Approfondimenti

Per obiettivi ambiziosi servono ned e cda ben equilibrati

Le sfide che le imprese si trovano ad affrontare impongono la presenza di consiglieri indipendenti e di board ben affiatati in grado di lavorare con il ceo. Il cda diventa così il “biglietto da visita” dell’azienda

La buona governance e la presenza degli indipendenti è sempre più una leva che attrae investitori e capitali. Basterebbe questo assunto per confermare quanto i ned inseriti in cda ben “assemblati” siano uno strumento indispensabile a perseguire obiettivi complessi come la sostenibilità, l’attenzione ai rischi e alle esigenze degli stakeholders. Parliamo di target difficili da centrare per il quadro di complessità crescente in cui le aziende e i board operano, come ha evidenziato Marco Giorgino, presidente Nedcommunity Value Srl, nella sessione di chiusura dell’evento milanese del Ventennale dell’associazione, il 26 novembre. Non c’è dubbio, infatti che i crescenti obblighi normativi e, di conseguenza, gli aumentati oneri di responsabilità, rendono il mestiere dell’amministratore, soprattutto se indipendente, un lavoro molto difficile.

La conferma viene anche da Giovanna Gallì, partner e direttore di Spencer Stuart Global Board che ricorda come ormai da ventinove anni la società di consulenza pubblichi il board index, una fotografia del profondo cambiamento e della rapida evoluzione del governo societario anche nel nostro Paese. In particolare, il focus è oggi sulla skill matrix: in sostanza le aziende chiedono agli advisor di individuare le persone giuste e di comporre un consiglio equilibrato ma anche capace di lavorare in maniera efficace con l’amministratore delegato.

Negli ultimi anni è emerso come soprattutto la seniority del cda sia specchio dell’ambizione dell’azienda: se un’impresa desidera raggiungere grandi obiettivi deve poter contare su un consiglio composta da persone di esperienza. Fondamentale, però, soprattutto per gli indipendenti, è la gravitas, ovvero quel mix di competenza, esperienza, prestigio e capacità di “volare all’altitudine giusta” per un determinato board che a sua volta deve lavorare al servizio della strategia aziendale. In generale la governance da questo punto di vista ha fatto passi da gigante: abbiamo persone molto competenti nei consiglieri, molti dei quali ex ceo. Infine, Gallì ha anche affrontato il tema del challenge che deve essere fatto su temi che hanno un impatto significativo sulla vita aziendale.

Nonostante i passi in avanti non mancano gli ambiti di miglioramento. In particolare, si registra una certa carenza di piani di successioni che, come sappiamo, è una parte fondamentale della responsabilità di un board: non c’è evento più disruptive di un amministratore delegato che va via senza preavviso lasciando un’azienda senza una procedura per sostituirlo. Poter contare su un piano che viene aggiornato è un imperativo ma spesso non è sufficiente: il 59% dichiara di possederlo ma solo il 19% ammette che è realmente “azionabile”.

Per Mirja Cartia d’Asero, amministratore delegato del Gruppo Il Sole 24 Ore, non tutti i ned vanno bene per tutti i board. Si è parlato di gravitas che non può mancare ma ci vuole genere, generation (under forty meglio) e geography (uno o due stranieri possono essere utili). Del resto, il board è un biglietto da visita dell’impresa: più è competente più la società si presenta bene. Secondo la manager ci vuole coraggio nell’esprimere dissenso soprattutto considerato che spesso i consiglieri vedono quello che i ceo vogliono si percepisca. Per questo motivo bisogna avere il coraggio di fare domande che scardinino la finestra che il ceo ha costruito. Dal canto suo il ceo deve aspettarsi che tutti i membri del board vadano oltre quello che formalmente il loro ruolo prevede: solo così è possibile ottenere punti di vista diversi. Un ned anche sfidante è un aiuto, non un ostacolo.

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