Lista del cda uscente: una nuova ipotesi di collegamento?
Il nuovo art. 147-ter.1 del TUF pone delicati problemi interpretativi e aumenta considerevolmente il grado di complessità dello statuto speciale delle società italiane quotate: vediamo quali sono i nodi da sciogliere e le possibili soluzioni
Getty ImagesLa Legge Capitali ha introdotto il nuovo articolo 147-ter.1 TUF, prevedendo una specifica disciplina per la presentazione delle liste da parte del consiglio di amministrazione in occasione del rinnovo. Diversi sono i profili interpretativi e applicativi che si sono posti (cfr. tra tutti lo Studio CNN n.43-2024 di M. Stella Richter e lo Studio FIN-GOV presentato da M. Belcredi e S. Bozzi lo scorso 16 settembre), quali ad esempio: (i) se la disciplina si applichi anche all’elezione del consiglio di sorveglianza; (ii) se possa essere presentata una lista anche da parte del consiglio di amministrazione “non uscente” in situazione di staggerei board; (iii) come vada individuato il numero dei “candidati da eleggere”, posto che la determinazione numerica dei componenti della lista del cda precede (di 40 giorni) la delibera dell’assemblea; (iv) le difficolta di ricerca dei consiglieri “ridondanti”, per un numero di quelli da eleggere “maggiorato di un terzo”, che rispettino i requisiti di una corretta composizione quali-quantitativa, per indipendenza, diversati e competenze, soprattutto ove trattasi di consiglieri sottoposti a regole di “fit&proper” come per banche e assicurazioni.
Oltre a ciò, la lista del cda uscente deve fare i conti con il tessuto proprietario italiano, tipicamente concentrato (secondo il Rapporto Consob 2023 sulla corporate governance delle società quotate italiane la quota del primo azionista è pari al 49%), anche con rappresentanza della proprietà nel board. Il tema del collegamento tra liste è quindi attuale e concreto.
Poniamo l’ipotesi che lista del cda arrivi seconda. Per effetto del richiamo dall’art. 147-ter.1 TUF all’art. 147-ter, comma 3, TUF, tale lista non deve essere “collegata in alcun modo, neppure indirettamente, con i soci che hanno presentato o votato la lista risultata prima per numero di voti”.
Si pone quindi il caso di verificare se l’introduzione della disciplina della lista del cda uscente nello statuto sia compatibile – nella sua applicazione concreta – con gli emittenti in cui il socio di controllo sieda (magari come presidente e magari unitamente ad altri familiari) nel consiglio uscente, ai fini dello scrutinio sull’esistenza di un rapporto di collegamento tra la lista del socio di controllo e la lista del consiglio, anche alla luce dell’art. 144-qunquies del Regolamento Emittenti. In sostanza, si tratta di evitare che il socio di controllo possa “organizzare” il voto su più di una lista (sfruttando anche quella del consiglio), assicurandosi più posti nel board di quelli che gli spetterebbero per effetto delle regole a tutela della minoranza.
Già nel 2021 era stato presentato un ddl che aveva previsto una presunzione di collegamento tra i soci di controllo e il cda uscente, con la conseguenza che se la lista del consiglio fosse giunta seconda per numero di voti, tale lista sarebbe stata tout court “esclusa dal riparto dei componenti da eleggere”, con l’effetto che, in assenza di una terza lista, il socio di controllo avrebbe guadagnato comunque tutti i posti nel board.
È auspicabile un intervento di Consob sul tema di chiarificazione dei criteri di collegamento che siano adattabili alla sopravvenuta fattispecie normativa. Ad esempio si potrebbe ipotizzare, mutatis mutandis dalla regolamentazione esistente (RE), la sussistenza di rapporti di collegamento rilevanti ai sensi dell’articolo 148, comma 2, TUF, fra un socio di riferimento e i candidati della lista del consiglio uscente, almeno nei seguenti casi: a) rapporti di parentela; b) appartenenza al medesimo gruppo; c) rapporti di controllo tra una società e coloro che la controllano congiuntamente; d) rapporti di collegamento ai sensi dell’articolo 2359, comma 3 del codice civile, anche con soggetti appartenenti al medesimo gruppo; e) svolgimento, da parte di un socio, di funzioni gestorie o direttive, con assunzione di responsabilità̀ strategiche, nell’ambito di un gruppo di appartenenza di un altro socio; f) adesione ad un medesimo patto parasociale previsto dall’articolo 122 del Testo unico avente ad oggetto azioni.
A queste fattispecie ben potrebbe aggiungersi il criterio di collegamento della presenza di un socio, o di un esponente di un gruppo aziendale di un socio, tra i candidati della lista del consiglio uscente.
Quale prima conclusione – anche memori del Richiamo di attenzione Consob del 2 dicembre 2021 sul caso Generali – potremmo ipotizzare che in ipotesi in cui il presidente del cda uscente fosse anche il socio di controllo, questi (i) non dovrebbe partecipare alla selezione dei candidati nella lista del cda uscente, (ii) non dovrebbe essere candidato in tale lista e (iii) non dovrebbe esprimere il proprio voto in seno al consiglio che approva (con la maggioranza qualificata dei due terzi) detta lista. Così almeno formalmente dovrebbe comportarsi il socio di controllo che siede nel cda uscente, fatte comunque salve eventuali ulteriori verifiche concrete in termini di capacità di “influenzare” il board nella scelta dei nominativi da inserire in detta lista del cda uscente: materia che peraltro attiene più all’abuso del diritto che alla disciplina di diritto.