Sviluppo sostenibile: la chiave per una crescita solida e duratura
La parola d’ordine per la crescita è transizione verde, anche nel mondo produttivo e dei servizi. Cosa vuol dire davvero per un’azienda e come il cda può indirizzarla concretamente?
Daniel Olah/UnsplashLo sviluppo sostenibile è un termine entrato nel gergo politico-economico internazionale soprattutto dopo l’adozione nel 2015 dell’agenda 2030 dell’ONU contenente i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile. Il concetto è stato incorporato e rilanciato con una valenza importante per l’operato dei Consigli di Amministrazione nel Codice di Corporate Governance italiano del gennaio 2020, che parla di successo sostenibile. Il Codice è stato scritto nel 2019, pre-pandemia. Per il 2022 e oltre, dopo due anni di incertezze economiche, sociali e finanziarie, lo sviluppo sostenibile è ancora di più la parola d’ordine per il futuro delle aziende e per il ruolo degli amministratori. Lo dimostra il fatto che anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sul quale si ripongono tante speranze per un secondo boom economico italiano, è costruito sui pilastri della sostenibilità. Cosa vuole dire in concreto, oggi, per le aziende e per i Consigli di Amministrazione?
Quale sviluppo?
I mercati, dai consumatori ai fornitori, sono cambiati in modo rivoluzionario rispetto al 2019 per tutti i settori, mettendo in ginocchio un numero preoccupante di aziende. Come sempre i cambiamenti offrono anche opportunità importanti di riposizionamento e rilancio. La capacità di cogliere nuovi modi per crescere è alla base dello sviluppo del business:
- attraverso l’accelerazione dei canali digitali si raggiungono nuovi clienti e nuove geografie,
- a seguito dell’emergere di esigenze diverse, si rende necessaria l’innovazione nei prodotti/servizi esistenti e la creazione di nuovi
- le complessità emerse nella catena del valore (dalla logistica all’inflazione e alla scarsità dei materiali) spingono a ripensare il modo di lavorare con i fornitori
- l’esigenza sempre maggiore di infrastrutture fisiche e tecniche affidabili, porta alla necessità di investimenti e riconversioni senza precedenti
- i governi e le istituzioni mettono a disposizione risorse per facilitare un cambiamento che le sole forze di mercato, provate dalla pandemia, non riuscirebbero ad esercitare
In che modo sostenibile?
Gli ultimi due anni hanno anche evidenziato la fragilità delle economie reali, colpite da disruption sociale ed emergenza climatica. La crisi economica si è intrecciata a quella sociale ed ambientale. Per questo motivo appare sempre più evidente che una ripresa è possibile solo se si cercano soluzioni durature (sostenibili nel tempo) che trovino un bilanciamento tra people, planet e profit. Le scelte strategiche e i relativi investimenti devono in modo imprescindibile tenere conto degli impatti sociali ed ambientali, favorirne la risoluzione e promuovere il cambiamento culturale senza il quale non sono possibili passi significativi. Soprattutto, le scelte di oggi non devono compromettere il futuro.
Il ruolo del Consiglio di Amministrazione
Questa strada porta però a scelte difficili che potrebbero dare risultati solo in un tempo un po’ lontano. Più lontano dei risultati trimestrali, della prossima assemblea che approva la relazione finanziaria annuale, del piano industriale a tre anni. È necessario valutare trade-off e fare compromessi. È anche necessario valutare impatti trasversali e indiretti di investimenti alternativi; valutare l’impatto della “non azione”, dell’aspettare tempi meno incerti per prendere decisioni. Questo scenario porta il Consiglio di Amministrazione nella posizione di dover essere più presente che mai nel discutere con il management il piano strategico: facendo domande, valutando la solidità delle ipotesi di base, favorendo la creazione di scenari alternativi (“piani B”), incoraggiando ambiziosi stress test, portando prospettive diverse (da altri settori e altri contesti), ponendo lo sguardo oltre il 2030 e aiutando a valutare come le scelte di oggi posizionano per un futuro difficile da immaginare.
Il cambiamento climatico, la rivoluzione verde e la transizione ecologica
Un esempio importante del ruolo strategico del Consiglio di Amministrazione è la valutazione del cambiamento climatico sul modo di operare in azienda. Tanto più che la fetta più corposa dei finanziamenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è destinata proprio a “rivoluzione verde e transizione ecologica”: 69,94 miliardi.
Fino a poco tempo fa la percezione prevalente era che il clima fosse un fattore di lungo termine, così lungo e indiretto da renderlo poco rilevante nelle scelte aziendali. Unico elemento realmente percepito era l’importanza di aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Poi ci sono stati gli eventi climatici estremi che hanno paralizzato le aziende e la logistica e creato forti danni all’agricoltura e alle infrastrutture (come le società assicurative ben sanno). Si sta anche iniziando a notare come il lento innalzamento delle temperature stia cambiando alcune aspettative, ad esempio: le energie rinnovabili sono a loro volta colpite dai cambiamenti climatici (meno vento vuol dire meno energia eolica, l’energia idroelettrica sembra diventare meno produttiva e poco prevedibile), la riduzione delle nevicate danneggia l’economia montana basata sul turismo invernale, la siccità rende meno produttiva o più costosa la produzione agricola, la localizzazione dei siti produttivi può rivelarsi inadatta se cambia la disponibilità di risorse naturali su cui si contava. Gli impatti economico-finanziari del clima stando diventando visibili in un numero crescente di bilanci aziendali.
Il Consiglio di Amministrazione ha l’opportunità/responsabilità di promuovere l’inclusione del cambiamento climatico, in tutte le sue manifestazioni, nella definizione di una strategia aziendale resiliente in un futuro a zero emissioni e nella costruzione delle competenze del management team. Questo è valido per tutti i settori. Nell’ambito energia e servizi finanziari l’attenzione è già molto alta, anche se non sempre a 360 gradi. Negli altri settori (dal manufatturiero all’agroalimentare e alla moda) è ancora a livello embrionale. La consapevolezza da parte dei membri del Consiglio di Amministrazione sulle implicazioni del cambiamento climatico sul business model aziendale è ad oggi ancora limitata. Proprio per dare strumenti adeguati ai Consiglieri di Amministrazione è nata nel 2019 la Climate Governance Initiative (climate-governance.org), un progetto che si fonda sugli otto principi di governance del clima pubblicati dal World Economic Forum. L’Italia (insieme a UK e Malaysia) è stato tra i primi paesi a formare un chapter locale, Chapter Zero Italy – The Nedcommunity Climate Forum: una piattaforma di confronto e approfondimento per gli associati di Nedcommunity.