Diciamo la nostra
Questa rubrica promossa dalla Presidenza intende alimentare un dialogo costruttivo con gli Associati che desiderano dare il loro contributo di idee, suggerimenti e critiche per la crescita della Comunità In questo numero ospitiamo l'intervista a Roberto
Questa rubrica promossa dalla Presidenza intende alimentare un dialogo costruttivo con gli Associati che desiderano dare il loro contributo di idee, suggerimenti e critiche per la crescita della Comunità In questo numero ospitiamo l’intervista a Roberto Nicastro(*) che ringraziamo per aver accettato di rispondere alle nostre domande.
L’intervista
Quali sono secondo lei i fattori che contribuiscono maggiormente a un funzionamento efficace di un Consiglio di Amministrazione.
Un Consiglio di Amministrazione in fondo è un caso un po’ speciale (ma neanche troppo) di “Team”, in cui il successo si basa su comunanza degli obiettivi, complementarietà delle competenze apportate, chiarezza dei ruoli, attitudini e cultura dei “giocatori” della squadra.
La comunanza degli obiettivi viene talvolta data per scontata ma non dovrebbe invece esserlo, mai. Non è semplicemente una questione di apprezzare la omogeneità o eterogeneità di obiettivi tra consiglieri dipendenti e indipendenti, quanto più di comprendere con lucidità i punti di equilibrio e i trade-off tra gli shareholder e gli altri stakeholder, tra orientamento al breve e al medio-lungo. È mia forte (e probabilmente impopolare) convinzione, per esempio, che nel settore bancario lo stakeholder più trascurato nell’ultimo decennio in realtà sia stato proprio l’azionista, forse come riflesso di un’attenzione totalizzante assunta in precedenza.
Il chiaro e apprezzabile trend di rafforzamento della corporate governance in Italia negli ultimi decenni ha condotto ad un marcato rafforzamento delle competenze nei Consigli e l’attenzione alla Governance di regolatori, mercato e media ad un miglior mix in ciascun Consiglio. È giusto altresì evidenziare che vi è ancora strada da fare e peraltro la velocità con cui evolve l’ecosistema in cui opera l’azienda apre continuamente nuovi gap di competenze nei Board. Nel settore bancario, per esempio, le competenze tecnologiche e digitali necessarie per garantire lo steering del CdA e fare vero costruttivo challenge rispetto a molte scelte strategiche sono raramente adeguate. E appaiono sempre più decisive, in banca ma anche fuori, le competenze di “talent” e “reward management” per guidare le politiche di incentivazione, i piani di successione e per lo steering strategico della gestione risorse umane.
La chiarezza dei ruoli è funzione delle regole esterne e di quelle che la singola azienda si è data (statuti, regolamenti, etc). Anche qui si sono fatti passi da gigante nella evoluzione normativa come nella declinazione pratica. Va salutato con soddisfazione il quadro molto migliore della governance societaria in Italia. E in parallelo evidenziati i fronti di ulteriore chiaro progresso necessario: le norme sono spesso stratificate, i Testi Unici chiarificano meno del desiderabile o non sono sempre realmente Unici e onnicomprensivi. Sul fronte bancario va ad esempio rilevata la necessità di una rilettura della c.d. circolare 285 che, dopo aver raggiunto con chiaro successo lo scopo di aumentare visibilmente l’efficacia della governance e dei sistemi di controllo nelle banche, oggi ingenera diverse duplicazioni di ruolo (eg Comitati Rischi vs Audit vs Collegio Sindacale o vs Comitato per il Controllo sulla Gestione per i casi di monistico) che erodono non solo l’efficienza ma in realtà la stessa efficacia dei controlli.
Da ultimo, anche un perfetto dosaggio deli elementi “hard” del team (obiettivi, competenze, ruoli) va accompagnato dagli appropriati elementi “soft”: intelligenza emotiva, capacità di comunicazione e di ascolto, di gestione del tono consiliare e della dialettica costruttiva, consapevolezza delle dinamiche di team, valori e culture condivisi….
In quale direzione la governance dovrebbe spingersi?
A costo di essere ripetitivi, si deve partire dalla soddisfazione per i materiali progressi fatti dalla governance in Italia, che ha saputo colmare o ridurre chiari passati gap con le migliori pratiche.
Ciò detto, da noi come nel resto del mondo, le sfide per la qualità della corporate governance sono molto robuste. La principale è sempre di più quella di definire con chiarezza il “Purpose” delle società, l’equilibrio tra stakeholder che si vuole perseguire, i principi che ne derivano e con esso il giusto bilanciamento di obiettivi a breve e a lungo termine e in particolare la sua declinazione tangibile in comportamenti concreti. Un esercizio dato per scontato ma che si fa poco nei Board. Il recente manifesto della Business Roundtable ha un importante valore simbolico, anche se rischia di tradursi spesso in operazioni di make-up o piuttosto sterili. Sarebbe obiettivamente importante darvi concretezza magari concentrandosi su pochi temi pratici relativi agli “altri” stakeholder più prossimi all’azienda, su singoli “tradeoff chiave”. Senza mai dimenticare, peraltro, che le aziende nascono e sono spinte dallo stakeholder “azionisti”.
Pensando a una priorità nostra, italiana, credo si debba essere ancor più ambiziosi nello sviluppo delle competenze e nella selezione dei consiglieri.
Cosa si aspetta da Nedcommunity e cosa suggerisce?
Nedcommunity è un eccellente foro di incontro, di formazione e di grande arricchimento che è già operativo su parecchi preziosi fronti; difficile dare suggerimenti.
Penso che continuare nell’azione sin qui svolta per mettere a fuoco e cristallizzare bene il concetto di indipendenza (come altri hanno scritto “Da Cosa? Da Chi?”) sia un contributo fondamentale, anche aiutando a chiarire meglio lo stesso quadro normativo e di autoregolamentazione in cui ci si muove.
Quali altri temi dovrebbero essere approfonditi da Nedcommunity?
Mi sembra che Nedcommunity operi già in parecchie importanti direzioni. Ho richiamato in precedenza il manifesto della Business Roundtable e la necessità di declinarlo con atti anche piccoli ma concreti, qui lo scambio di best practice può essere molto prezioso.
Aggiungerei due aree di potenziale focus.
Diventare un centro di competenza per il rafforzamento delle skill “soft” sempre più importanti in modo trasversale per la governance di tutti i settori, anche contando sugli scambi di informazioni, suggerimenti e buone pratiche tra membri della comunità.
Focalizzarsi ulteriormente sullo sviluppo delle start-up e sulle specifiche problematiche di governance che le differenziano rispetto alle aziende più mature: le diverse sfaccettature del rischio e di risk appetite, il rapporto con i venture capital, la gestione di molteplici classi di shareholder, i potenziali trade-off tra crescita e controlli, i mutamenti necessari all’evolversi dei cicli di vita della start-up e diversi altri temi contigui.
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(*) Roberto Nicastro
Roberto Nicastro, classe 1964, da aprile 2019 è Vicepresidente di UBI Banca. È inoltre Advisor Europa per Cerberus Capital, uno dei principali Private Equity Funds globali nel settore bancario/finanziario. Da luglio 2018, è Presidente di Officine CST, società di gestione del credito verso la Pubblica Amministrazione, controllata da Cerberus Capital. È, inoltre, attivo come “angel investor” nel settore Fintech. Nel 2015-17, è stato Presidente delle 4 Good Banks (Chieti, Ferrara, Etruria, Marche) con il compito di metterle in sicurezza e cederle per conto del Fondo di Risoluzione di Banca d’Italia, nel quadro della BRRD (primo caso di Bail-In in Europa). In precedenza, ha lavorato per 18 anni presso il gruppo Unicredit dove entrò nel 1997 come Responsabile della Pianificazione sino a diventarne il Direttore Generale nel 2011. In Unicredit, tra l’altro, ha avuto responsabilità di creare e guidare la Divisione Centro Est Europa e la Divisione Retail. Nel periodo 2010-2012, è stato Chairman della European Financial Marketing Association; nel 2014-2015 ha assunto la carica di Vicepresidente Vicario dell’ABI. Prima ancora, ha lavorato con McKinsey & Co. e con Salomon Brothers a Londra.
Le precedenti interviste sono state fatte a:
- Gianmaria Gros Pietro _ N° 4
- Giovanni Maria Garegnani _N° 5
- Carolyn Dittmeier _ N°6
- Mario Noera _N°7
- Maria Luisa Di Battista _N° 8
- Ferruccio Carminati _N° 9
- Salvatore Maccarone _N° 10
- Giancarlo Pagliarini _N° 12
- Marco Cecchi de’ Rossi _N° 13
- Alberto Battecca _N° 14
- Roberto Cravero _N° 15
- Marco Rescigno _N° 16)
- Elisabetta Magistretti _N° 17
- Marco Onado _N° 18
- Enrico Maria Bignami _N° 19
- Laura Iris Ferro _N° 20
- Elisabetta Oliveri _N° 21
- Piero Manzonetto _N° 22
- Ferdinando Superti Furga _N° 23
- Karina Litvack _N° 27
- Anna Chiara Svelto _N° 29
- Maria Pierdicchi _ N° 30
- Paola Galbiati _N° 31
- Alberto Borgia _N° 32)
- Elisabetta Gualandri _N° 33
- Pietro Guidani _ N° 34
- Francesco Moroni _ N° 37
- Barbara Poggiali _ N° 38
- Stefano Pareglio, Sabrina Bruno, Franco Amelio_ N° 40
- Mikaela Marcarini _ N° 41