Punti di vista

Remunerazione dell’alta direzione: effetti (sorprendenti e non) della nuova normativa

Le fonti normative sulla remunerazione dell’alta direzione si moltiplicano e sempre più spesso richiedono agli amministratori di entrare nel merito delle politiche stesse. Si richiede ad esempio di valutare se il mix tra retribuzione fissa e variabile sia adeguato oppure se il sistema di retribuzione variabile sia consono al profilo di rischio della società1

Un vero e proprio rompicapo per molti amministratori, esposti peraltro a crescenti responsabilità e rischi reputazionali sul tema estremamente “caldo” della remunerazione dei top manager.

Non casualmente il Codice di Autodisciplina delle società quotate richiede nella sua ultima versione2 che almeno uno dei membri del comitato remunerazione sia un esperto di materie finanziarie.


La nuova normativa: i punti chiave

La normativa per il settore finanziario ha rivoluzionato in questi due anni le logiche di remunerazione dei top manager bancari: al centro dell’attenzione sono state poste le politiche di retribuzione variabile. Sotto questo aspetto Banca d’Italia ha chiesto alle banche i seguenti menti adeguamenti:

  • valutare attentamente il mix tra retribuzione fissa e variabile anche in relazione al profilo di rischio della banca;
  • prevedere un adeguato differimento per una quota sostanziale dei compensi;
  • parametrare la retribuzione variabile a indicatori pluriennali di performance;
  • prevedere la riduzione o azzeramento della retribuzione variabile in caso di performance inferiore alle previsioni o negativa (cosiddetta simmetria della retribuzione variable).

Oltre a queste disposizioni, che valgono per tutte le banche, le sei maggiori banche italiane devono applicare i principi ancor più stringenti del F.S.B.3, che obbligano a differire nel tempo almeno il 40% al 60% della retribuzione variabile (per il top management anche più del 60%). Inoltre, secondo il F.S.B., almeno il 50% della retribuzione variabile deve essere erogata in azioni della società.

Al di là del settore finanziario, il nuovo art. 7 del Codice di Autodisciplina per le società quotate ha introdotto recentemente cambiamenti che si possono definire rivoluzionari: il C.d.A. dovrà infatti definire e presentare annualmente la politica di remunerazione dell’alta direzione all’assemblea degli azionisti (cosiddetto say on pay). Il Codice prevede inoltre specifiche indicazioni per la definizione di obiettivi di performance predeterminati, misurabili e collegati alla creazione di valore in un orizzonte di medio/lungo periodo. E’ previsto inoltre il differimento di una parte rilevante della componente variabile.


Per i piani di incentivazione a lungo termine sono stati introdotti periodi di vesting di almeno 3 anni associati a condizioni di performanceretention delle azioni per gli amministratori almeno fino al termine del mandato e per i dirigenti strategici per almeno 3 anni; investimento in azioni dei premi cash erogati dai piani di phantom option o phantom stock.


A completare il quadro, recentemente la Legge Delega di recepimento delle raccomandazioni della Commissione Europea4 eleva in modo significativo gli standard di governance prevedendo l’estensione dell’informativa individuale sulle retribuzioni ai dirigenti strategici e l’obbligo di presentazione delle politiche di remunerazione all’assemblea degli azionisti per l’approvazione delle stesse.


Effetti sorprendenti della nuova normativa

La nuova normativa ha prodotto, oltre a numerosi benefici, anche effetti inattesi o sorprendenti. Tali effetti sono largamente ascrivibili al fatto che le normative sono state pensate per un mondo di imprese ad azionariato diffuso, dove i Ceo hanno forti poteri e non ci sono azionisti di controllo ad esercitare un monitoraggio ravvicinato della performance del top management.

Nel modello public company, non essendoci monitoraggio ravvicinato, l’allineamento degli interessi tra top management e azionisti viene realizzato (almeno in teoria) attraverso un significativo utilizzo di incentivi, sia a breve, sia a lungo termine (es. stock grantstock option, ecc.).

Ma quali gli effetti in un contesto, come quello italiano, dove le public companies sono una rarità?


Un primo effetto riguarda l’impatto inflattivo sul livello complessivo delle retribuzioni collegato all’adeguamento ai nuovi standard. Tale effetto è da collegarsi in primo luogo alla necessità di differire una parte significativa della retribuzione variabile. Questa norma appare di buon senso in un contesto di bonus particolarmente elevati, a volte pari e spesso superiori alla componente fissa, come è nel caso delle grandi banche estere e più in generale delle grandi public companyies americane ed europee.

In un contesto, quale quello italiano, con opportunità di bonus spesso più ridotte, molte società si sono trovate in difficoltà nel differire dei bonus di valore più modesto. Conseguentemente spesso la parte differita è andata ad aggiungersi al bonus preesistente. Di qui l’effetto inflattivo e la crescita della retribuzione totale.


Un secondo effetto inatteso è collegato alla necessità di dare maggior peso alla componente di lungo termine della retribuzione: anche in questo caso, nel settore bancario italiano tale componente non risultava così diffusa come all’estero, come pure l’utilizzo di azioni come veicolo per i piani di incentivazione a lungo termine. In questi casi l’introduzione di piani di incentivazione a lungo termine è risultata utile per una maggiore focalizzazione sulla sostenibilità della performance, ma ha anche determinato una crescita della remunerazione totale dei top manager.


Tra i possibili effetti indesiderati collegati alla crescente regolazione possiamo certamente considerare anche la tendenza ad applicare soluzioni “standard” o a modellare le politiche di remunerazione in base a “cosa fa il mercato”. Riteniamo forse questo il pericolo maggiore da evitare da parte dei comitati remunerazione. Questi dovrebbero, a nostro avviso, definire delle politiche coerenti con le strategie di business della società, il profilo di rischio della propria azienda, le particolari caratteristiche dei top manager della società.

Per fare un esempio: la tendenza di mercato oggi è certamente quella di andare verso strumenti di remunerazione a bassa volatilità / bassa opportunità di premio. Esiste una diffusa ostilità verso l’utilizzo di strumenti quali le stock options, anche quando esse potrebbero essere lo strumento più adatto per sostenere strategie di business che implichino una certa rischiosità. Non dimentichiamoci che mentre un investitore diversificato è disposto ad accettare un certo livello di rischio, il C.e.o. ed il top management tendono generalmente ad essere più avversi al rischio (gran parte dei loro assets materiali e immateriali sono investiti nell’azienda). In questi casi strumenti quali le stock options possono sostenere scelte di investimento e strategie di business più ambiziose e coerenti con gli interessi degli azionisti.


Conclusioni

In generale tuttavia possiamo affermare che la nuova normativa costituisce un netto miglioramento rispetto al passato. Pensiamo ad esempio alla maggiore trasparenza e coinvolgimento degli azionisti su un tema così rilevante come la remunerazione dell’alta direzione.


La nuova normativa potrà inoltre influenzare positivamente molte situazioni tipiche del capitalismo italiano dove la presenza di un azionista/manager potrebbe favorire l’estrazione di benefici privati, a danno degli altri azionisti di minoranza (pensiamo ad esempio alla necessità di una oggettiva valutazione della performance dei Ceo).


Inoltre le specifiche indicazioni per la formulazione dei piani basati su strumenti finanziari (vestings prolungati, condizioni di performanceretention delle azioni) possono dare un contributo significativo a migliorare la sostenibilità della performance societaria. Per quanto riguarda i piani basati su equity è bene inoltre ricordare che stock options e stock grants godono oggi in Italia della totale esenzione da oneri contributivi e che possono quindi contribuire significativamente alla riduzione del costo del lavoro, cosa non disprezzabile di questi tempi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Note

(1) Codice di Autodisciplina, Art. 7, Remunerazione degli Amministratori, 7.C.1a, 7.C.1e (Marzo 2010)

(2) Codice di Autodisciplina , Art. 7, Remunerazione degli Amministratori, 7.P.3. (Marzo 2010)

(3) Disposizioni della Vigilanza, Banca d’Italia, Marzo 2008 e Financial Stability Board, Principles for sound compensation practices, Settembre 2009

(4) Delega al Governo per il recepimento delle raccomandazioni della Commissione Europea 2004/913/CE e 2009/385/CE, , approvata in via definitiva dal Senato il 12.05.2010, Art. 24.


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