Il nuovo Codice di Autodisciplina
Ad inizio marzo 2010 è stata pubblicatala la quarta revisione del Codice di Autodisciplina sulla Corporate Governance di Borsa Italiana che ha riguardato unicamente l’art. 7 sulla remunerazione degli amministratori. Con tale revisione il Codice si allinea alla best practice internazionale in tema di remunerazioni ed in particolare al modello del Regno Unito che a partire dal Combined Code del 1992 ad oggi è sempre stato il punto di riferimento in termini di best practice.
L’articolo 7 si suddivide in tre sezioni. La prima enuncia i ‘Principi’ in tema di remunerazione, la seconda i ‘Criteri’ di applicazione e la terza il ‘Commento’ del Comitato per la Corporate Governance. Il tutto seguendo il modello del ‘comply or explain’, che il Codice di Autodisciplina nella sua terza revisione del 2006 aveva già mutuato dal Combined Code.
I principi
I principi sono quattro (7.P.1 – 7.P.4) e prevedono che:
7.P.1. la remunerazione deve essere tale da attrarre, trattenere e motivare i talenti degli amministratori e dei dirigenti;
7.P.2. la remunerazione degli amministratori esecutivi e dei dirigenti deve essere tale da allinearne gli interessi con quelli degli azionisti in un orizzonte di medio-lungo periodo, mentre quella degli amministratori non esecutivi va commisurata sulla base dell’impegno richiesto e della partecipazione ai sottocomitati in seno al CdA;
7.P.3. la composizione del Comitato per la Remunerazione deve essere esclusivamente di amministratori non esecutivi ed in maggioranza indipendenti
7.P.4. il CdA, su proposta del Comitato per la Remunerazione, ha il compito di redigere annualmente una politica per la remunerazione degli amministratori esecutivi, degli amministratori investiti di particolari cariche e dei dirigenti strategici e di preparare una relazione all’assemblea degli azionisti. Le modalità di tale relazione vengono dettagliate nel Commento.
I criteri
I criteri sono i 7 seguenti (7.C.1 – 7.C.7).
7.C.1 Le linee guida per la remunerazione degli amministratori esecutivi o rivestiti di particolari cariche ed in particolare:
– va assicurato un bilanciamento della componente fissa e variabile in funzione degli obiettivi strategici e della politica di gestione dei rischi;
– va preso in considerazione un tetto alla componente variabile, da non intendere però come un cap in valore assoluto, si specifica nel Commento;
– gli obiettivi di performance devono avere un orizzonte di medio-lungo termine;
– va differita la corresponsione di una porzione rilevante della componente variabile, laddove la misura di tale porzione e la durata sono coerenti con l’attività svolta e i profili di rischio;
– l’indennità per cessazione anticipata o mancato rinnovo (o cosìddetta golden parachute) non deve superare un determinato importo o comunque multipli della remunerazione annuale, mentre non va corrisposta, se è conseguente a risultati insoddisfacenti.
7.C.2 I piani di remunerazione basati su azioni (cosiddetti stock option) devono prevedere:
– un periodo di maturazione di almeno 3 anni;
– degli obiettivi di performance predeterminati e misurabili;
– una quota da tenere fino alla fine del mandato.
7.C.3 L’ l’assimilazione delle linee guida definite in 7.C.1. anche ai dirigenti con responsabilità strategiche, in particolare i meccanismi di incentivazione del preposto al controllo interno e del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili devono tenere conto ed essere coerenti con le specificità dei relativi compiti.
7.C.4 La remunerazione degli amministratori non esecutivi che non deve in generale essere legata ai risultati economici né prevedere la partecipazione a piani azionari (cfr. articolo di Francesco Taranto pubblicato in questo stesso numero, n.d.r.).
7.C.5 I compiti del Comitato per la Remunerazione che valuta l’adeguatezza della politica di remunerazione degli amministratori esecutivi, formula proposte sugli obiettivi di performance, verifica il raggiungimento degli obiettivi di performance.
7.C.6 Il divieto di partecipazione alle riunioni del Comitato per la Remunerazione dei consiglieri sulla cui remunerazione venga deliberato.
7.C.7 L’eventuale utilizzo da parte del Comitato per la Remunerazione di consulenti.
Il Commento
Nel commento il Comitato:
– fornisce le linee guida per la relazione sulla politica di remunerazione dell’emittente, che deve essere chiara e comprensibile e deve indicare la remunerazione prevista per l’esercizio successivo e possibilmente anche quelli seguenti;
– introduce il volto consultivo sulle politiche di remunerazione con l’affermazione estremamente sintetica ‘l’assemblea dei soci è coinvolta nel processo di approvazione della politica generale di remunerazione’;
– raccomanda che i criteri per il calcolo delle remunerazioni variabili siano predeterminati e oggettivamente misurabili e che tutti gli incentivi (bonus o piani azionari) siano di medio-lungo termine ed una loro porzione rilevante sia vincolata alla fine del mandato (share retention);
– raccomanda, infine, l’indipendenza dei consulenti utilizzati dal Comitato per le Remunerazioni.
Le principali novità
In sintesi, le principali novità riguardano gli incentivi quali bonus e piani azionari, il cui orizzonte temporale va spostato nel medio-lungo termine, valori più ragionevoli di buonuscita, l’utilizzo più avveduto e moderato di benchmark di mercato su cui parametrare la componente variabile delle retribuzioni, l’indipendenza dei consulenti utilizzati dal Comitato per la Remunerazione ed il voto consultivo degli azionisti sulle politiche di remunerazione dell’organo gestionale.
Per evitare la spirale inflazionistica sulle remunerazioni che in passato si è creata con un riferimento decontestualizzato alla remunerazione media del mercato per incarichi analoghi (benchmark), non si può prescindere dai parametri correlati all’andamento dell’impresa. Per cui se ci sono situazioni di crisi aziendale e di assenza di utili risulta difficile giustificare retribuzioni variabili di un livello elevato (cfr. articolo di Franco Morganti pubblicato in questo stesso numero, n.d.r.). Sempre nel senso di sgonfiare la spirale inflazionistica che in passato si è creata, soprattutto nel settore finanziario, va l’introduzione di un tetto alla remunerazione variabile ed il differimento nel tempo della sua corresponsione in considerazione del profilo di rischio dell’attività dell’emittente. Con la crisi del 2008 è stato evidente che i bonus per i profitti degli anni prescindevano completamente dal profilo di rischio delle attività, che è invece stato messo in luce dalla crisi finanziaria degli ultimi due anni.
Infine, il tema dell’indipendenza dei consulenti utilizzati dal Comitato per le Remunerazioni sul quale Piero Marchettini tanto ha insistito nei suoi articoli e sul quale tanta attenzione attualmente viene posta nel mondo anglosassone.
Sul tema della simmetria tra rischio e remunerazione è stato prodotto tantissimo a livello internazionale e andrebbe scritto un articolo apposito. Si vedano, in particolare:
– i Principles for Sound Compensation Practices pubblicati dal Financial Stability Forum il 2 aprile 2009;
– le Guidelines on Remuneration Policies and Practices del Committee of European Banking Supervisors (CESB) del 10 dicembre 20101;
– il nuovo Codice sulle Remunerazioni pubblicato il 17 dicembre 2010 dall’autorità britannica sui mercati Financial Services Authority (FSA).
Infine, il tema dell’indipendenza dei consulenti utilizzati dal Comitato per le Remunerazioni sul quale il consocio Piero Marchettini giustamente tanto insiste1 e sul quale tanta attenzione attualmente viene posta nel mondo anglosassone.
La questione dell’indipendenza del consulente sorge, infatti, qualora la stessa organizzazione offra più servizi di consulenza alla società quotata, tra i quali quello al Comitato per le Remunerazioni.
Nel Regno Unito con l’introduzione del Directors’ Remuneration Report Regulations(2002) dal 2003 le società quotate devono pubblicare i dettagli dei loro consulenti utilizzati dal Comitato per le Remunerazioni ed indicare se hanno fornito altre consulenze ad altre divisioni. Il Walker Report – A Review of Corporate Governance in UK banks and other financial industry entities del 26 novembre 2009 ha ancora raccomandato l’indipendenza dei consulenti al Comitato per la Remunerazione. Negli Stati Uniti dal 2006 la Securities and Excahnge Commission (SEC) ha introdotto il requisito dell’informativa nel Compensation Discussion & Analysis (CD&A).
Investitori istituzionali e say on pay
In assoluto però l’elemento di maggiore novità introdotto è il voto consultivo degli azionisti sulle politiche di remunerazione. Si tratta del cosiddetto ‘say on pay’, che negli Stati Uniti è stato fatto oggetto di mozione da parte degli investitori istituzionali nelle assemblee delle principali società quotate americane, prima di diventare obbligatorio a partire dalle assemblee del 2011 in seguito all’approvazione del Financial Reform Act. Quindi diversamente dal Regno Unito dove è obbligatorio dal 2004, Stati Uniti ed altri Paesi dell’Europa continentale3, il voto consultivo o say on pay viene introdotto in Italia con la revisione dell’art. 7 del Codice di Autodisciplina come best practice e non come previsione normativa obbligatoria.
Gli investitori istituzionali esteri sono da tempo attivi sul tema delle remunerazioni dei top managers.
I no alle politiche di remunerazione sono cresciuti nelle assemblee del 2009. Per alcune società inglesi (Shell, BP, Xstrata, Tesco, Home Retail, Heineken, ecc.) i no hanno raggiunto percentuali molto elevate. All’assemblea di Royal Dutch Shell il 60% degli azionisti ha votato contro l’approvazione del rapporto sulle remunerazioni del top manager. Il 41% degli azionisti di Tesco ha votato contro il piano di assegnazioni di azioni al top management. Il 40% degli azionisti di Home Retail ha votato contro il Rapporto di Remunerazione del top management per protesta contro la variazione introdotta nell’assegnazione dei bonus.
Ne consegue che la visibilità delle decisioni prese dal Comitato per la Remunerazione è destinata ad aumentare molto nel prossimo futuro, così come le responsabilità.
Ne discende per i soci di Nedcommunity che verranno eletti nei Comitati per la Remunerazione di società quotate l’importanza di studiare con attenzione anche quanto sta succedendo in altri Paesi a capitalismo avanzato ed in particolare nel Regno Unito dove l’attivismo degli investitori istituzionali sui temi delle remunerazioni è molto aumentato.
Dal seguente grafico si vede come i voti contrari espressi dagli azionisti intervenuti alle assemblee delle società europee del primo semestre 2008 hanno riguardato per il 13,8% le politiche di remunerazione.
Note
(1) Le linee del CESB prevedono, tra l’altro, il pagamento differito da tre a cinque anni del 60%dell’ammontare dei bonus, nonché l’introduzione di un cap del 20% sui bonus che molto sta facendo discutere.
(2) Cfr. ‘Debito, Austerità e Retribuzioni dei top manager’, Piero Marchettini e Daniela Carosio, Rivista AIAF n. 75, giugno 2010; ‘Investitori Istituzionali, retribuzioni del top management e ruolo del comitato per le remunerazioni e le nomine’, Piero Marchettini e Daniela Carosio, Rivista AIAF n. 67, Luglio 2008.
(3) In Olanda e nei Paesi Scandinavi il voto degli azionisti è vincolante da tempo. Da poco è stato introdotto anche in Spagna e Svizzera.
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