Punti di vista

Il lavoro agile: vantaggi e svantaggi dello smart working

Secondo il Politecnico di Milano, dopo la pandemia il lavoro agile sarà un fenomeno destinato a restare. Già oggi si tratta di una prassi molto diffusa che sta ridisegnando il rapporto fra azienda e lavoratori. Un tema entrato nell’agenda dei cda

Adrian Regeci/Unsplash

Ha rappresentato un’ancora di salvezza economica, sociale e anche per un certo periodo di tempo psicologica. Lo smart working ha consentito a moltissime aziende di continuare a operare in pieno lockdown e di non fermare servizi spesso essenziali, salvando molti di posti di lavoro e contribuendo così a gettare le basi della ripresa.

Il fenomeno è ormai entrato nel costume e nelle abitudini organizzative di aziende grandi e medie ma anche, in non rari casi, piccolissime. Per l’Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano, la quota delle grandi aziende nelle quali lo smart working rimarrà o sarà introdotto è circa l’89%. Dal 2022 il lavoro agile può godere anche di una cornice normativa. Il 7 dicembre 2021, infatti, il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando e le parti sociali hanno firmato il Protocollo nazionale che detta le linee guida per la contrattazione collettiva valide a partire dal 1° gennaio 2022.

Più pro che contro

Al di là degli aspetti positivi legati alla possibilità di continuare a tenere in piedi un’attività produttiva, sono numerosi i vantaggi del lavoro agile: si pensi in primo luogo all’abbattimento dei tempi di spostamenti e all’impatto positivo sull’ambiente per il ridotto uso dei mezzi di locomozione, in particolare privati; un ritrovato work life balance; la riduzione della possibilità di infortunarsi o di ammalarsi assentandosi così dal lavoro; l’aumento delle competenze digitali fra i dipendenti. Non sono pochi, però, coloro i quali hanno iniziato a interrogarsi seriamente e a mettere in guardia su quelli che possono essere anche gli svantaggi, soprattutto per un’organizzazione complessa come un’azienda. In particolare, a preoccupare le prime linee di diverse imprese, è l’inevitabile isolamento del lavoratore a cui manca il confronto con i colleghi e con i responsabili; per non parlare dell’iperconnessione, ovvero della tendenza, spesso ingiustificata o non richiesta dai datori di lavoro, di rimanere sempre reperibili attraverso i device elettronici facendo venire meno proprio uno dei vantaggi principali dello smart working, ovvero il work life balance prima citato.

Si tratta di considerazioni suffragate anche dai dati. Secondo i risultati relativi al 2020 dell’Osservatorio smart working della School of management del Politecnico di Milano, il 73% dei lavoratori ritiene buona o ottima la propria concentrazione durante lo smart working, per il 76% è aumentata l’efficacia, per il 72% è aumentata l’efficienza. D’altro canto il 29% dei lavoratori ha trovato difficoltà a separare il tempo del lavoro dal tempo privato; il 28% ha avuto difficoltà a trovare un equilibrio tra tempo da dedicare al lavoro e tempo privato; il 29% ha avvertito la sensazione di isolamento nei confronti dei colleghi, del lavoro e dell’azienda.

Come reagiscono i board

Ovvio dedurre che questi fattori debbano rientrare necessariamente nelle agende di chi è chiamato a dare un indirizzo strategico all’azienda, cda in primo luogo. Ma come si sta affrontano il tema?

Lo abbiamo chiesto a Valentina Zadra, membro del Reflection Group di Nedcommunity “Board e Business sostenibile – Un nuovo modello di leadership per il Consigliere di Amministrazione” e coordinatrice della Survey condotta tra marzo 2020 e maggio 2021 da Nedcommunity in collaborazione con Valore D – In the Boardroom al fine di analizzare e registrare, nel corso di più di un anno di pandemia, l’impegno degli Amministratori e dei Sindaci delle società italiane nel governare la crisi Covid-19. “I dati raccolti” afferma Zadra “mostrano chiaramente che l’innovazione nelle modalità di lavoro è una delle quattro aree di interesse prioritarie per i Consigli nel corso della pandemia”. “Ciò è confermato dal fatto che” continua Zadra “in merito alle attività sulla strategia condotte dai Consigli durante la pandemia, il 63,6% dei rispondenti (nel periodo luglio novembre 2020) ed il 44% degli stessi (nel periodo dicembre 2020 maggio 2021) ha indicato di essersi occupato della revisione dei “modi di lavorare” della società in una prospettiva “new normal” focalizzandosi su aspetti quali la tecnologia, la gestione spazi, la comunicazione, i comportamenti o gli  stili di leadership”.

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