Che vuol dire essere indipendente?#2
Pro e contro di un ruolo che assume una crescente importanza anche nel nostro Paese. Intervista a Claudia Ricchetti, avvocata ed esperta di governance
Claudia RicchettiUna carriera in numerosi settori, soprattutto regolamentati, in società quotate e non, e una passione per la buona governance. Claudia Ricchetti, avvocata, ha una trentennale esperienza ricca e poliedrica, come consigliere indipendente ma anche come segretario di diversi Consigli di amministrazione. Attualmente è General Counsel e Company Secretary di Ferragamo Spa e membro del consiglio direttivo di AISCA – Associazione Italiana Segretari del Consiglio di Amministrazione e per la Corporate Governance e qui ci racconta, attraverso la sua esperienza, quali sono le competenze necessarie e le sfide del Ned.
A quando risale il primo ingresso di un indipendente in un cda di un’azienda italiana?
“No, ma quello che ricordo bene è che la vera rivoluzione copernicana si è avuta con la modifica del TUF nel 2005, che non solo ha reso obbligatorio il voto di lista per l’elezione del Consiglio di amministrazione ma anche previsto che almeno un consigliere fosse tratta da una lista di minoranza. Questa modifica rifletteva e, in parte, ancora riflette un assetto proprietario delle società quotate italiane caratterizzato dalla presenza di un socio di controllo o con una maggioranza relativa e quindi, proprio con l’obiettivo di garantire la tutela di tutti gli azionisti, è stato previsto che almeno un amministratore fosse tratto dalla lista di minoranza e possedesse i requisiti di indipendenza. Da allora ci sono state ulteriori evoluzioni nella governance e nella tutela degli interessi di tutti gli azionisti, tanto che oggi, le percentuali richieste sono ben più alte. È importante ricordare che, per le società quotate ma soggette a direzione e coordinamento, il comitato di controllo interno deve essere composto esclusivamente da amministratori indipendenti.
A quando risale il suo primo ingresso come indipendente e come venne accolta?
“Sono stata nominata per la prima volta amministratore in una società quotata nel 2019. La società in questione si era appena quotata e doveva avere un terzo di amministratori indipendenti, oltre a dover rispettare le quote di genere della legge Golfo Mosca. Considerato che si trattava di una società a proprietà concentrata, fu seguita una regola molto rigorosa e quindi i 3 comitati previsti (Nomine e Remunerazione, Controllo e Rischi e Parti Correlate) erano costituiti esclusivamente da amministratori indipendenti. Sono stata accolta molto bene ma sicuramente in società – in quanto matricola – non c’era ancora una cultura di governance matura. Quell’esperienza che si è conclusa dopo due anni e mezzo, a seguito di un’OPA che ha portato al delisting della società, mi ha fatto guardare le cose sotto un’altra prospettiva. Sino a quel momento ero stata segretario del Consiglio di amministrazione di una società quotata in cui lavoravo e poi segretario di una non quotata a controllo pubblico e quindi con altre complessità di governance. Come spesso accade in entrambe le esperienze lavorative ero anche stata inserita come consigliere nelle società controllate del Gruppo. Ma questo è diverso dall’essere un consigliere indipendente che ha un ruolo molto importante all’interno dei consigli di amministrazione e dei comitati”.
In che cosa consiste in primo luogo questa importanza?
“Intanto questa importanza gli è stata attribuita dalla legge. Citavo prima le ragioni per cui nel TUF è stato previsto che un certo numero di consiglieri debba essere indipendente e in certa misura anche tratto dalle liste di minoranza. Proprio per l’importanza del ruolo che ricopre il consigliere indipendente deve essere messo in grado di svolgere adeguatamente il proprio compito. Deve ricevere documentazione chiara e tempestiva per potere agire informato, potersi interfacciare con le strutture interne della società senza mai però scavalcare l’amministratore delegato, riuscire a guadagnare la stima e la fiducia degli altri consiglieri ma soprattutto del Presidente e dell’Amministratore Delegato. Senza dimenticare mai che il consigliere indipendente e comunque non esecutivo non può e non deve sostituirsi all’amministratore delegato, è fondamentale che dia il suo contributo in termini di idee, viste diverse, valutazioni di rischi avendo sempre in mente l’interesse della società e di tutti gli azionisti.
Che caratteristiche dovrebbe avere oggi che ieri non erano necessarie?
“Oggi occorrono delle competenze molto più sofisticate di quelle che astrattamente potevano essere ritenute adeguate una decina di anni fa. È necessario avere competenze trasversali su rischi (in particolare cyber e climatici), strategie di resilienza del business, ambiente, finanza, compliance. È impossibile, però, che un consigliere possa avere esperienze così diversificate e sedere in consigli di società diverse con business diversi, quindi, il mio suggerimento è quello di non nascondere la propria ‘non competenza’ e chiedere supporto alle strutture interne o anche a dei consulenti esterni che possono essere ingaggiati per rendere più efficaci i lavori dei comitati. È necessario chiedere alle strutture interne di ricevere un aggiornamento periodico della normativa che riguarda il settore in cui opera la società e banalmente anche di avere accesso alla rassegna stampa e, banale a dirsi ma non troppo, a tutti i comunicati stampa che la Società diffonde”.
Ci sono secondo lei miglioramenti possibili sulla figura degli indipendenti. Se sì quali?
“Fare il consigliere è un’attività che richiede tempo. Bisogna immaginare di dedicare almeno una settimana al mese ad ogni consiglio in sui si siede, avere il tempo di leggere tutta la documentazione, chiedere informazioni, rileggere i verbali, verificare gli ordini del giorno dei comitati, chiedere un supporto importante alla segreteria societaria, definire in anticipo i calendari di tutte le attività dei comitati per essere sicuri che tutti gli argomenti previsti dai codici di autodisciplina e dalle norme siano adeguatamente e correttamente trattati. Consiglio, sempre, prima di accettare un incarico di verificare il calendario finanziario per prendere nota delle date già calendarizzate dei consigli di approvazione delle situazioni infrannuali per evitare di trovarsi nell’impossibilità di partecipare, chiedere, se possibile anche le date degli incontri dei comitati, leggere con attenzione almeno le ultime due relazione di corporate governance della Società per avere un’idea del funzionamento del consiglio e dei comitati, della durata, del livello di partecipazione, leggere l’ultima politica di remunerazione, dare una scorsa almeno agli ultimi tre bilanci, verificare la presenza di un piano strategico già approvato e comunicato al mercato, e, last but not least dare un’occhiata alle operazioni con parti correlate. Infine, raccomando sempre di guardare anche il regolamento di funzionamento del consiglio e dei comitati per verificare i requisiti quali-quantitativi di indipendenza previsti ed il numero massimo delle cariche consentite a ciascun consigliere”.