Imprese familiari focus della rivoluzione sostenibile
Come è emerso nel corso del convegno Capitalism Revisited siamo di fronte a una svolta epocale che mette in discussione i paradigmi economici accettati fino a oggi. Il punto di vista di Nedcommunity
Getty ImagesAnche Nedcommunity ha partecipato all’iniziativa organizzata da Assonime, Bocconi ed Ecgi European corporate governance institute), dal titolo Capitalism Revisited. Nel corso dell’ultima sessione della prima giornata dedicata al Family Enterprise (moderata da Marco Ventoruzzo, docente della Bocconi e associato Nedcommunity), l’associazione dei consiglieri indipendenti si è occupata del ruolo che un’efficace governance può rivestire nel corretto perseguimento del successo sostenibile delle aziende familiari, la cui rilevanza è centrale iper la nostra economia.
Roberto Cravero, coordinatore del Reflection Group La corporate governance delle aziende non quotate, ha messo in evidenza quanto il family business sia determinante, sia per promuovere la crescita del Prodotto Interno Lordo, sia per mantenere, e auspicabilmente migliorare, il livello occupazionale del nostro Paese.
Visione di lungo termine
“Quando si parla di family business – spiega Cravero – potrebbe sembrare che si stia discutendo di qualcosa di poco rilevante, di minor dimensione o con un’importanza secondaria. In realtà così non è, essendo invece vero proprio il contrario, come viene attestato dalle diverse survey che hanno certificato il rilevante peso specifico di tali aziende sul Pil, sia in Italia, sia all’estero. In Italia, com’è noto, esse hanno un significato ancora maggiore, considerando la grande percentuale di aziende familiari sul totale delle nostre imprese. Nel corso di questa prima giornata di lavori, mi ha colpito come sia emerso, e condiviso da tutti i relatori, che il successo di tali aziende debba passare da una visione strategica di lungo termine. Sono d’accordo e ritengo che tutte le aziende familiari, siano esse quotate o appartengano al vasto e variegato mondo delle aziende non quotate, debbano essere protagoniste di un grande sforzo per integrare la sostenibilità nei loro piani strategici e cercare poi, pur nel difficile contesto attale, di darne attuazione con un approccio determinato. Applicare corretti principi di corporate governance diventa quindi determinante e rappresenta senza dubbio un modo efficace per far crescere la sensibilità del management e degli shareholders su questi temi, fornendo loro regole semplici e chiare”.
“Questo è quanto Nedcommunty da sempre si impegna a promuovere – continua Cravero – anche attraverso la prossima diffusione di Principi di Corporate Governance applicabili alle società non quotate, con derivazione dai Principi europei approvati lo scorso anno da ecoDa, la confederazione europea delle associazioni di consiglieri indipendenti, di cui Nedcommunity fa parte. Questi principi di corporate governance, sui quali il Reflection group che coordino sta lavorando da tempo, proporranno una serie di buone regole di governance, di natura non vincolante, utili per quelle aziende che non sono sottoposte a specifici obblighi normativi per la loro dimensione, o per il fatto di non essere quotate, nell’affrontare le sfide più difficili, dalla transizione energetica, alla gestione dei rischi, passando per la digitalizzazione e il nodo delicatissimo della successione”.
Alla ricerca del purpose
Matteo Liberali CEO di LU-VE ha messo in evidenza come il tratto distintivo delle aziende familiari “è spesso la passione. Ma la passione non basta, c’è bisogno di una vision, di una purpose. Il vantaggio del family business è il fatto che spesso è pioniere su molti temi, anche senza rendersene conto. Si pensi all’approccio mutualistico, all’attenzione nei confronti delle necessità dei lavoratori, alla sostenibilità. Sono molti gli esempi di aziende familiari che sono state precorritrici su questi temi, decenni fa. LU-VE, per esempio, è stata antesignana nell’inserimento di indipendenti nel proprio cda per esempio”.
Andrea Munari Chair, BNL Paribas Group ricorda come il 2020 abbia rappresentato “uno spartiacque per le aziende familiari che rappresentano oltre il 90 per cento del tessuto produttivo nazionale. Oggi queste aziende sanno essere un serbatoio di crescita e di competenze. Sono piuttosto innovative, adottano spesso una visione di lungo termine, e dimostrano una buona capacità di dotarsi di talenti con diverse competenze. La sfida per tutte le aziende, a prescindere dalle dimensioni, è la creazione di capitale digitale. Questo non vuol dire soltanto dotarsi di hardware e software ma anche se non soprattutto di persone che abbiano le competenze per utilizzarle. Collegato a questo aspetto c’è anche il tema della remunerazione dei giovani”.
Le altre sessioni tenutesi nel corso della prima giornata hanno consentito ad accademici e professionisti di discutere inoltre di purpose e di controllo societario in una prospettiva comparativa. In generale, come ha sottolineato Claudia Parzani, presidente di Borsa italiana che ha ospitato la prima giornata del convegno, l’evento ha focalizzato l’attenzione sui principali temi di corporate governance, sempre più al centro del dibattito sull’evoluzione verso un sistema economico sostenibile. “Viviamo tempi molto sfidanti che necessitano di un profondo cambiamento anche in merito al governo societario. La flessibilità è la parola d’ordine in questa fase, così come l’assunzione di una visione di lungo termine. Le imprese devono affiancare ai vecchi schemi dei nuovi punti di vista e assumere un ruolo centrale nel promuovere un mondo migliore impegnandosi nelle società in cui operano e considerando i punti di vista e gli interessi di tutti gli stakeholder coinvolti”.
Contro la “deriva amorale”
Centrale in questa visione diventa quindi il purpose come è stato ribadito nel corso del primo panel ma anche l’adozione di nuove strategie di controllo nei confronti delle quali gli investitori istituzionali sono generalmente contrari. Invece i meccanismi che rafforzano il controllo possono prevenire la “deriva amorale” come si è ribadito nel corso della seconda sessione della giornata dedicata proprio a questo tema.
Del resto, come ha sottolineato Luca Garavoglia, vicepresidente Assonime, il convegno parte proprio dalla necessità di focalizzarsi “sulla trasformazione e sulla rivisitazione delle basi culturali su cui si basa l’economia aziendale”. Di cambiamento parla anche Herman Daems presidente di ECGI: “Ci troviamo a un bivio su questi temi ed è necessario un cambio di paradigma visto che i vecchi principi del capitalismo sono stati messi in discussione, dalla globalizzazione passando per l’approccio al lavoro”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Colin Mayer, della University of Oxford e componente di ECGI: “Il mondo sta cambiando e di conseguenza anche il business. Il purpose aziendale sta assumendo un ruolo centrale. Il problema è che potremmo essere morti a breve. Dobbiamo porci sulla strada della sostenibilità concretamente”.