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Remunerazione sotto i riflettori di investitori e proxy

Secondo un recente studio di Georgeson, in Italia sta emergendo un forte trend di attenzione del mercato sulle assemblee e sul tema della compensation

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L’Italia si pone al primo posto per quanto riguarda le risoluzioni assembleari che possono definirsi contested, con un dato del 22,3%. Anche per quanto concerne il numero di società che hanno riscontrato almeno una contested resolution la percentuale è alta: si arriva al 68,8%. Sono questi alcuni dei risultati dall’edizione 2023 della Agm Season Review di Georgeson, da poco entrato a far parte del club dei partner di Nedcommunity, presentata nel corso di un webinar. In generale, al di là dei numeri, emerge una conferma del trend di attenzione del mercato sulle assemblee italiane e ai pacchetti remunerativi, sia da parte degli investitori sia da parte dei proxy

La survey, come ha affermato Lorenzo Casale, head of market Italy del colosso della proxy solicitation, si basa “sulle risultanze assembleari dei principali mercati europei: italiano, britannico, francese, tedesco, olandese, spagnolo e svizzero. Lo scopo è quello di individuare tratti comuni e sviluppare dei focus specifici”. Uno dei dati principali che emerge sull’Italia è l’aumento della partecipazione al voto. “Si tratta chiaramente di un segnale di avvenuta maturità del nostro mercato rispetto agli standard europei perché attrae voto e ha quasi completato l’evoluzione degli assetti proprietari che avevamo analizzato nel corso degli ultimi dieci anni. Questa maturità, com’è naturale, deve andare a patti con una maggiore criticità, ovvero la possibilità che si riscontrano dei voti contrari. Nell’analizzare l’anno scorso abbiamo anche preso in considerazione il rinnovo dei board: si conferma la predilezione per la lista del comitato dei gestori (75%), la lista che presidia le minoranze”.

Si tratta di aspetti centrali di un moderno governo societario come ha confermato il presidente dei Nedcommunity, Alessandro Carretta, nel suo intervento introduttivo al webinar: “Se pensiamo in estrema sintesi alla corporate governance la vediamo soprattutto come una modalità importante per tenere in equilibrio interessi diversi almeno da tre punti di vista: della proprietà e del management, di maggioranza e minoranza e delle varie categorie di stakeholder. Un equilibrio delicato e, oserei dire, anche non scontato. Se qualcuno di voi ha seguito il dibattito sul ddl Capitali e sulla pletora di emendamenti che sono stati presentati – ha aggiunto Carretta – sa bene che sul tema degli equilibri anche dei cda il passaggio dall’eccellenza al baratro è spesso questione di un attimo”.

Guardando l’analisi dal punto di vista degli investitori, Matteo Passero, investment stewardship analyst-director di UBS Asset Management, ha sottolineato come “sia fondamentale che le metriche Esg nella remunerazione siano in linea con i piani strategici delle compagnie. Cerchiamo di verificare che siano integrate nei piani di remunerazione in modo che facilitino e promuovano il successo sostenibile della compagnia stessa. Faccio un esempio: non penso che un’azienda farmaceutica, come obiettivo Esg, debba porsi in primo luogo la riduzione dell’anidride carbonica. Piuttosto dovrebbe focalizzarsi, per esempio, sull’accesso alle medicine. Vedrei come più rilevante una metrica di social impact. Per noi deve esserci una chiara incentivazione a perseguire obiettivi che siano funzionali al successo dell’azienda nel lungo termine”.

Quindi sul tema del dialogo con le compagnie ha aggiunto: “Poter contare su una comunicazione aperta con le compagnie e possibilmente con i key decision makers, ad o cfo o entrambi, è fondamentale perché l’engagement si riflette immediatamente sul voto. Nei casi in cui parliamo con le compagnie le informazioni che otteniamo hanno sempre la precedenza rispetto alle raccomandazioni dei proxy advisors”.

Infine, sulla board evaluation ha chiosato: “Quella degli annual reports è spesso una sezione che salto perché sono dubbioso sulla capacità di un consulente esterno di dare una visione critica di un board, considerato che è pagato dalla compagnia. Sostanzialmente l’efficacia di un cda è l’aspetto più importante in termini di processo decisionale sottostante un investimento e risulta anche quello più difficile da valutare. Capire le competenze e l’esperienza dei consiglieri è relativamente semplice, si evince dal curriculum. Difficile, invece, è comprendere appieno la personalità e valutare davvero se una persona sia competente come director”.

Romina Guglielmetti, founding partner Starclex, e componente del Consiglio direttivo Nedcommunity è intervenuta sugli stessi argomenti partendo proprio dalla remunerazione: “Nelle società gas&oil la progressiva integrazione delle componenti Esg nell’ambito delle metriche di valutazione della remunerazione a medio e a lungo termine oggi è una consuetudine. Queste società hanno iniziato per tempo a inserire all’interno dei piani strategici una serie di obiettivi oggetto di un confronto sempre più attento sia con i proxy sia con gli investitori. Anche le banche quotate sono fortemente stimolate a svolgere questo tipo di esercizio che vedo, però, piuttosto formale e non sostanziale in altre realtà di dimensioni inferiori. Un ritardo molto pericoloso perché oramai è imminente l’approvazione del Parlamento europeo di una direttiva che sarà molto severa e rimetterà agli amministratori politiche di due diligence in materia di diritti umani e ambientali”.

“Come indipendenti dobbiamo stimolare questo tipo di dibattito: quando vediamo degli obiettivi che hanno quell’allure di indefinibilità o ci scontriamo con l’impossibilità di misurarli concretamente, dovremmo intervenire. Un discorso analogo dovrebbe essere fatto nel momento della redazione del piano industriale”. Per quanto riguarda l’engagement “quello che ho potuto vedere è che le grandi aziende tendono a riportare gli esiti degli incontri principali. Le società che hanno un capitale molto diffuso, invece, discutono di questi argomenti soprattutto se ci si sta approssimando ad appuntamenti importanti come le assemblee in cui occorre approvare le politiche di remunerazione o rinnovare i board. Il mio auspicio è che l’engagement venga vissuto come uno dei pilastri della governance”.

“Sul fronte dell’efficacia dei board – ha concluso Guglielmetti – vorrei ricordare che il Financial reporting council ha rilasciato una guida su questo argomento che codifica alcuni aspetti fondamentali di cui oggi bisognerebbe tenere conto. La composizione di un consiglio di amministrazione non è poi tanto diversa da quello di una squadra: ciò implica che ciascuno debba avere un ruolo. Ruolo che deve essere ben chiaro: a quel punto la valutazione delle candidature dovrebbe essere un poco più semplice da fare. Spesso, però, non si riscontra nella presentazione delle candidature un’individuazione precisa dell’incarico che viene immaginato per quella persona. Bisogna pretendere che la board evaluation non sia un esercizio formale ma una fase cruciale in cui sostanzialmente si va a indagare quale sia la combinazione migliore per dotare una società, almeno nelle intenzioni, del cda migliore possibile rispetto alle strategie pianificate. Non è importante soltanto essere super preparati ma bisogna anche sapersi integrare in un gruppo che deve prendere una serie di decisioni. Se non c’è trasparenza e l’opportunità per gli investitori di conoscere il candidato anche l’espressione di voto non sarà sintomatica di una fiducia effettiva che viene riposta in quel cda”.

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