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Integrazione dei rischi Esg, leva strategica per i directors

L’attenzione del mercato verso le performance non finanziarie impone alle aziende di gestire i rischi e le opportunità nell’ambito dei processi di corporate governance e di enterprise risk management

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L’integrazione degli aspetti ambientali, sociali e di governance nei processi di risk management sta diventando sempre di più una leva strategica e gestionale a disposizione degli amministratori che possono e devono usarla con l’obiettivo di centrare il successo sostenibile dell’azienda. Se ne è parlato durante il Lunch Talks del 19 aprile scorso, il secondo di una serie di incontri di un’ora organizzati da Nedcommunity per gettare luce su tematiche di grande attualità per gli esperti di corporate governance.

Secondo Giuseppe Garzaniti, head of Enterprise risk management di Ferrari Spa, intervenuto all’evento web “il focus sulle tematiche Esg deve coinvolgere ogni soggetto aziendale. In Ferrari, che si è posta ambiziosi obiettivi in termini di sostenibilità, la parola magica è lavoro di gruppo che veda la partecipazione attiva di internal audit, compliance e sustainability. Abbiamo cercato di fare qualcosa in più rispetto all’approccio tradizionale. Noi, infatti, tendiamo a guardare ai rischi a 360 gradi, e di adottare uno sguardo di lungo periodo, unico modo per prevedere davvero l’impatto dei rischi. L’integrated risk assessment deve includere tutte le tematiche di rischio a cui l’azienda è esposta: ci siamo resi conto che parlare di tematiche Esg poteva essere fuorviante e riduttivo. Ci piace parlare, invece, di tematiche Esg related che devono essere adeguatamente valutate nell’ambito del business”.

Nicolò Zanghi, partner di Kpmg Advisory, Risk Consulting, richiama la necessità di un processo integrato di risk management in azienda anche in funzione del crescente interesse del mercato e delle imprese nei confronti delle tematiche ESG e dei relativi rischi e opportunità che appaiono in cima alla lista delle priorità delle aziende e nelle politiche economiche e sociali degli stati sovrani. Secondo il WEF (World Economic Forum) sono cinque i top risk, a livello globale, nell’orizzonte dei prossimi dieci anni: lentezza nell’azione di contrasto ai cambiamenti climatici; eventi meteorologici estremi; perdita di biodiversità; erosione della coesione sociale; crisi dei mezzi di sussistenza. Quasi la metà dei ceo, il 45% per l’esattezza, secondo dati raccolti da Kpmg, concorda sul fatto che i progressi in ambito Esg influiscono positivamente sulla performance finanziaria. Tuttavia, ci sono delle minacce da tenere in considerazione: il cambiamento delle normative e le altre questioni economiche globali sono dei fattori di cui i capi azienda devono tener conto. Per quanto riguarda il ruolo del risk management, esso rappresenta un’attività core nei sistemi di corporate governance e per i Board che devono identificare e valutare, con approcci strutturati che integrano le istanze della sostenibilità (es. analisi di materialità), i rischi e le opportunità che minacciano il raggiungimento degli obiettivi aziendali orientati al successo sostenibile.

Secondo Elisabetta Magistretti, membro del collegio dei saggi Nedcommunity, chiamata a tirare le fila del convegno “ci si rende conto di quanto l’integrazione dei rischi Esg debba coinvolgere intorno a sé un team composto non solo dalle funzioni di controllo ma soprattutto dalle funzioni di business. Si sta parlando di aspetti nuovi nella gestione delle aziende. Attenzione quindi al pericolo di greenwashing. L’impegno per cambiare i modelli di business e di produzione all’interno delle imprese deve essere in primo luogo reale, concreto e gestito in maniera pianificata e condivisa”.

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