Banche e Finanza

Criptovalute: il mercato in Italia verso la regolamentazione

L’EU mira a mettere ordine in materia di servizi finanziari per creare un’economia pronta alle sfide del futuro. Si apre così una nuova fase regolamentare anche per i cripto-asset. Anche in Italia lo spazio si amplia e la normativa si prepara alla sfida

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Mentre negli USA i mercati delle criptovalute sono in grande spolvero per le aspettative di regole (ancora) meno rigorose, basandosi sulle previsioni di un ritorno di Trump alla Casa Bianca, l’EU un po’ si consola con il Regolamento MICAR (Markets in Crypto-Assets Regulation) e in Italia gli operatori iniziano a confrontarsi con il decreto legislativo di attuazione approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri il 24 giugno scorso.

Il Regolamento MICAR (UE 2023/1114) distingue gli strumenti digitali in: token di moneta elettronica (electronic money tokens, EMT), il cui valore è legato a quello di una sola valuta ufficiale; token collegati a una o più attività sottostanti (asset-referenced tokens, ART); una categoria residuale, che include i cripto-asset non garantiti e gli utility tokens. Solo gli EMT e gli ART appartengono alla categoria delle stablecoins e rientrano nel perimetro della regolamentazione[i]. Questa spazia da requisiti di trasparenza e pubblicità a requisiti operativi, organizzativi e di governance necessari per l’autorizzazione, fino alla protezione dei clienti e alla prevenzione dai fenomeni di market abuse. L’impostazione è data dal principio “stessa attività, stessi rischi, stesse norme” e dal principio della neutralità tecnologica.

Il ruolo di Consob e di Bankitalia

Il decreto legislativo in predisposizione affida i poteri di vigilanza sui prestatori di servizi relativi ai cripto-asset alla Consob e alla Banca d’Italia, secondo la tradizionale ripartizione di competenze.  Alla Consob tocca il prospetto informativo (White paper) e la supervisione sulle offerte al pubblico e sulle operazioni sul mercato finanziario; la Banca d’Italia vigila sulla stabilità patrimoniale degli emittenti e sul contenimento dei rischi. Ampi sono i poteri di controllo, con i tradizionali accertamenti ispettivi e provvedimenti cautelari. Completano il quadro robuste sanzioni penali e amministrative. Per contrastare il pericolo di confusione tra il patrimonio dell’emittente e quello dei clienti i cripto-asset costituiscono un patrimonio separato, sul quale non sono consentite azioni da parte dei creditori.

Il mercato italiano in crescita

In questo scenario, merita attenzione il recente report dell’OAM (Organismo Agenti Mediatori) sui prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e di portafoglio virtuale (VASP)[ii], ricco di informazioni sull’evoluzione del mercato italiano delle criptovalute.

Il numero di operatori iscritti nel registro dei prestatori di servizi presso l’OAM[iii] è cresciuto da 132 a 144, anche se il mercato è, nei fatti, molto concentrato. La crescita è netta: il totale delle valute virtuali ha superato i 2,7 miliardi di euro (+85%), come anche il numero dei soggetti che le detengono (+13%). In sintesi, circa 1,3 milione di clienti (salvo rare eccezioni, persone fisiche) detengono criptovalute; ad operare sono soprattutto i più giovani (entro i 29 anni, seguiti dai clienti entro i 39). Prevalgono il Nord (48%) e il Centro (24%), ma molti clienti provengono dall’estero (16%). Però La maggior parte delle valute virtuali è detenuta da clienti con età compresa tra i 40 e i 60 anni e da società con sede legale nel Nord Italia. Secondo un sondaggio della Banca d’Italia dello scorso anno il 2,2% delle famiglie risulta detenerne. Tutti prediligono, in ogni caso, i VASP maggiori (n. 9), diffidando dei piccoli (verosimilmente per le numerose truffe di cui si è avuta notizia). 

L’OAM ha reso anche noti i risultati di una indagine conoscitiva, svolta in collaborazione con Banca d’Italia e Consob, sull’interesse a svolgere in Italia attività rientranti nell’ambito applicativo MICAR. Tra i VASP (Virtual Asset Service Providers) prevale ancora l’incertezza, ma molti sembrano preferire l’autorizzazione di altro Stato EU; una piccola minoranza di VASP sarebbe invece intenzionata richiedere in Italia l’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria o dell’attività di istituto di moneta elettronica al fine di offrire al pubblico anche token di moneta elettronica.

Qualche conclusione è possibile. L’onda lunga del mercato delle criptovalute è sicuramente arrivata in Italia, con alcune caratteristiche forti. Per effetto della regolamentazione il mercato tende a segmentarsi: da un lato c’è l’inclusione nella finanza tradizionale, che rafforza i principali siti di exchange, dall’altro c’è la tendenza opposta ad incanalarsi verso le giurisdizioni extra EU e le aree del web più opache e tolleranti alle pratiche illecite. Sicuramente – anche se sotto il cappello del Regolamento MICAR – vi sarà poi un arbitraggio verso le giurisdizioni europee meno impegnative e più competitive, con la prospettiva di un’ampia fetta di operatività svolta in Italia dall’estero (come avviene per gli istituti di pagamento).

Può aumentare la consapevolezza della ripartizione dei prodotti cripto tra stablecoins e cripto-asset non garantiti (non emessi da un operatore e privi di ogni valore intrinseco); questi ultimi configurano una mera scommessa, ma anche le prime, in assenza di una regolamentazione adeguata, sono particolarmente vulnerabili a “corse ai riscatti”[iv].

Di notevole interesse è, infine, l’atteggiamento del sistema bancario italiano[v]. Secondo la BCE e secondo la Banca d’Italia la massima parte delle banche vigilate si è tenuta (finora) alla larga dai cripto-asset[vi]. Ma a questo punto proprio la regolamentazione europea può aprire un canale di confluenza tra il sistema bancario e il mercato dei cripto-asset. Infatti, in una prospettiva di level playing field, la MICAR prevede che banche e imprese di investimento [vii]possano emettere stablecoins con offerta al pubblico e ammissione alla negoziazione su una piattaforma, previa notifica alle Autorità. Ma sempre a condizione che le future relazioni con operatori e prodotti cripto siano poi opportunamente coperte da requisiti prudenziali, da adeguati controlli e dal rispetto delle disposizioni antiriciclaggio. Quest’ultimo sembra il punto: come le stablecoins rientrano nella regolamentazione finanziaria, così i rischi per i cripto-asset non possono che essere sottoposti alle regole di vigilanza bancaria. Comunque sia, è un mondo nuovo.

Le trasformazioni nel mondo della finanza che convergono sono davvero tante: dalla rendicontazione ESG all’intelligenza artificiale, dalla cybersecurity alle piattaforme digitali e ai cripto-asset. Più che una serie di sfide in contemporanea sembra trattarsi di una (rapida e diffusa) evoluzione darwiniana della specie, che impone di adattarsi per tempo ai cambiamenti imposti dal contesto esterno.


[i] L’applicazione integrale del Regolamento scatta al 30 dicembre 2024; le disposizioni sui token collegati ad attività (ART) e sui token di moneta elettronica (EMT) sono già operative dal 30 giugno 2024.

[ii] Quarto e quinto flusso informativo trasmessi all’OAM dai prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e di portafoglio digitale.

[iii] Sul registro va ricordato che si tratta di una mera iscrizione senza che vi siano tutele per la clientela.

[iv] Fabio Panetta, Le banche e l’economia: credito, regolamentazione e crescita – Assemblea ABI, 9 luglio 2024.

[v] Luigi Donato, Cripto-asset e banche. Rischi per la stabilità finanziaria e regolamentazione, Bancaria 5/2023.

[vi] Banca d’Italia, Bollettino economico n. 1/2023.

 

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