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Rischi climatici: le aspettative di Bankitalia nei confronti degli intermediari

Mentre gli organi sociali di molti intermediari finanziari si apprestano a discutere il Piano d’Azione sui rischi climatici e ambientali da sottoporre a Banca d’Italia entro il 31 marzo, poniamo l’attenzione sui principi di buona governance che animano le richieste dell’Autorità di vigilanza

Il cambiamento climatico visto come rischio economico, potenzialmente destabilizzatore del sistema finanziario, è all’attenzione delle banche centrali da qualche anno ed ha portato la Bce ad avviare stress test per le banche maggiori focalizzati proprio su questi aspetti. La richiesta di Banca d’Italia, articolata nell’aprile scorso in 12 aspettative, va oltre e sottolinea l’aspetto trasformativo e strategico degli aspetti climatici e ambientali per l’intero mondo produttivo e dei servizi, inclusi quelli finanziari. E lo ha fatto cogliendo alcuni di sorpresa, ad esempio quando il 28 dicembre scorso ha emesso una richiesta agli intermediari non bancari di preparare entro il 31 marzo 2023 un Piano d’Azione triennale su come intendono affrontare le aspettative.

Alle banche di piccole dimensioni, a cui la richiesta era già arrivata prima con scadenza gennaio 2023, si aggiungono gli altri operatori non bancari che operano in qualunque tipo di asset (immobiliari, private equity, private debt, venture capital, fondi di investimento collettivo… ed altri ancora). Piano che deve essere approvato dal consiglio di amministrazione ed essere accompagnato dalla valutazione del collegio sindacale. Alcuni intermediari stavano già da tempo lavorando su questi temi, altri no e hanno iniziato una riflessione sistematica sul proprio modo di lavorare.

Le richieste di Banca d’Italia sono molto ampie e lasciano spazio a molteplici letture, quelle più tecniche degli operatori e quelle più strategiche del board. Con il seminario del 6 marzo, Chapter Zero Italy ha voluto dare riferimenti pratici e confronto con best practices, a partire dagli interventi di Giampiero Bambagioni, Francesca Fraulo e Gabriella Chiellino, seguiti da un dibattito con alcuni operatori. A valle dell’evento, in vista dei dibattiti consiliari prima della sottomissione del Piano, vogliamo dare una lettura più strategica a beneficio del board: occuparsi di clima significa mettere in atto la buona governance nei suoi aspetti fondamentali.

La creazione di valore

Le decisioni di investimento degli intermediari tipicamente si basano sulle prospettive di crescita, competitività e redditività attesa delle società partecipate. Gli aspetti climatici e ambientali (di breve e lungo periodo) storicamente non sono stati incorporati nei processi di selezione, due diligence, valutazione e rilancio aziendale. Oggi lo devono essere. Ad esempio, investire nel settore dell’agroalimentare comporta porsi il problema di affrontare siccità e grandinate estreme fuori stagione attraverso investimenti (metodi di irrigazione innovativi e scelta verso culture resilienti): la produzione degli ultimi 5 o 10 anni non è rappresentativa della produzione attesa per i prossimi 5 o 10 anni, a meno di investimenti mirati di adattamento. Di questo tema ne sono ben consapevoli gli operatori di Private Equity, come testimoniato da Pasquale Merella, chief risk officer di Green Arrow Capital SGR.

La valutazione del rischio 

I fattori che determinano la probabilità di default sono alla base complessi modelli che definiscono il prezzo di un mutuo, la decisione di dare un prestito e gli accantonamenti in bilancio. Molti studi accademici e di settore hanno dimostrato come il default può avvenire a seguito di eventi climatici estremi, grandi multe per danni ambientali, innovazioni tecnologiche che mettono fuori mercato alcuni prodotti e nuove politiche sul clima che impongono restrizioni sull’uso di certi materiali. Nicola Gatto, responsabile ESG governance di Illimity Bank spa, ha espresso la complessità e l’importanza di raccogliere i dati (sia sui rischi fisici che di transizione) per effettuare questo tipo di analisi in modo efficace per poi tradurli in modelli che consentano di fare scelte consapevoli.

La definizione della strategia

Tutti gli intermediari, bancari e non bancari, hanno un potere moltiplicatore nell’economia reale che sostengono: finanziano progetti di crescita, intervengono in momenti di crisi per sostenere il rilancio, remunerano i risparmi. Sono attori di primo piano che muovono l’economia del Paese. Hanno quindi la possibilità di guidare i momenti di trasformazione e di fare scelte strategiche improntate ad una accelerazione o decelerazione delle azioni di mitigazione degli impatti del cambiamento climatico. Possono scegliere se attuare le richieste normative e di vigilanza man mano che arrivano, oppure promuovere attivamente gli investimenti più trasformativi nel lungo periodo. Valentina Zadra, presidente di Avanzi Etica SICAF EuVECA SpA, ha raccontato la sfida di essere un impact investor e conciliare aspetti sociali con l’analisi del cambiamento climatico, riconoscendo come il clima sia fonte di aggravamento del divario sociale e di povertà e come l’engagement con le società partecipate sia un fattore imprescindibile.

La trasparenza verso gli investitori

Qualunque siano le scelte strategiche, è essenziale che il mercato (clienti, risparmiatori, investitori) abbia una visione corretta del posizionamento di un operatore. Le affermazioni di buone intenzioni verso il pianeta possono confondere. Per questo il board deve vigilare sull’accuratezza e coerenza delle informazioni che vengono utilizzate per le decisioni di investimento. Sull’importanza della governance complessiva ha insistito molto Valeria Ferrero, responsabile ESG Strategy di Ersel spa: il coinvolgimento del board, passo passo, nel definire il posizionamento, la scelta dei prodotti, le strutture organizzative e assicurare quella trasparenza e dialogo continuo con investitori che è alla base del buon funzionamento del mercato finanziario.

Materialità, proporzionalità e gradualità

Una discussione ampia che ha dimostrato come si possono usare i principi chiave della buona governance per affrontare i temi del cambiamento climatico e del rispetto dell’ambiente, tenendo sempre conto della materialità del rischio (occuparsi degli aspetti quando sono rilevanti e lo possono diventare in futuro), della proporzionalità delle esigenze organizzative (piccoli e grandi operatori hanno soluzioni con diverso grado di complessità) e della gradualità dell’approccio (non tutto deve essere perfetto domani).

Gli atti del convegno sono a questo link

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