La sfida del microchip: le vie di uscita e il ruolo dei board
La situazione attuale di crisi della supply chain impone una riflessione attenta sulle strategie adottate finora e sul ruolo dei board che hanno quattro sfide su cui concentrarsi per il futuro. Ecco quali sono.
Getty ImagesA partire dal 2020 si è accentuato un grosso gap tra domanda e offerta di microchip, il cui costo spesso non supera il valore di un euro ma la cui produzione condiziona il funzionamento di beni che hanno un valore di centinaia, migliaia, decine di migliaia, centinaia di migliaia di euro. Sono dunque fondamentali per la tenuta di diversi settori industriali, dall’automotive al big tech (computer, telefonini, etc), dal gaming (in particolare console per videogiochi) all’elettronica di consumo.
La domanda è sempre stata superiore alla offerta, ma a partire dal 2020 il gap è aumentato molto a causa del concomitante effetto di diverse grandi forze.
LE NUOVE DINAMICHE DI DOMANDA E OFFERTA
Dal lato della domanda:
- la pandemia ha costretto le persone a casa e ha accelerato la domanda di prodotti che utilizzano microchip come PC, playstation, videogiochi, console;
- l’innovazione tecnologica sta trasformando industries come quella automobilistica. Ci possono essere anche centinaia di microchip in determinati modelli (servono per i sistemi di sicurezza, i sistemi di monitoraggio, il controllo remoto, l’entertainment). A questo si aggiunge la forte crescita del mercato delle auto elettriche che hanno un fabbisogno doppio di queste componenti rispetto alle auto a combustione interna;
- l’elettronica di consumo è in fase di forte sviluppo da anni e nuove tecnologie come il 5G aumenteranno notevolmente la domanda di microchip.
Contemporaneamente sono diverse le motivazioni che stanno limitando l’offerta:
- la pandemia ha bloccato a lungo diversi siti produttivi, in tutte le aree geografiche del mondo a partire dalla più importante per questo settore: la Cina;
- le tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti hanno rallentato vicendevolmente le forniture di prodotti a contenuto tecnologico;
- la guerra russo-ucraina ha reso complesso l’approvvigionamento di palladio e neon (dall’Ucraina arriva il 50% della produzione mondiale), fondamentale per alimentare i laser per la lavorazione dei microchip;
- i produttori di macchine per la produzione di microchip, loro stesse utilizzatrici di microchip, ha subito una brusca frenata. I tempi di produzione sono diventati lunghi anche anni rispetto ai mesi del passato;
- la siccità che ha colpito Taiwan (da dove colossi del settore come SMC gestiscono il 50% della produzione mondiale) ha creato grossi problemi ai produttori locali (l’acqua è necessaria per pulire fabbriche e le lamine dei semiconduttori);
- a tutto questo si aggiunge il fatto che le aziende occidentali negli ultimi anni hanno perso parzialmente il controllo della filiera produttiva, sviluppando accordi con produttori asiatici (posizionati prevalentemente a Taiwan, in Corea del Sud e in Giappone) per ottenere benefici di riduzione dei costi. Questo, in caso di tensioni geopolitiche (come, per esempio, quelle in Taiwan), significa ulteriori problemi di approvvigionamento.
PERCHÉ ERA UN RISCHIO PREVEDIBILE
Il rischio era prevedibile. L’eccesso di domanda rispetto all’offerta non è nato con la pandemia. E la concentrazione produttiva non è una novità di oggi. Ma ci eravamo abituati ad un mondo globalizzato, abbiamo dato per scontato che le catene di fornitura potessero essere gestite agevolmente nonostante la concentrazione delle produzioni in pochi paesi. Ma non solo: la pianificazione strategica di lungo periodo, sta mostrando da alcuni anni le sue fragilità. Il mercato cambia molto velocemente e serve maggiore flessibilità oltre che una valutazione più attenta dei possibili scenari e dei rischi.
LA REAZIONE DELLE AZIENDE
Il ceo di Intel ha recentemente commentato che lo stato di crisi durerà almeno fino al 2024. Le aziende sono corse ai ripari ai ripari. Alcune hanno già messo in campo una serie di misure di emergenza tra cui rivedere le specifiche di prodotto per usare chip più vecchi o reperibili più facilmente, togliere alcune funzionalità dai prodotti per eliminare definitivamente la domanda di componenti o per avere la possibilità di inserirli in un secondo momento. Le Big Techs (Apple, Amazon, Google, Tesla) stanno avviando percorsi di affrancamento dai fornitori esterni disegnando soluzioni proprie, mentre in tutto il mondo si sta ora lavorando per contenere la dipendenza dall’estero: la Cina sta investendo su produttori autoctoni di microchip e vuole diventare autonoma entro cinque anni, gli Stati Uniti stanno costruendo nuove fonderie, l’Europa ha deliberato importanti incentivi per la produzione locale. Il colosso Intel, per esempio, ha deciso di investire 80 miliardi di dollari in Europa (4,5 in Italia), per dare vita a un importante impianto di produzione in Germania, a un centro di Design e ricerca e sviluppo in Francia e ad alcune fonderie in diversi Paesi.
IL RUOLO DEI BOARD
Tutto questo scenario insegna che il ruolo dei board è fondamentale, in modo particolare per quattro motivi:
- occorre anticipare i grandi rischi aziendali, alla luce dello specifico business, a partire da quello geopolitico, e valutare il rischio di conflitti armati e di guerre commerciali evitando la concentrazione di dipendenze;
- occorre gestire le tematiche relative alla Digital Innovation e all’utilizzo strategico della tecnologia con professionalità di grande visione ed esperienza da inserire nei board;
- occorre una gestione strategica delle diverse funzioni aziendali. Riguardo ai microchip, è evidente l’importanza della supply chain, non solo in termini di costi, ma anche di business continuity. Vanno dunque valutati tutti i possibili fornitori nelle diverse aree del mondo, creando le condizioni per operare con flessibilità;
- occorre lavorare per priorità e non dare per scontata la globalizzazione.