Sostenibilità e Rating sono i nuovi approcci di S&P Global
Le tematiche legate alla sostenibilità coinvolgono sempre maggiori attori dei mercati finanziari, non solo gli investitori e le società emittenti. Anche le società di rating stanno gradualmente inglobando valutazioni ESG (Environmental, social and
Le tematiche legate alla sostenibilità coinvolgono sempre maggiori attori dei mercati finanziari, non solo gli investitori e le società emittenti. Anche le società di rating stanno gradualmente inglobando valutazioni ESG (Environmental, social and governance) nell’ambito delle analisi di credito.
Ciò appare da un lato abbastanza ovvio, dato che le valutazioni sull’affidabilità finanziaria si basano su una vasta gamma di fattori economici e finanziari che influenzano i rischi di un mancato rimborso, dall’altro non di immediata lettura, proprio perché ad una prima analisi i fattori ESG sembrerebbero piuttosto difficili da identificare, misurare e correlare alla capacità di rimborso del debito.
Eppure i punti di incontro non sono pochi: le valutazioni di rating si basano su un orizzonte di medio/lungo termine e come tali non possono evitare scenari di riferimento che inglobino evoluzioni tecnologiche, ambientali, sociali in corso. Il rating inoltre guarda prevalentemente al “down side risk” di un emittente, quindi a tutte quelle variabili che potrebbero avere un impatto sull’affidabilità finanziaria e generare rischi inattesi e cerca di incorporarli in una valutazione sintetica che viene monitorata e aggiornata costantemente. Se è vero che la creazione di valore e la competitività di un’azienda dipendono sempre più da una buona gestione dei cosiddetti capitali intangibili non vi è dubbio che la qualità del suo debito sia sempre più influenzato da come i fattori intangibili possono riflettersi sul profilo economico e finanziario di medio termine.
Standard & Poor’s ha tenuto recentemente una conferenza a Milano illustrando le metodologie sviluppate negli ultimi due anni in materia di rating e sostenibilità. Come tutte le evoluzioni delle metodologie di rating, anche queste nascono da un costante dialogo e confronto con gli investitori e gli emittenti, a conferma della rilevanza che il rating di credito continua ad avere nella gestione dei portafogli di strumento di debito per il pricing e il costante monitoraggio del profilo rischio rendimento dei singoli strumenti, siano questi obbligazioni, prestiti, strumenti ibridi o altri titoli di debito.
Nell’inglobare i fattori ESG nelle metodologie S&P ha scelto di lavorare su un duplice binario: da un lato identificare i fattori rilevanti ai fini delle tradizionali analisi di rating, dall’altro sviluppare nuovi indicatori aggiuntivi e complementari ai rating di credito, per fornire ulteriori informazioni su tematiche “green” peculiari a determinati settori come quello energetico e infrastrutturale.
Vedasi qui di seguito la metodologia pubblica di S&P Ratings.
I fattori ESG
Per quanto concerne i rating di credito, S&P si focalizza sull’identificazione dei fattori ESG specifici che possono influenzare le capacita di rimborso e inglobare un’analisi ad hoc degli stessi nel percorso metodologico che considera rischio di business, rischio finanziario e altri aspetti. Occorre ricordare che l’analisi di rating (le cui metodologie sono pubbliche e replicabili dagli investitori ) è sempre il risultato sintetico di valutazioni quantitative e qualitative in un’ottica di comparabilità relativa con un peer group di settore. E’ anche dalla conoscenza approfondita di come le diverse variabili economiche e finanziarie si declinano nelle diverse società e nelle diverse fasi del ciclo economico che gli analisti riescono a catturare meglio anche quei fattori qualitativi non propriamente misurabili che determinano un valore informativo maggiore rispetto ai rating puramente quantitativi e statistici. I fattori ESG tendono ad avere in media un ruolo maggiore nella parte dedicata all’analisi del settore e del suo profilo di rischio: vi sono infatti industrie che hanno di per sé un legame maggiore con aspetti per esempio ambientali e tecnologici. Tuttavia è innegabile che l’influenza dei fattori ESG sta ampliandosi sempre più a settori precedentemente considerati meno esposti, come i consumer goods, il lusso, il turismo e il leisure. Un’ analisi condotta da S&P su 900 azioni di rating effettuate a livello globale tra il 2016 e il 2017 ha rilevato che in ben 717 casi, pari a circa il 10% delle azioni di rating globali, esse erano motivate da fattori ESG. Si potrebbe supporre che questa percentuale si destinata a crescere via via che i fattori ESG diventano più rilevanti per più settori (si pensi alla pervasività crescente del climate change in settori prima considerati indenni da fattori “climatici” ) e che i dati e le analisi disponibili sulle varie tematiche aumentano in estensione e granularità, grazie anche al know how crescente e all’attenzione pressante degli investitori sulla sostenibilità.
Quali aree di “rischio” sono mediamente più impattate da fattori ESG ? tipicamente i livelli di profitto ; i rischi di cambiamenti e discontinuità di settore che influiscono sulla tenuta dei modelli di business (si pensi all’editoria o ai media) ; l’efficacia operativa ; le prospettive di crescita, l’efficacia delle barriere all’entrata, le economie di scala e di scopo. Gli esempi sarebbero moltissimi, e molti si riflettono su un aggiustamento del rating che, va ricordato, può essere sia negativo (minor capacità di rispondere a sfide ambientali o sociali) o positivi (capacità di rispondere o anticipare i rischi con innovazione e cambiamenti strategici e tecnologici). Tipicamente i fattori legati alle tematiche ambientali tendono ad avere una maggiore materialità, basti pensare ai rischi sulle riserve naturali nel campo energetico o estrattivo o ai rischi di natura politica e legale per i settori operanti in economie emergenti o in contesti di alta volatilità. Anche i fattori di natura sociale non sono trascurabili, ma essi appaiono indubbiamente di più difficile valutazione, tipicamente si riscontrano nell’ambito della sicurezza, della gestione delle risorse umane e più frequentemente nei settori dei beni di consumo e utilities. Essi possono riguardare i consumatori serviti o i paesi in cui si opera e tendono tipicamente ad essere associati ad azioni di rating negative piuttosto che positive.
Per quanto concerne i fattori di governance, essi riguardano tutti i settori nella misura in cui si guarda alla capacità di gestire rischi strategici e operativi e a tutti quei meccanismi di governance che favoriscono una solida cultura del rischio e della sostenibilità di lungo termine del modello di business.
Una società che gestisce efficacemente i rischi di lungo termine ha una maggiore capacità di resistere a shock e in ultima analisi una maggiore solidità creditizia.
Le valutazioni “green”
L’altro tema sviluppato da S&P riguarda le valutazioni “green” assegnate su specifiche emissioni o prestiti che hanno una componente di attenzione per aspetti ambientali e che generalmente si rivolgono a investitori specializzati in portafogli con forte componente di sostenibilità.
In questo caso S&P ha deciso di sviluppare una valutazione addizionale e complementare al rating che fornisce un’indicazione sintetica (uno score da 1 a 4) sul “contenuto” green di un progetto. Le emissioni green hanno avuto un notevole sviluppo negli ultimi due anni grazie anche all’impegno siglato nell’accordo di Parigi (COP 23) in cui gli stati sovrani si sono impegnati a finanziare progetti dedicate allo sviluppo di tecnologie e infrastrutture green, particolarmente in Europa e Cina. Si tratta di solito di progetti orientati all’efficienza energetica alla gestione delle acque e all’uso sostenibile dei terreni.
S&P ha sviluppato una metodologia specifica per valutare il contenuto green di uno strumento di debito facendo riferimento su specifiche categorie che identificano il grado di rischiosità e come tale influenzano il pricing in fase di emissione e la volatilità post emissione. E’ stato dimostrato che per gli emittenti avere una valutazione green indipendente e basata su una metodologia articolata e trasparente permette di ridurre i costi di emissione (aggiungendo valore informativo al rating di credito e comparabilità ad altre emissioni green di pari rating) e di allargare la platea di investitori internazionali e sempre più specializzati. Le valutazioni green si basano su un’analisi della tecnologia e del contributo relativo alla cosiddetta “green transition ” delle emissioni previste , degli altri impatti ambientali , della governance del progetto e di eventuali componenti i sostenibilità ed efficienza legate alle strutture fisiche e immobiliari. Ad oggi numerosi emittenti italiani hanno trovato conveniente emettere green bonds con queste valutazioni, riuscendo così ad adattare sempre più il profilo di debito alle esigenze di investimento di lungo temine connesse alla strategia di sostenibilità perseguita.
Conclusioni
E’ auspicabile che con la crescente sensibilità dei CDA ai temi di sostenibilità e le maggiori pressioni degli investitori circa la disclosure delle azioni sostenibili portate avanti dalle società sui diversi fronti interni ed esterni, le valutazioni indipendenti vadano sempre più trovando spazio da parte di esperti non solo di credito ma anche di altri ambiti. Ciò permetterà di fornire al mercato maggiori elementi per incorporare nelle strategie di investimento nuove dimensioni della sostenibilità legati alla gestione dei diversi capitali e della loro capacità di creare valore sostenibile nel tempo. Sarà interessante misurare, ex post, se le valutazioni sviluppate possano effettivamente una miglior diversificazione di rischio e in ultima analisi ritorni più stabili e magari misurabili per gli stakeholders nel loro complesso.
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