I Comitati: una funzione centrale all’insegna del dialogo con il board
Oltre al consiglio di amministrazione le società prevedono la presenza di comitati che svolgano funzioni spesso strategiche per il buon funzionamento dell'intera organizzazione. La necessità di nuovi comitati per affrontare le sfide dell'innovazione e della sostenibilità secondo il parere di Patrizia Giangualano
Getty ImagesOrgani fondamentali senza i quali un “corpo” non potrebbe funzionare e svolgere le sue innumerevoli funzioni. Questi sono in sostanza i comitati endoconsiliari così chiamati perché, il consiglio di amministrazione li istituisce al proprio interno “con funzioni propositive e consultive”. Il nuovo Codice di Corporate Governance della Borsa italiana, approvato nel 2020, ne individua tre.
Il comitato nomine, di cui si parla spessissimo sulla stampa soprattutto in coincidenza con la stagione assembleare, è un tipico esempio di organo consultivo. Secondo l’articolo 4 è chiamato a formulare pareri sia sulla dimensione sia sulla composizione del board, può indicare il nome di un amministratore delegato, può “presentare una lista da parte dell’organo di amministrazione uscente da attuarsi secondo modalità che ne assicurino una formazione e una presentazione trasparente e predisporre”, “aggiornare e attuare il piano per la successione del chief executive officer e degli altri amministratori esecutivi”.
Il comitato per la remunerazione, secondo l’articolo 5, svolge funzioni propositive e consultive nei confronti del board in relazione agli emolumenti dei vertici aziendali prestando cura che questi siano allineati agli obiettivi strategici, oggi sempre più anche in termini di sostenibilità, e verificandone il raggiungimento. Il suo ruolo è centrale in una fase in cui la politica di remunerazione sta assumendo una funzione strategica che spesso è sotto i riflettori dell’opinione pubblica soprattutto quando si parla di partecipate.
Il Codice di Corporate Governance a indica all’articolo 6 anche il comitato controllo interno e di gestione dei rischi. Il suo obiettivo è quello di realizzare “una effettiva ed efficace identificazione, misurazione, gestione e monitoraggio dei principali rischi, al fine di contribuire al successo sostenibile della società”. Questa funzione riveste una crescente importanza in considerazione del susseguirsi di crisi di varia natura come la storia recente ci insegna. Si pensi, infatti, all’impatto cha la pandemia prima e la crisi energetica scatenata dal conflitto in Ucraina poi hanno avuto sul tessuto produttivo di intere economie, sempre più legate fra loro e interdipendenti. Ma non si può non pensare anche alle conseguenze dei cambiamenti climatici che impattano pesantemente anche sul tessuto produttivo.
L’importanza di organi ad hoc
La galassia dei comitati è quindi varia e svolge numerose e importanti compiti. Oggi, però, alla luce dei mutamenti epocali che stiamo vivendo, cresce anche l’esigenza di arricchire la governance di un’impresa affiancando ai tre comitati prima citati anche altri specificatamente focalizzati sui temi della sostenibilità e dell’innovazione. Ne è convinta Patrizia Giangualano, membro del consiglio direttivo di Nedcommunity secondo la quale “argomenti di particolare rilievo oggi per il CDA che non trovano immediata e chiara collocazione nei comitati cosiddetti obbligatori riguardano proprio questi due temi: la sostenibilità e l’innovazione. Nel percorso di trasformazione le aziende non possono fare a meno di adeguarsi alle sempre maggiori richieste della normativa e della finanza sostenibile sempre più attive, cambiamenti che creano allo stesso tempo sia delle aree di rischio (se non presidiate) sia delle aree di opportunità di sviluppo e di business per le aziende. Questi temi molto importanti possono essere considerati per la costituzione di nuovi comitati che si occuperanno del lavoro preparatorio ai fini delle decisioni collegiali che dovranno poi essere prese in cda”.
In tal modo si inaugurerà all’interno del cda un flusso di comunicazione continua fra i diversi organi all’insegna di una vera e propria di leadership collaborativa: “Per poter portare una informativa completa al board, le proposte – continua Giangualano – che poi si tradurranno in decisioni collegiali, necessiteranno di una concreta attuazione nelle politiche di remunerazione e nella comunicazione al mercato tramite la rendicontazione. Sono molto importanti le interazioni con il comitato controllo e rischi che hanno la precisa responsabilità nell’istruttoria della DNF (Dichiarazione non finanziaria, ndr), con il comitato di remunerazione per la proposta delle politiche dei piani di incentivazione e con il comitato nomine per confronti sulla struttura organizzativa e le professionalità necessarie. Un dialogo aperto e un confronto attivo propedeutico alla presentazione delle proposte costituisce certamente un fattore critico di successo per una sempre maggiore efficacia del board nel raggiungimento degli obiettivi strategici definiti”.
I ned sempre più centrali
In questo nuovo assetto, centrale sarà il ruolo dell’amministratore indipendenti. “Il ned, proprio perché non appartiene al management o agli azionisti di controllo, è il candidato migliore a far parte dei comitati. Questo professionista con expertise accertata sia di tipo tecnico sia consulenziale è in grado di sviluppare l’adeguato challange alla struttura in termini di creazione di una cultura delle sostenibilità in tutte le sue decisioni. In questo modo potrà diffondere attraverso i comitati in cui opera una cultura orientata alla sostenibilità e all’innovazione, all’open information e alla cooperazione inter-funzionale tra Business, IT ed HR focalizzata sulla misurazione per il raggiungimento delle migliori best practice. Il tutto tenendo conto dei rischi e della necessita di adeguati flussi informativi verso il Board”.