I compensi degli Indipendenti
In questi ultimi anni Il ruolo attribuito agli amministratori non esecutivi, in particolare agli indipendenti, ha assunto progressivamente un’importanza crescente. Ne sono testimonianza l’abbondante normativa in materia, sia a livello comunitario che nazionale.
Nella fattispecie si fa riferimento alle Raccomandazioni della Comunità Europea 2004/913 -2009/385 ed alla risoluzione del Parlamento Europeo del 7/7/2010, con particolare riguardo alla Raccomandazione 2005/162 che tratta specificamente in modo ampio e dettagliato il delicato compito riservato a questa particolare categoria di amministratori.
A livello nazionale è sufficiente ricordare il Regolamento Consob per le Operazioni con Parti Correlate appena entrato in vigore che attribuisce un ruolo esclusivo agli Amministratori Indipendenti nella partecipazione alle trattative importanti con parti correlate per la valutazione delle operazioni in oggetto e per le procedure relative.
Questo fiorire di norme e prescrizioni determina anche sempre maggiori responsabilità e rischi per gli amministratori, responsabilità e rischi che, nel caso di partecipazione ai Comitati emanazione del Consiglio di Amministrazione, assumono rilevanza autonoma, e quindi raddoppiata, rispetto alle due differenti cariche. Una domanda sorge a questo punto spontanea: quanto viene riconosciuto, in termini di compensi, l’elevato e crescente livello di responsabilità che si accompagna alla nomina in un C.d.A?
Il tema è trattato in modo generico nel Codice di Autodisciplina della Borsa Italiana (cfr. articolo di Daniela Carosio pubblicato in questo stesso numero), dove nell’ambito dei Principi, al punto 7. pag.2., si dice che “La remunerazione degli amministratori non esecutivi è commisurata all’impegno richiesto a ciascuno di essi, tenuto anche conto dell’eventuale partecipazione ad uno o più comitati”. In pratica si tratta di una sollecitazione agli azionisti di riferimento o di controllo perché valutino la remunerazione da riconoscere in coerenza con le caratteristiche dimensionali delle società, nonché con l’ impegno richiesto ai singoli amministratori non esecutivi, in funzione anche dei compiti specifici loro assegnati.
Un’analisi poco omogenea
L’analisi dei compensi attribuiti nel 2009 agli Amministratori non esecutivi, effettuata sulla base di quanto pubblicato nei bilanci delle società appartenenti all’indice FTSE MIB 40, non offre un quadro chiaro dei comportamenti tenuti dagli azionisti e soprattutto della loro coerenza con quanto indicato nel Codice di Autodisciplina. La scarsa chiarezza nasce anzitutto dalla mancanza di omogeneità nella presentazione dei dati. In particolare non vi è sufficiente trasparenza circa il reale impegno richiesto. A titolo di esempio, molte società nelle Relazioni sul governo societario non precisano la durata dei Consigli e dei Comitati e, soprattutto, in molti casi indicano separatamente il compenso riconosciuto agli indipendenti per la presenza nei vari comitati.
In particolare, il tema dei Comitati merita di essere evidenziato per la crescente importanza che essi hanno assunto nella governance delle società, per la rilevanza nell’impegno anche temporale che richiedono e per la sempre più elevata responsabilità che comporta il parteciparvi. La possibilità per un Indipendente di percepire come effettivamente riconosciuto il proprio ruolo di Amministratore dipende da svariati fattori, a cominciare dall’atteggiamento del Presidente e dell’Amministratore delegato e dalla loro interpretazione corretta della governance. Non dovrebbe sussistere alcun dubbio che la loro presenza nei Comitati espressione del Consiglio venga considerata non solo formalmente indispensabile ma anche concretamente importante.
Sulla base di queste considerazioni si rende necessaria un’attenta riflessione da parte delle società sulla remunerazione degli amministratori non esecutivi, soprattutto nell’interesse delle società stesse. Se è vero che la presenza di amministratori non esecutivi/indipendenti è dovuta e se questi, attraverso la partecipazione a Comitati che costituiscono un’ossatura ineliminabile della governance, possono dare un valido contributo alla vita societaria, delle presenze professionalmente qualificate dovrebbero essere sempre più ricercate all’atto della costituzione di un C.d.A.. Ma la qualificazione si collega inevitabilmente anche al problema della retribuzione che attualmente è stabilita sulla base di parametri assolutamente privi di chiarezza. Proseguire sulla strada attuale che prevede retribuzioni che non tengono sufficientemente conto di elementi essenziali quali la coerenza con l’impegno richiesto e la relativa responsabilità che ne deriva, può facilmente portare le professionalità più qualificate a rifiutare la nomina nei Consigli.
Una proposta di soluzione equa
In proposito, NED sta studiando il problema con l’intento di pubblicare un position paper che analizzi ed inquadri nel miglior modo possibile la situazione, individuando anche possibili soluzioni. Non si dimentichi che nel contempo la normativa recente, sia nel testo dell’art.7 del Codice di Autodisciplina, sia nel Regolamento delle Operazioni con Parti Correlate, fa riferimento ad una politica generale per la remunerazione degli amministratori esecutivi e degli altri amministratori investiti di particolari incarichi, nonché dei dirigenti con responsabilità strategiche. Tale politica, che va approvata annualmente dai Consigli di Amministrazione e che va sottoposta alle Assemblee dei soci, offre l’opportunità agli amministratori non esecutivi di porre il problema della propria remunerazione ai C.d.A. di cui fanno parte.
Fermo restando dunque che per una regola elementare di corretta governance, prima ancora che per normative in vigore, sia da escludere l’attribuzione agli amministratori non esecutivi di piani di remunerazione basati su azioni, fermo restando pure che la remunerazione fissa di base per un amministratore vada normalmente deliberata dall’assemblea dei soci senza coinvolgimento o consultazione preventiva con gli amministratori candidati, al Consiglio di Amministrazione resta sempre una buona discrezionalità nel definire i compensi per i componenti dei comitati.
Una proposta equilibrata che possa condurre ad una soluzione equa dovrebbe partire da due valutazioni preliminari:
1. l’evidenza quantitativa dell’impegno richiesto per la partecipazione ai comitati (numero delle riunioni, durata degli stessi, “qualità” degli argomenti all’ordine del giorno per valutare i tempi di preparazione per la seduta di comitato, ecc.);
2. l’identificazione di un riconoscimento economico che abbia come riferimento le tariffe professionali di consulenza, tenendo conto però che un amministratore è comunque gravato da maggiori responsabilità di un consulente.
© RIPRODUZIONE RISERVATA