduzione aziendale. Obiettivo che, certamente, non può essere raggiunto con il solo ricorso agli specialisti.

A questo proposito, i risultati della Survey hanno evidenziato, su di un piano operativo, che – mentre la maggior parte delle aziende rappresentate è preparata per affrontare le tematiche fiscali, sia con strutture interne che con il supporto di consulenti esterni – il ruolo del Consiglio di Amministrazione è oggi ancora marginale rispetto alle scelte fiscali. La consapevolezza che il verificarsi di un danno aziendale in relazione al rischio fiscale potrebbe comportare per la società rilevanti conseguenze non solo sul piano finanziario ma anche reputazionale, non è pienamente percepita dagli Amministratori, se non a fatto avvenuto.

Appare evidente, dunque, che il coinvolgimento degli Amministratori avviene tipicamente in casi specifici, sia per il compimento di operazioni straordinarie che in caso di verifiche denotando, quindi, un orientamento alla gestione “per evento” o “ex post” del rischio fiscale piuttosto che “per processo” e “per principi di comportamento”.

La ricerca evidenzia, inoltre, anche l’interesse manifestato nei confronti di strumenti che possano agevolare l’interlocuzione preventiva tra amministrazione finanziaria e contribuenti. Il regime di cooperative compliance e gli altri regimi premiali introdotti dal Legislatore, oggi riservati a specifiche categorie di contribuenti, hanno certamente avuto il pregio di innovare il rapporto tra Fisco e contribuenti, valorizzando l’esigenza di un reciproco rapporto di fiducia e trasparenza e l’imprescindibilità di sistemi di controllo interno efficaci e di una buona governance. Il modello di Tax Governance in ottica (anche) preventiva rappresenta, dunque, un modello a tendere, anche per le aziende di minori dimensioni, inserendosi anche nel più ampio tema della responsabilità sociale d’impresa e – dunque – nella promozione di un’etica e di una cultura con cui contemperare gli obiettivi di business con gli impatti sulla comunità.

Il lavoro è stato coordinato da Enrico Maria Bignami e Roberto Cravero, componenti del Consiglio Direttivo di Nedcommunity.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Stefano Modena (*)

Managing Partner di Governance Advisors e Associato Nedcommunity, si occupa da oltre 15 anni di consulenza di corporate governance. Ha avuto esperienze manageriali in aziende internazionali come CFO di Unichips España e Direttore Amministrazione & Finanza di Albright & Wilson Iberica. È stato Controller della Divisione Cargo Alitalia e Responsabile del reporting per il New York Stock Exchange di Montedison. Ha iniziato la propria carriera come revisore dei conti in Coopers&Lybrand.

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Lisa Vascellari (**)

Senior Associate dello Studio Biscozzi Nobili Piazza, esperta di patent box e transfer pricing, ha iniziato la sua carriera nella società di revisione PricewaterhouseCoopers proseguendo poi presso lo Studio per il Controllo Contabile. Si è Laureata in Economia e Legislazione per l’Impresa e ha conseguito il Master cum laude in Diritto Tributario dell’Impresa presso l’Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano. È iscritta all’Albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili.

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Michela Zeme (***)

Dottore Commercialista e Revisore Legale con esperienza professionale in ambito tributario e societario. È componente del Reflection Group PMI di Nedcommunity e responsabile dell’Area Governance Società quotate del Centro Studi AIDC di Milano. Ricopre incarichi di Consigliere Indipendente, Sindaco e membro di Organismi di Vigilanza in società di servizi e finanziarie, anche quotate.

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