DICIAMO LA NOSTRA a cura della Direzione
Questa rubrica promossa dalla Presidenza intende aprire un dialogo costruttivo con gli associati che desiderano dare il loro contributo di idee, suggerimenti e critiche per la crescita della Comunità. Siamo lieti di inaugurarla con l’intervista ad un socio prestigioso quale è Gian Maria Gros-Pietro1 che ringraziamo vivamente per aver accettato di rispondere alle nostre domande.
Che cosa non va in Italia nella governance?
La qualità della governance in Italia è notevolmente migliorata negli ultimi dieci anni. Alcuni fattori esterni hanno facilitato il processo, quali la maggiore apertura al capitale internazionale, l’accorciamento di alcune catene di controllo e la conseguente diluizione degli azionisti principali. Più di tutto ha influito il miglioramento della normativa, che ha imposto maggiore trasparenza negli atti consiliari, a tutela degli azionisti di minoranza e di quelli diffusi. Talvolta, tuttavia, i consigli di amministrazione non riescono ancora ad essere protagonisti delle scelte fondamentali dell’impresa: si dedicano piuttosto all’analisi delle proposte del management, senza sufficiente consapevolezza delle possibili alternative. Così facendo svolgono un ruolo più di controllo e di garanzia che di governance.
Quali i rimedi?
I consiglieri dovrebbero essere messi in condizione di valutare l’arena competitiva in cui opera la società,di conoscere le sue opportunità strategiche e il comportamento dei concorrenti attuali e potenziali, le performance comparate del management della società e dei suoi pari, gli atteggiamenti degli azionisti attuali della società, di quelli potenziali e anche di quelli che per qualche motivo sono usciti dal capitale. Insomma, il consiglio di amministrazione di una società a capitale diffuso dovrebbe poter esprimere, nei confronti del management, un distacco e una capacità di giudizio non dissimile da quelli che è in grado di esercitare un imprenditore familiare. Per esempio, il consiglio dovrebbe essere in grado di rispondere, all’occorrenza, a domande quali: il nostro management è adeguato? Le sue proposte massimizzano i vantaggi competitivi dell’impresa? C’è un piano coerente di costruzione di valore nel lungo termine? Per raggiungere questo risultato è necessario che i consiglieri, ancorché scelti tra persone di elevata professionalità, ricevano una specifica formazione relativa ai campi di attività della società e vengano alimentati con informazioni che non si limitino ad illustrare le proposte elaborate dal management.
Cosa si aspetta da Nedcommunity?
Mi aspetto che continui nell’azione fin qui svolta, con professionalità, costanza, misura e determinazione. Non bisogna mai dimenticare che il consigliere di amministrazione indipendente, che può essere indicato sia dagli azionisti di maggioranza che da quelli di minoranza, non è al servizio né dei primi né dei secondi, ma della società. La sua terzietà è l’unico apporto che lo distingue e lo rende indispensabile, al fianco dei consiglieri “non indipendenti”. In particolare in determinati frangenti, quali le transazioni tra parti correlate o le decisioni concernenti nomine e remunerazioni. Il consigliere indipendente, tuttavia, non può immaginarsi come contrapposto a quelli “non indipendenti”, i quali rappresentano quasi sempre il capitale di rischio stabilmente vincolato alla società, quello che in molti casi ne è stato all’origine e che è destinato a sorreggerla nei momenti difficili e a fornire le risorse per il suo sviluppo di lungo termine. Questo capitale è la risorsa più preziosa della società, anche perché se la sua presenza non fosse stabilmente assicurata, anche prospetticamente, diventerebbe difficile per l’impresa attirare o trattenere manager di qualità. Vi è una distinzione di ruoli che va rispettata: i manager hanno il compito di creare valore, sotto la guida e l’impulso degli azionisti-imprenditori, in primo luogo quelli di lungo termine, che, proprio in quanto intendono sviluppare un’azione imprenditoriale, di solito assumono posizioni di controllo attraverso propri rappresentanti in consiglio. L’azione del consigliere indipendente non è diretta a limitare questa assunzione di responsabilità, bensì ad affiancarla apportando il contributo di un differente punto di vista. L’esperienza delle persone associate in Nedcommunity può aiutare a delineare i comportamenti più idonei a svolgere un ruolo delicato e gravoso, che richiede determinazione e sensibilità.
Finora lo ha ottenuto?
Non avrei aderito a Nedcommunity se non fossi convinto che essa sta svolgendo il suo compito in maniera appropriata ed efficace. La sua azione è andata crescendo e rafforzandosi nel tempo e credo risulti ancora più importante oggi, dati i difficili momenti che i mercati stanno vivendo.
Cosa suggerirebbe?
Difficile suggerire. Le cose da fare sono molte, ma è importante collocare i diversi obiettivi in un ordine di priorità, graduandone il raggiungimento nel tempo. Vi sono opportunità evidenti la cui valorizzazione non sembra presentare particolari ostacoli. Penso ad esempio all’aumento della partecipazione femminile nei consigli: oggi esiste un numero consistente di donne altamente professionalizzate che costituiscono un potenziale inutilizzato, rispetto alla partecipazione ai consigli di amministrazione. Altri temi appaiono più complessi, come ad esempio il maggiore coinvolgimento, rispetto ad oggi, dei consiglieri indipendenti in alcune decisioni critiche: un coinvolgimento che implica un aumento di impegno e di responsabilità, da considerare attentamente affinché non si venga a scalfire la loro effettiva indipendenza. Credo che una associazione composta e guidata da persone che vivono questi problemi ad alto livello sappia individuare i percorsi e graduare i passi.
Nota
1. Dirige il Dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell’Università Luiss di Roma ; è stato presidente di IRI ed ENI ; siede nei CdA di numerose società quotate e non ; è presidente del Credito Piemontese.