Approfondimenti

Il ruolo degli indipendenti nei board: quale futuro

Il valore della governance in un Paese come l’Italia tra pmi, scarsità di investitori istituzionali, competenze richieste ma non scontate, le novità del Tuf e nelle normative europee

Il Westin Palace di Milano il 26 novembre ha accolto la terza edizione del Forum 2024 di Nedcommunity, evento che ha chiuso un anno di celebrazioni per il ventennale dell’Associazione. Il Presidente Alessandro Carretta in apertura di giornata ha ripercorso con orgoglio e apprezzamento tutte le attività condotte durante l’anno e le nuove iniziative portate avanti dall’Associazione in nome di una crescente responsabilità verso la tutela e l’affermazione nel mercato imprenditoriale italiano della figura dei consiglieri indipendenti anche alla luce della riforma del TUF in corso di definizione. “Il nostro ruolo, i miglioramenti che si possono apportare alle normative fino al mix non equilibrato tra funzioni, poteri, responsabilità, rischi e compensi: tutti questi temi sono al centro della nostra attività e dobbiamo continuare a farcene carico” ha dichiarato prima di lasciare la parola per un saluto a Monica Fanecco, segretario generale di Nedcommunity e al direttore di Class CNBC, Andrea Cabrini che ha moderato un parterre molto qualificato: Stefano Cappiello, Direttore Generale della Direzione “Regolamentazione e Vigilanza del Sistema Finanziario” del MEF, Katia da Ros, Vicepresidente Irinox SpA e di Confindustria, Andrea di Segni, Managing Director Sodali & Co, Alberta Figari, Presidente Tim Spa e Claudia Parzani, Presidente Borsa Italiana e Senior Advisor di Linklaters.

Il valore della governance

Sul tavolo del dibattito di apertura è stato subito messo il ruolo degli indipendenti nei board. È proprio Cappiello a sottolineare come la riforma del TUF potrà essere l’occasione per rendere interessante le aziende italiane anche agli occhi degli investitori esteri anche attraverso un miglior inquadramento dei Ned. “Una governance strutturata al meglio, che sia pubblica o privata, è fondamentale soprattutto alla luce degli obiettivi di sostenibilità che ormai tutte le aziende devono porsi”, ha spiegato. “È importante tenere sempre presente chi decide cosa. L’amministratore si deve domandare, da un punto di vista strategico, come l’azienda si vuole posizionare sui temi di investimenti in sostenibilità. E l’amministratore indipendente deve domandarsi qual è il suo valore aggiunto rispetto all’adozione di strumentazioni tecnologiche che rischiano di sostituirsi al processo decisionale del cda. E così, in tema di sostenibilità, l’amministratore non esecutivo deve investire in formazione per capire le sfide che arriveranno dalla prossima attuazione della CSRD Directive”.

Anche perché “la Governance è un input rispetto all’output. È il fine ma non il mezzo” aggiunge Parzani. “E oggi abbiamo un grande problema in Italia: il sizing delle aziende italiane. Troppo piccolo. La Borsa Italiana è un ponte tra le aziende e gli investitori e svolge un ruolo di facilitatore ma oggi non è capace di specchiare in modo corretto la vivacità imprenditoriale del paese. Servono più investitori istituzionali domestici e dobbiamo capire come riuscire a rendere più liquidi i mercati in Italia. E questo tema è strettamente legato alla governance che può incidere, se salda, sulle scelte di chi deve investire”.

Numero, competenze e induction

E allora come rendere più strategici i Consigli di Amministrazione? C’è chi come Figari sostiene che sia necessario “snellire, aumentando allo stesso tempo la funzione dei comitati nella funzione istruttoria e dotandoli di tutte le informazioni necessarie per poter arrivare preparati alle discussioni in cda e fare challenge”, e chi come Di Segni mette l’accento sulla “competenza” del cda. “Gli investitori istituzionali in fase di engagement vogliono capire se all’interno del board e nella presidenza ci sono tutte le competenze necessarie” spiega. “Sono di solito molto preparati e quando viene fatto un engagement, un investitore sa perfettamente se il board è strutturato o meno perché ha già studiato altre situazioni simili. Ecco quindi che le induction su temi specifici sono molto importanti, ma raramente vengono eseguite”.

Certo è che se l’azienda è una pmi, il tema di complica. “L’imprenditore in un’azienda è colui che deve lavorare sulla governance e finché l’azienda è piccola si riesce a fare poco” spiga Da Ros. “È un tema di cultura che conosciamo bene. L’Osservatorio Aida ci dice che in Italia sono 18 mila le imprese con fatturato superiore ai 20 milioni di euro, e di queste il 65% sono famigliari. Se è vero che in queste aziende la presenza degli Indipendenti sta aumentando, fatica a crescere la diversity. Bisognerebbe mettere delle regole e, perché no, introdurre un “certificato di diversity” obbligando per esempio le aziende con oltre 100 dipendenti a inserire almeno un consigliere indipendente di età inferiore ai 40 anni e limitando la presenza degli over 70 a un consigliere per cda”.

I tasselli che mancano

Un work in progress iniziato in parte dopo l’epoca Covid ma ancora lontano a concretizzarsi.
“Nel cda ci voglio consiglieri “intelligenti”, taglia corto Parzani. “È talmente complicato lo scenario economico e geopolitico che nei consigli serve diversità, sicuramente di genere. Se abbiamo il 44% di donne nel cda, i presidenti donne nelle società quotate non arrivano al 4%. C’è poi un tema generazionale: pensiamo di affrontare temi come l’innovazione e la digitalizzazione senza avere consiglieri in grado di comprendere questi temi perché troppo anziani. Abbiamo bisogno di under 40”.  Ma c’è di più. “Un consiglio che funziona bene è un consiglio in cui ognuno mette a fattor comune le proprie competenze per far emergere competenze che chi viene da altri settori non è in grado di dimostrare” spiega Figari. “L’indipendenza riesce meglio laddove dietro l’esperienza di consiglio c’è un’esperienza di tipo lavorativo diverso che ha un grande valore. Ecco anche perché un indipendente dovrebbe essere remunerato bene”.


Inoltre per avvicinare gli investitori istituzionali alle imprese di medie dimensioni c’è bisogno di una “prospettiva europea” dice Cappiello. Un tema toccato anche da Jeroen Hooijer, Advisor del Board di EcoDa, intervistato da Maria Pierdicchi, Consigliere Direttivo di Nedcommunity e membro del Board di EcoDa. “Le priorità della nuova Commissione Europea per il mondo delle imprese sono tre e su queste devono concentrarsi anche i consiglieri indipendenti: la resilienza delle nostre economie, il green deal su cui continuare a lavorare anche attraverso l’attuazione della CSRD directive e la trasformazione digitale”.
Infine, non si potrà prescindere anche dal “risolvere il tema del voto di lista su cui devono essere fatte riflessioni importanti sia in relazione al numero dei consiglieri indipendenti, che saranno difficili da individuare, sia alle procedure di voto delle liste stesse” ha spiegato Cappiello. Ma il tema è aperto. E non sarà facile trovare una sintesi che possa accontentare tutti.

button up site