Pnrr e rischi nell’agenda dei cda
Cosa vuol dire per il cda indirizzare concretamente la transizione e la digitalizzazione a fronte delle opportunità del PNRR
Ales Nesetril/UnsplashGli Stati membri dell’Unione Europea (UE), nel riconoscersi pienamente consapevoli della gravità delle conseguenze socioeconomiche della crisi generata dalla pandemia da Covid 19, con un impegno straordinario, si sono impegnati a fare “tutto il necessario per essere all’altezza delle sfide della crisi in uno spirito di solidarietà, flessibilità ed effetto leva nel ricorso agli strumenti dell’Unione”[1]. I programmi di emergenza, oltre che essere imperniati sul potenziamento del bilancio dell’UE, hanno riguardato finanziamenti provenienti dai mercati finanziari volti a proteggere i mezzi di sussistenza dei Paesi membri, rimettere in sesto l’economia e favorire una crescita sostenibile e resiliente con l’obiettivo di dare sicurezza economica e fiducia soprattutto alle imprese dei settori, delle regioni e dei Paesi più colpiti.
L’obiettivo dell’investimento realizzato attraverso lo strumento finanziario del Next Generation EU (NGEU), disciplinato dal Regolamento 2020/2094, è stato quello sia di rilanciare l’economia ma anche rendere l’Europa più forte e lungimirante, accelerando la duplice transizione verde e digitale con al centro le persone, mettendo in evidenza il ruolo essenziale del Green Deal Europeo e gli obiettivi già consolidati della neutralità climatica entro il 2050.
Gli strumenti di portata e ambizione inedite si sono pertanto basati sulle linee guida già perseguite nei programmi dell’Agenda Strategica promossa dal Consiglio Europeo relativi alla crescita sostenibile, con sfide importanti nel campo dell’ambiente, della produttività, dell’equità e della stabilità macroeconomica. La resilienza, oltre alla ripresa a cui il programma NGEU fa riferimento, riguarda la capacità di far “rimbalzare in avanti” il sistema rispetto alle posizioni precedenti alla crisi e quindi emergere in modo più forte trovando il giusto equilibrio tra il benessere delle generazioni attuali e quelle future.
Di fronte all’ammontare complessivo delle dotazioni finanziarie messe in campo per il NGEU[2] la possibilità di utilizzare i fondi europei ha rappresentato per molti Paesi una fondamentale opportunità di crescita e sviluppo. L’Italia ha richiesto il massimo delle risorse (191,5 miliardi di euro, ripartite in 68,9 miliardi di euro in sovvenzioni e 122,6 miliardi di euro in prestiti) ritrovandosi ad essere il primo beneficiario in valore assoluto dei due principali strumenti del NGEU: il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF) e il Pacchetto di Assistenza alla Ripresa per la Coesione e i Territori d’Europa (REACT-EU).
Il PNRR, articolato in sei Missioni e 16 Componenti, in piena coerenza con i pilastri del NGEU e del Green Deal, ha tutte le caratteristiche per rimettere in moto il Paese e creare le condizioni per una Transizione Ecologica e una Digitalizzazione che sono messi al primo posto del programma[3].
La trasformazione delineata nelle proposte messe in campo dell’Italia e dagli altri Paesi, è senza dubbio epocale per vastità ed ambizione. Se verrà completata entro i termini previsti, i sistemi energetici e le infrastrutture digitali saranno molto diversi da quelli attuali e i benefici ambientali, sulla salute e sull’economia saranno superiori agli eventuali costi.
Ciò che in questo momento è assolutamente cruciale anche per le imprese, soprattutto per quelle di grande dimensione, non riguarda solo l’analisi degli impatti climatici, le relative azioni di mitigazione ed adattamento, nonché il modo trasformare il proprio modello di business (da economico lineare, estrattivo e ad alto consumo di risorse in nuovi modelli sostenibili e circolari) ma attiene soprattutto alla qualità del benessere delle persone e alla necessità di una maggiore equità e inclusione sociale.
Si tratta di una questione molto delicata che, nell’ambio del processo di trasformazione, impatta la distribuzione settoriale della forza lavoro: se per alcuni settori (estrazione dei fossili, carbone in primis, ed energivori) sono previste perdite di lavoratori, di contro altri potrebbero registrare incrementi. Questi cambiamenti della composizione settoriale dell’occupazione non possono riguardare solo la ricerca di nuovi risorse ma dovranno necessariamente comportare una trasformazione dell’organizzazione del lavoro, attraverso automazione e digitalizzazione, con adeguati programmi di training, up-skilling e significativi investimenti in capitale umano da parte degli individui e dei governi, che però sono difficili da quantificare e da programmare.
La chiave di volta per la crescita e la sostenibilità si dovrà dunque definire in un quadro coerente e onnicomprensivo di politiche per la transizione ecologica, costruito sui riferimenti sistemici volti a garantire gli obiettivi dell’UE in un logica di cooperazione fra aziende, istituzioni e ricerca senza lasciare indietro nessuno. Una sfida che i CDA devono essere pronti a raccogliere.
[1] Verso un Europa più resiliente e sostenibile, Conclusioni del Presidente del Consiglio Europeo, 23 aprile 2020
[2] 723,8 miliardi di euro, ripartiti tra 385,8 miliardi di prestiti e 338 miliardi di sovvenzioni
[3] L’Italia investirà 71,8 miliardi di euro per la transizione verde e 48,1 miliardi per la digitalizzazione pari al rispettivamente al 37,7% e 25,10% delle risorse complessive messe a disposizione dall’UE.