Governance e sport, un legame nel nome della sostenibilità
Janke Laskowski/UnsplashSport e impresa hanno molto in comune. In entrambi i casi l’obiettivo è vincere: sui campi, in pista, nei palazzetti e sul mercato. Per farlo, però, bisogna valorizzare le risorse di cui si dispone in primo luogo i collaboratori e poi le loro competenze, da amalgamare attraverso una corretta organizzazione. I punti di contatto non finiscono qui: lo sport ha un effetto positivo diretto sul benessere psico-fisico dei dipendenti e, grazie ai valori etici intrinseci di cui è portatore, anche sulla governance societaria ispirando la costruzione della squadra di lavoro e l’attività di leadership di amministratori e dirigenti. Di questo si è parlato nel corso del convegno organizzato da Nedcommunity in collaborazione con il Coni, dal titolo Il fattore Social e di Governance negli ESG. La promozione dello sport come driver di crescita sostenibile? in cui regolatori di mercato, professori universitari, top manager, business coach e coach sportivi hanno messo in evidenza come la promozione e diffusione della cultura dello sport, sia all’interno dell’ambiente di lavoro sia nei confronti della comunità di riferimento, possa rappresentare un fattore di successo nella strategia di crescita sostenibile di lungo periodo.
Lo stretto legame è stato subito messo in evidenza dal presidente del Coni, Giovanni Malagò secondo cui “gli Esg ci vedono coinvolti assieme a Nedcommunity. Non siamo paralleli rispetto a questo tema ma sovrapposti. Al concetto dell’ambiente, oggi quasi esasperato, al tema del social e della governance, è necessario aggiungere anche un’altra ‘S’, quella dello sport”.
Secondo Maria Pierdicchi, presidente di Nedcommunity: “Una buona governance è elemento centrale del successo del Paese, non solo delle imprese. Come Nedcommunity, abbiamo l’ambizione di fornire degli strumenti di lavoro per svolgere al meglio le nostre funzioni e oggi per confrontarci sul tema della sostenibilità che, come sappiamo, è una delle priorità. Quando si parla di Esg credo che la ‘S’ rappresenti la variabile più complessa. A tal proposito ritengo che fra sport e sostenibilità esista una connessione interessante perché i valori dello sport possono rappresentare dei driver di sostenibilità che riguardano la cultura dell’impresa e i modi di lavorare delle persone. Speriamo di poter dare un contributo fattivo e anche scientifico su questo tema lavorando insieme al Coni”.
Ines Gandini, Delegato Chapter di Roma e Lazio ha ribadito che: “Nedcommunity è convinta che la promozione dello sport possa avere un effetto positivo sullo sviluppo sia del fattore sociale, sia del fattore di governance. Il successo sostenibile rappresenta la stella polare che guida l’azione dei cda di tutte le aziende, quotate e non. Le società si sono rese conto che per operare devono fare attenzione agli interessi non solo degli shareholder ma di tutti gli stakeholder. Vedremo che la promozione dello sport ha un effetto positivo sul benessere psicofisico dell’individuo; quindi, se promosso dalla società aumenta la qualità di vita dei dipendenti con benefici tangibili anche sulla produttività. Passando agli effetti sul territorio di riferimento si pensi al ruolo che le imprese possono giocare nel miglioramento delle strutture sportive o nel sostegno delle associazioni dilettantistiche per rendere accessibile l’attività fisica alle categorie meno abbienti. Lo sport, inoltre, contrasta e previene molte malattie croniche e disfunzionali e ha effetti positivi anche sull’ambito etico perché portatore di valori come la lealtà, rispetto, lavoro di gruppo. Questi principi, se traslati in ambito societario, possono ispirare anche le best practice della corporate governance. Del resto, diciamo spesso che ci piace pensare alle società come una squadra che vuole raggiungere un obiettivo comune”.
Luciano Canova, Economista e Divulgatore Scientifico, rimanendo nel solco degli effetti positivi dello sport per le organizzazioni, anche aziendali, ha ricordato il World happiness report, progetto avviato 10 anni dalle Nazioni Unite per monitorare la felicità nel mondo attraverso la sua misurazione in più di 150 Paesi. “Il report – ha spiegato – vuole indagare che cosa impatti sulla felicità delle persone. A farlo sono la fiducia, misurata dalla forza dei legami sociali; la generosità; la libertà; l’assenza di corruzione; il reddito; la salute. Ma come vengono alimentate queste sei componenti? Anche dallo sport, grazie agli effetti benefici che questo è in grado di esercitare su diversi ambiti della vita personale e non”.
Manuela Mazzoleni, Direttore Sostenibilità e Capitale Umano di Assogestioni si è invece soffermata sul quadro normativo e regolamentare a livello europeo che mette sotto i riflettori la centralità dei fattori “S” e “G”: “Con l’UE action plan on financing sustainable growth, si persegue l’obiettivo di usare la leva degli investimenti per una transizione verso un’economia più pulita e circolare. Tutti i prodotti di investimento dovranno dare disclosure sulla loro sostenibilità, anche in termini social. La governance è la chiave di volta di altre politiche: se una società persegue obiettivi sociali e ambientali nelle proprie strategie ma la governance non è adeguata, tutta questa costruzione cade”.
Carlo Mornati, Segretario Generale del CONI, ha invece posto l’accento sul valore morale dello sport e sull’aderenza con la “S” di Esg: “L’etica, la lealtà e la correttezza sono gli elementi su cui si basa l’ordinamento sportivo. Tre principi fondamentali a cui si devono attenere non solo gli atleti ma anche i dirigenti. Il Cio, per tutelare questi tre principi, ha varato un codice etico molto complesso nel quale si fa appello al rispetto dell’Olimpismo (fratellanza, amicizia, fairplay), delle convezioni internazionali che tutelano i diritti fondamentali dell’uomo, dell’autonomia dello sport, alla repulsione per ogni forma di molestia. Questi principi sono declinati nelle nostre carte statutarie”.
Prima della tavola rotonda coordinata da Sarah Varetto, la giornalista e responsabile comunicazione e sostenibilità di Sky Italia ha intervistato Gian Paolo Montali, Direttore Generale Progetto Ryder Cup 2023: “Il mondo delle organizzazioni – ha spiegato Montali – è alla continua ricerca della ricetta giusta per vincere e per avere successo. Le squadre, come le organizzazioni aziendali, sono composte da giocatori che non hanno nulla in comune: le persone hanno età diverse, professano religioni diverse, ricevono stipendi diversi e parlano lingue differenti. Difficile, quindi, che costoro trovino immediatamente affinità elettive sul posto di lavoro. Quando allenavo, il primo nemico era il tempo, non potevo aspettare che i giocatori trovassero affinità, quindi cercavo di fare squadra, di definire bene ruoli, competenze, scrivere una partitura precisa in cui tutti si riconoscessero sulla base della stima professionale. Io ho vinto più spesso con una squadra piuttosto che con un gruppo in cui si fossero instaurati rapporti personali idilliaci”.
Sembra fargli eco Maria Serena Ciambellotti, Docente di Organizzazione Aziendale Università Cattolica del Sacro Cuore, Business Coach che ha sottolineato come “il mondo dello sport e delle imprese il successo va realizzato attraverso una visione chiara dei ruoli e con obiettivi che sono l’espressione di ciò che è importante raggiungere”.
Pietro Berardi, Amministratore Delegato di AS Roma SpA ha invece parlato dello stretto legame fra una società sportiva e la comunità in cui opera: “Abbiamo una grandissima responsabilità nei confronti della città. L’asset più importante per noi sono i calciatori e l’allenatore. Per questo motivo abbiamo deciso di mandare Murinho la sera del 31 dicembre a portare il cibo agli homeless alla stazione Termini o al Bambin Gesù a far visita ai piccoli pazienti. L’attività della quale sono più orgoglioso è l’iniziativa Superiamo gli ostacoli per portare allo stadio persone con disabilità”.
Lorenzo Casini, presidente della Lega Calcio Serie A si è invece soffermato sui punti di contatto fra sport e impresa: “Il sistema sportivo è pensato per realizzare leadership. Questo tipo di costruzione è qualcosa che si ritrova in ogni tipo di organizzazione. Bisogna però sottolineare anche l’aspetto ludico che diventa elemento essenziale nella cultura d’impresa come strumento competitivo e di miglioramento dell’efficienza”.
Barbara Saba, Direttrice Generale della Fondazione Johnson & Johnson ha ricordato l’impegno nei confronti della salute dei dipendenti della multinazionale a stelle e strisce: “Abbiamo in programma di raggiungere l’obiettivo della forza lavoro più in salute al mondo promuovendo iniziative sportive e legate al movimento (walking meeting). La salute è il core business di questa azienda per questo motivo da moltissimi anni non si può fumare nelle proprietà della società”.
Roberto Vitto, Chief Financial Officer di Italo SpA ha ricordato l’impegno della società ferroviaria nei confronti degli stakeholder di riferimento e lo sport rappresenta una leva fondamentale: “In Italo cerchiamo di fare molto per la community, i colleghi e i nostri clienti, promuovendo attività come tornei aziendali per fare incontrare colleghi anche lontani. Da segnalare il nostro impegno sul fronte charity: partecipiamo alla Maratona di Roma e raccogliamo fondi per la ricerca”.
A trarre le conclusioni del convegno, Livia Piermattei, Coordinatrice Reflection Group “Board Leadership and Sustainable Business” Nedcommunity: “Vorrei guardare all’effetto che lo sport ha sul cda e sugli amministratori, esecutivi e non, che operano nei board e sul modello di leadership con cui si lavora in un cda perché è diverso oggi rispetto al passato.
Il concetto chiave di questo cambiamento è rappresentato dalla sostenibilità che non è soltanto un concetto astratto ma un cambiamento radicale del processo decisionale che impone di integrare elementi finanziari e pre–finanziari e di generare impatto sulla società. Per usare un’analogia sportiva, l’amministratore deve esercitare un muscolo, il cervello, per abituarsi a integrare elementi non solo finanziari nel processo decisionale e operativo. Il primo concetto che vorrei mediare è quello all’allenamento a un processo decisionale nuovo. Senza connettività e capacità di cogliere il legame fra risultati e conseguenze difficilmente si è capaci di governare la trasformazione sostenibile delle aziende. Quindi serve open mind, capacità di esprimere pensiero indipendente; il secondo punto è la collaborazione che in un cda spesso non è facile da attivare: per realizzarla davvero ci vuole un coach, un presidente, e sono necessarie persone che vogliono lavorare insieme; ma occorre anche essere capaci di includere i portatori di interessi che consentano di vedere prima le aree di rischio della tua organizzazione; infine è necessario adottare un focus strategico, ovvero la capacità di guardare avanti, perché vedere un rischio a tre anni non cambia molto ma a dieci anni vuol dire trasformarlo in opportunità”.