Dura lex

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La responsabilità per colpa e solidale degli amministratori non esecutivi indipendenti per l’attività di “alta amministrazione” (controllo, intervento, informazione e procedimentalizzione) La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9973 del 23 aprile

La responsabilità per colpa e solidale degli amministratori non esecutivi indipendenti per l’attività di “alta amministrazione” (controllo, intervento, informazione e procedimentalizzione)

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9973 del 23 aprile 2018, si pronuncia ancora sulla responsabilità degli amministratori non esecutivi indipendenti.

1. Il caso

La Banca d’Italia ha sanzionato un amministratore non esecutivo indipendente di una società di gestione del risparmio a seguito dell’accertamento di: (a) “operazioni irregolari di gestione dei fondi della società” nonché (b) carenze nel modello organizzativo e nei controlli interni della società “attribuite ai componenti del consiglio di amministrazione”.

La Corte d’Appello di Brescia, con il decreto impugnato, aveva respinto l’opposizione dell’amministratore, ravvisando la sua responsabilità nell’aver “compartecipato all’amministrazione della società e, più specificamente, avendo assunto (o non vigilato adeguatamente su) una serie di decisioni irregolari qualificate come particolarmente gravi”.
Segnatamente, secondo la Corte d’Appello, l’amministratore indipendente aveva omesso – nonostante l’evidente stato di confusione amministrativa e contabile della società (che aveva portato a perdite pari al 40% circa del capitale sociale) – di convocare l’assemblea per gli adempimenti di cui agli artt. 2446 e 2447 c.c. (azzeramento del capitale sociale con contestuale aumento, ovvero scioglimento della società).

Avverso il provvedimento della Corte d’Appello di Brescia, l’amministratore non esecutivo indipendente ha proposto ricorso per Cassazione sostenendo, inter alia, che non sussisterebbe, quanto meno nel sistema attuale, un dovere di vigilanza sulla gestione della società in capo ai consiglieri privi di deleghe.

2. Il quadro normativo di riferimento: il passaggio da un regime di responsabilità sostanzialmente oggettiva a un regime di responsabilità differenziato per amministratori deleganti e amministratori delegati

In breve si ricorda che prima della riforma del diritto societario, la possibilità di riconoscere un sistema differenziato di responsabilità tra amministratori deleganti e delegati era impedito dall’ambigua formulazione del secondo comma dell’art. 2392 c.c., il quale prevedeva che in ogni caso gli amministratori fossero solidalmente responsabili se non avessero vigilato sul generale andamento della gestione. Ciò ha prodotto l’inconveniente di estendere il regime della responsabilità solidale a tutti gli amministratori presenti in consiglio di amministrazione e di portare a una configurazione di responsabilità in senso sostanzialmente oggettivo.
Il Legislatore è intervenuto in modo significativo sulla disciplina relativa alla responsabilità degli amministratori con la riforma del 2003, determinando alcuni significativi cambiamenti. La disciplina delle prerogative gestorie degli amministratori si concentra nell’attuale formulazione dell’art. 2392 c.c. che impone agli amministratori di “adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze”.

In particolare, nell’attuale quadro normativo i presupposti essenziali per la responsabilità degli amministratori verso la società sono: (i) la violazione di doveri, tra i quali deve evidenziarsi come centrale quello di dotare la società di adeguati modelli organizzativi, amministrativi e contabili, ovvero il non avere adottato adeguate procedure o il non averle rispettate, (ii) tale violazione deve dipendere da comportamento posto in essere con dolo o colpa, laddove la colpa va individuata a contrario come assenza di diligenza, (iii) deve essersi verificato un danno al patrimonio della società; (iv) il danno deve essere stato causato proprio dal citato scorretto comportamento dell’amministratore.

3. Gli amministratori non esecutivi (indipendenti o meno) sono “amministratori deleganti” e rispondono per l’attività di “alta amministrazione” di tipo strategico

E’ opinione di chi scrive che la delega sia una attenuazione della regola della responsabilità solidale degli amministratori prevista per il modello di amministrazione pluripersonale: i delegati sono responsabili direttamente in relazione alle attribuzioni loro delegate, mentre i deleganti beneficiano di una limitazione della loro responsabilità diretta, alla quale corrisponde una responsabilità indiretta in relazione al(la violazione del) dovere di controllo. In particolare, nel rinnovato contesto normativo si è evidenziato che la responsabilità degli amministratori deleganti può astrattamente verificarsi nelle seguenti ipotesi: (i) per le materie non delegabili o non delegate; (ii) per le materie che, sebbene delegate, gli amministratori delegati abbiano comunque sottoposto a delibera del consiglio di amministrazione; (iii) per l’inosservanza del generale dovere di corretta amministrazione, di diligenza e di perseguire l’interesse sociale (art. 2392, comma 1°, c.c.); (iv) per l’inosservanza dei doveri tipici degli amministratori deleganti: ovvero dovere di controllo (art. 2381, comma 3° c.c.), dovere di agire in modo informato (art. 2381, comma 6° c.c.) e dovere di intervento (art. 2392, comma 2°, c.c.).

Tale sistema ha permesso di ricondurre la responsabilità nell’alveo della responsabilità personale, per colpa e da inadempimento. A bene vedere dunque la responsabilità indiretta che grava sugli amministratori deleganti per i danni derivanti dall’inosservanza dei propri doveri (art. 2392, comma 1°, c.c.), assume infatti natura solidale tra gli amministratori, solo in quanto deriva dall’inadempimento di una prestazione comune e va ricondotta nell’alveo della responsabilità da concorso di cui all’art. 2055 c.c..
Ciò significa che la differente prestazione debitoria degli amministratori deleganti e di quelli delegati, mantiene il vincolo di solidarietà con riferimento al risarcimento di quell’evento dannoso che ciascun coautore ha contribuito a che si verificasse: questa è definita infatti come responsabilità da concorso degli amministratori privi di delega per omesso svolgimento dei compiti di alta amministrazione e di controllo.

4. L’obbligo di agire in modo informato

Il sesto comma dell’art. 2381 c.c. codifica un principio cardine in tema di condotta degli amministratori, in base al quale essi sono tenuti ad agire in modo informato e sono legittimati a richiedere agli organi delegati che in consiglio di amministrazione siano fornite informazioni relative alla gestione della società.

Si possono, per opinione di chi scrive, delineare alcune caratteristiche dell’attività di controllo del consiglio di amministrazione e della correlata disciplina della responsabilità. In primo luogo l’attività di controllo appare circoscritta al materiale informativo reso dagli amministratori delegati, per il fatto che gli altri amministratori (non delegati ma deleganti) non dispongono di autonomi poteri di indagine e non sono legittimati a ricercare e richiedere informazioni ad altre funzioni aziendali.

Appare però opportuna una precisazione: se il dovere di informazione compete singolarmente ai singoli componenti del consiglio di amministrazione, questi non possono mai procedere individualmente ad atti di ispezione e controllo, ma possono solo richiedere al consiglio di amministrazione nel suo complesso di sollecitare gli amministratori delegati a fornire ulteriori informazioni in relazione alle materie delegate. In particolare si esclude che gli amministratori non delegati abbiano il potere di chiedere informazioni sulla gestione sociale direttamente ai dirigenti e al personale della società, disposizione che indirettamente conferma l’assenza nel nostro ordinamento di poteri ispettivi individuali degli amministratori.

E’ da notare che, pur essendo vero che l’istruttoria occorrente all’esercizio del controllo e della valutazione sul generale andamento della gestione è un diritto individuale di ogni singolo amministratore, è nel consiglio di amministrazione che tale istruttoria deve svolgersi.

5. Il dovere di intervento

Una volta delineato il regime di disapplicazione della responsabilità solidale per effetto del riparto di funzioni, è da notare che sono “in ogni caso” responsabili gli amministratori (in particolare quelli deleganti) “se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose” (art. 2392, comma 2°, c.c.), ossia per l’esercizio del dovere di intervento.

Ne deriva quindi che nelle materie delegate la responsabilità solidale è esclusa, salvo che i membri del consiglio di amministrazione non delegati, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli per la società, non abbiano fatto tutto il possibile per evitare le conseguenze dannose per la società o attenuarne il danno, sulla base delle informazioni rese dagli organi delegati e in forza del potere-dovere di richiedere informazioni agli organi delegati. Ovviamente, per il fatto che la responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori ha natura personale, questa non si estende a quello tra gli amministratori che, essendo immune da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del consiglio sindacale.

Il dovere di intervento in capo agli amministratori deleganti discende dunque non più dal generale dovere di vigilanza sulla gestione sociale, eliminato dal testo dell’art. 2392, comma 2°, c.c., ma dal dovere di agire in modo informato di cui all’ultimo comma dell’art. 2381 c.c., nonché dal dovere di impedire il compimento di fatti pregiudizievoli di cui siano a conoscenza e dal ruolo e dalla responsabilità concretamente assunti all’interno del consiglio di amministrazione da ciascun consigliere, seppure in posizione non esecutiva.

6. La procedimentalizzazione dei flussi informativi endoconsiliari

L’adeguatezza del flusso informativo è quindi cruciale al fine di determinare se i deleganti, nel concreto processo decisionale e gestorio, siano stati posti in grado di poter esercitare il dovere di controllo e di valutazione sui delegati. Gli amministratori deleganti sono responsabili non solo dell’obbligo di vigilanza sull’osservanza da parte dei delegati dei doveri informativi, ma anche, e prima, essi sono tenuti all’obbligo di controllo e valutazione dell’esistenza stessa di una adeguata procedimentalizzazione dei flussi informativi endoconsiliari.

7. La pronuncia in esame

La pronuncia in esame si pone nell’alveo dei precedenti giurisprudenziali sulla disciplina della responsabilità degli amministratori. Si conferma infatti l’essenzialità dell’obbligo di “agire informati” che grava sugli amministratori non esecutivi indipendenti in quanto amministratori “deleganti”.

La Suprema Corte, infatti, nel confermare la pronuncia della Corte d’Appello, afferma che – pur essendo scomparso nella normativa vigente qualsivoglia riferimento a uno specifico obbligo di vigilanza – l’amministratore indipendente ha comunque l’onere di valutare attentamente le informazioni acquisite spontaneamente o fornite dagli amministratori esecutivi, percependo i segnali di allarme a lui conoscibili e attivandosi con diligenza per evitare, limitare o eliminare le conseguenze dannose di una illecita gestione della società.

La conoscibilità dei segnali di allarme, pertanto, è uno degli elementi individuati dalla Cassazione per valutare la sussistenza della responsabilità dell’amministratore non esecutivo. Tale conoscibilità corrisponde, in negativo, all’elemento soggettivo della colpa, che può consistere, come nel caso di specie, nel non aver colto gli inequivocabili indici rivelatori di atti di mala gestio posti in essere dagli amministratori delegati e dunque nel non essersi adeguatamente attivato al fine di evitare l’evento.

Va dunque ricordato – per chi si assume l’onere di svolgere questo incarico – che il sistema della responsabilità degli amministratori privi di deleghe posto dagli artt. 2381 e 2392 c.c., conferma l’obbligo di vigilanza (anziché eliminarlo). La differenza sta nel fatto che tale obbligo di vigilanza non ha più ad oggetto “il generale andamento della gestione”, con conseguente generalizzata responsabilità solidale e oggettiva di tutti gli amministratori, bensì l’esplicazione di tutti i precisi obblighi rientranti nella nozione di “alta amministrazione” e, in particolare, nel “dovere di agire informato”.

In conclusione, dalla pronuncia in commento si desume che, secondo la Suprema Corte, gli amministratori indipendenti, al fine di andare esenti da responsabilità, non possono limitarsi ad addurre una generica ignoranza, ovvero l’insussistenza di un obbligo di vigilanza. Essi hanno, invece, l’onere di dimostrare di aver sempre agito in modo informato, valutando attentamente le informazioni acquisite per individuare gli eventuali segnali indicatori di pericolo da esse desumibili. Tutto ciò diventa giuridicamente comprensibile solo se si acquisisce la nozione di amministratore non esecutivo (a prescindere se esso sia indipendente o meno) come “amministratore delegante”. Esso stesso è dunque responsabile per quella eadem res debita che è il dovere di tutti gli amministratori di partecipare ai compiti di alta amministrazione e strategia.

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Annapaola Negri-Clementi associata Nedcommunity e curatrice della rubrica Dura Lex, è Managing Partner dello Studio Legale Associato Negri-Clementi ([email protected])


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