Convegni
Tenutasi a Miano il 15 maggio, questo è stato il primo incontro del 2017. In apertura dei lavori, Paola Schwizer ha introdotto il tema dell’Executive Remuneration affrontato partendo dai risultati di una survey promossa da Nedcommunity e Mercer che
LE PRIME TRE COMUNITA’ DI PRATICA DELL’ANNO
1a. Back to the future. Le prospettive dell’Executive Remuneration. Outlook 2020
Tenutasi a Miano il 15 maggio, questo è stato il primo incontro del 2017.
In apertura dei lavori, Paola Schwizer ha introdotto il tema dell’Executive Remuneration affrontato partendo dai risultati di una survey promossa da Nedcommunity e Mercer che consente di cogliere spunti di riflessione e discutere su indirizzi e orientamenti che gli stessi amministratori indipendenti potrebbero promuovere all’interno dei consigli di amministrazione.
Nell’articolo d’apertura di questo numero, Sandro Catani, Senior Advisor di Mercer Italia, curatore della survey ed Enrico Maria Bignami, Consigliere di Nedcommunity, illustrano e approfondiscono ampiamente lo spirito di questa indagine.
Per quanto riguarda la tavola rotonda, l’introduzione è affidata al moderatore, Marco Valerio Morelli, A.D. di Mercer Italia che inizia i lavori chiedendo a Diva Moriani, Amministratore indipendente ENI, Generali, Moncler, se il TSR è un elemento chiave e quali altri indicatori è possibile utilizzare. Morelli premette che bisogna tener presente che il nostro mercato è diverso da molti dei mercati europei per volumi di transazioni, possibili impatti del nostro debito pubblico e per le difficoltà congiunturali che fanno si che il mercato non rifletta subito le performance aziendali che spesso manifestano i propri effetti al termine dei mandati del management.
Il TSR provoca sempre un importante confronto nei comitati di remunerazione, sottolinea Diva Moriani, perché si vogliono allineare gli interessi degli investitori e le decisioni del management e la motivazione del management è fattore di grande importanza. Spesso si utilizzano accanto al TSR indicatori collegati al business dell’azienda. E’ possibile individuare parametri di valutazione specifici per prendere in considerazione obiettivi a lungo termine di strategie e progetti e ogni azienda ha bisogno di far riferimento a parametri e KPI specifici per il suo settore ed il suo business. In periodi di discontinuità, prosegue Morelli, i manager fanno sempre più appello a premi di natura discrezionale, ma è possibile inserirli all’interno di un sistema di remunerazione?
Secondo Romina Guglielmetti, Amministratore indipendente Tod’s, Sindaco ENEL e Presidente di Banca Esperia, la discrezionalità non è in contrasto con un buon sistema di remunerazione a patto che venga ben definita. Fatta eccezione per le banche, che hanno indicazioni precise per le politiche di remunerazione, per le altre aziende spesso mancano delle linee guida che consentano di costruire politiche di remunerazione chiare e tali da consentire anche agli azionisti di comprenderle in sede di assemblea. Nelle società a maggiore capitalizzazione che adottano politiche di remunerazione chiare e strutturate, il principio di discrezionalità non crea problemi se vengono esplicitati in maniera trasparente gli obiettivi al raggiungimento dei quali si ottengono premi di natura discrezionale. Quando gli obiettivi del management sono raggiungibili in un lasso di tempo maggiore rispetto al mandato, prosegue Romina Guglielmetti, è possibile utilizzare dei meccanismi incentivanti che promuovano questa visione di lungo periodo, come, ad esempio, inserire tra gli obiettivi dei CEO la strutturazione di piani di successione idonei a perseguire nel lungo termine gli obiettivi che vanno oltre il loro mandato.
Gli interventi proseguono con Veronica Vari, ESG Senior Advisor di Georgeson, che porta il punto di vista dei Proxy Advisor e i primi risultati 2017 sulle remunerazioni a seguito delle Assemblee di alcune società quotate. Il tema delle remunerazioni sta assumendo rilevanza crescente, afferma Veronica Vari, anche in considerazione della presenza di investitori istituzionali internazionali sul nostro mercato e della loro attenzione ai sistemi di remunerazione. L’analisi delle relazioni sulla remunerazione degli anni 2015-2016 evidenzia la riduzione di una serie di criticità rilevate in passato sul nostro mercato e un progressivo allineamento alle best practices internazionali. Il trend positivo sembra continuare nel 2017, dall’analisi dei dati fino ad oggi a disposizione.
Riprende la parola Marco Morelli per domandarsi se ci sia dialogo tra aziende e Proxy Advisors, visto che in qualche caso i piani di remunerazione delle aziende vengono ‘bocciati’ dai Proxy Advisors.
Secondo Diva Moriani, il dialogo esiste ma è spesso difficile e le modalità di comunicazione evidentemente sono da migliorare, come le opportunità di collaborazione. Il comitato remunerazione, prosegue, ha un compito delicato nelle aziende e deve essere composto da membri con competenze manageriali per poter attivare con il management uno scambio di opinioni e confronti che si basi su una comune conoscenza del business e delle dinamiche di gestione. Le politiche di remunerazione devono essere coerenti con dei piani di lungo termine e allineate alle caratteristiche dell’azienda e del suo business.
Romina Guglielmetti aggiunge che competenze ed esperienze manageriali nei comitati sono fondamentali. I comitati per le remunerazioni potrebbero anche occuparsi dei piani di successione. Il codice di autodisciplina assegna questo compito al comitato nomine che, però, è poco presente nelle aziende e dunque un comitato remunerazione con competenze manageriali potrebbe certamente svolgere efficacemente questo compito.
2a. L’informativa non finanziaria ex D.lgs. 254 del 30 Dicembre 2016. Quale nuova leadership per gli amministratori indipendenti?
Il 28 giugno, ancora a Milano, si è tenuta la Comunità organizzata da Nedcommunity in collaborazione con UBI Banca.
L’intervento di apertura è stato affidato a Letizia Moratti, Presidente del Consiglio di gestione di UBI Banca che, dopo una panoramica sull’evoluzione del contesto regolamentare, finanziario e di attenzione dei consumatori verso la sostenibilità, ha illustrato il commitment di UBI Banca verso i temi rilevanti della responsabilità sociale e della sostenibilità. Ambiente, aspetti sociali, gestione del personale, diritti umani, lotta alla corruzione attiva e passiva vedono già da tempo la banca impegnata in numerose attività che vengono quantificate nei risultati presentati.
Paola Schwizer, affronta invece il tema dell’impatto della normativa sul ruolo degli amministratori indipendenti, visti come garanti dell’obiettività dell’informativa non finanziaria. Essi possono dare un significativo contributo su più fronti: affermare la valenza strategica del tema e chiedere che venga inserito nell’agenda del CdA quando si trattano temi di strategia; promuovere la visione dell’informativa non finanziaria come opportunità per un’analisi ed un’eventuale modifica dei modelli di business; stimolare la riflessione su attività volte a sviluppare e consolidare la relazioni con controparti interne ed esterne che incidono sulla reputazione e fiducia verso l’attività dell’impresa. Studi recenti dimostrano che in Italia il 44% degli EIP è già compliance con la normativa ma in oltre la metà mancano del tutto KPI per la valutazione delle attività. Le regole, prosegue il Presidente Ned, consentono di migliorare la qualità dell’informativa ma da sole non bastano. Possono fare la differenza, invece, la ricerca delle interrelazioni tra variabili di carattere finanziario e non finanziario e la definizione di strategie di lungo periodo. L’adattamento alla normativa, conclude, richiederà cambiamenti nella governance e nella composizione dei board, che dovranno presentare competenze e sensibilità diverse.
La parola passa quindi al regolatore con l’intervento di Gianpaolo Ruggiero del Dipartimento del Tesoro – MEF che sottolinea come il legislatore abbia fatto un passo in più rispetto al recepimento della sola Direttiva UE 95/2014 introducendo istituti specifici come la redazione della relazione non finanziaria su base volontaria, per promuovere lo sviluppo dell’attenzione alla sostenibilità e all’adozione di strategie di lungo periodo anche presso le aziende non incluse tra gli EIP destinatari della norma. Il legislatore italiano ha poi scelto di sottoporre la relazione non finanziaria a verifica per assicurare che le informazioni contenute nel documento siano credibili e affidabili. La norma ha definito un ambito applicativo coincidente con quello minimo previsto dalla direttiva ed è improntata al principio della flessibilità nell’adozione degli standard di riferimento per la redazione, in modo da rendere più semplice il passaggio da un regime volontario ad uno obbligatorio.
Guglielmina Onofri di Consob ha richiamato il principio della flessibilità come linea guida adottata nella definizione delle sue attività in merito all’applicazione della nuova normativa. Il 21 Luglio 2017, Consob ha pubblicato il Regolamento, attualmente in consultazione, predisposto in ottemperanza al D.lgs 254/2016 che individua in Consob il soggetto deputato a vigilare sul rispetto della normativa e ad applicare le eventuali sanzioni amministrative. Il Regolamento stabilisce, in merito alle modalità di trasmissione diretta alla Consob della dichiarazione non finanziaria, un regime diversificato per gli EIP e le aziende che redigono la relazione su base volontaria che hanno anche l’onere di trasmissione degli accertamenti effettuati dall’organo di controllo su eventuali violazioni delle disposizioni. La Consob pubblicherà annualmente l’elenco delle aziende che hanno redatto la relazione non finanziaria sia su base normativa che volontaria. Le aziende non quotate che redigono la relazione su base volontaria sono tenute al deposito presso il registro delle imprese e alla pubblicazione sul loro sito web. La Consob estende il criterio di base campionaria anche all’attività di vigilanza sul rispetto di questa normativa. I parametri da valutare per l’inserimento delle società nel campione di vigilanza sono integrabili ogni anno e Consob, ogni anno con apposita delibera, determinerà i criteri di selezione delle DNF da assoggettare a controllo adottando anche un approccio basato su selezione casuale e/o rotazione. Le verifiche di conformità, saranno effettuate conformemente agli orientamenti della Commissione europea pubblicati il 26 giugno 2017. Il regolamento prevede, infine, che il soggetto incaricato della revisione legale dovrà riferire, in una sezione separata della relazione di revisione contabile sul bilancio, se la relazione non finanziaria è stata approvata. L’attestazione prevista sulla verifica delle informazioni non finanziarie sarà nella forma di una limited assurance, garantendo tuttavia flessibilità alle aziende che decideranno di produrre un’attestazione nella forma più completa della reasonable assurance.
Sara Lovisolo di Borsa Italiana inizia la sua relazione spiegando che Borsa Italiana ha interpretato la rendicontazione non finanziaria nell’ambito del dialogo che le aziende hanno con gli investitori. La guida sul report ESG redatta da Borsa, del tutto volontaria, nasce dalla richiesta degli investitori globali presenti nel FTSE MIB relativamente alle nostre imprese. La rendicontazione non finanziaria, aggiunge il relatore, deve far emergere una strategia dell’azienda che vada oltre gli aspetti contabili ma abbia nella visione di lungo termine un valore aggiunto fondamentale per gli investitori ed è necessario un allineamento a standard globali, sottolinea, perché le aziende competono in un mercato globale.
Mario Boella di ASSIREVI espone il punto di vista dei revisori e sottolinea che il Board è chiamato da tempo all’analisi dei rischi derivanti da fattori ambientali e sociali e pensando agli effetti che questi rischi possono avere sulle aziende, come il rischio reputazionale, dobbiamo parlare certamente di aspetti financial. La normativa richiede al revisore due cose: accertare che sia stata redatta la relazione non finanziaria e, allo stesso soggetto o ad altro revisore, una attestazione di conformità delle informazioni fornite. Il revisore, tuttavia, è in grado di svolgere questi compiti solo se vengono esplicitati gli standard di riferimento nella redazione dell’informativa e se viene fatto riferimento ad uno standard di lavoro per l’attività del revisore nella verifica.
Simone Chelini di Assogestioni si dice d’accordo sulla natura finanziaria degli aspetti trattati dalla relazione non finanziaria, considerando i possibili impatti sul business dell’azienda, e sottolinea il ruolo degli amministratori indipendenti nel dirigere le aziende verso la sostenibilità come cultura d’impresa.
Margherita Bianchini di ASSONIME focalizza il suo intervento sul necessario cambiamento culturale che le aziende devono affrontare e condivide la flessibilità adottata dal legislatore per consentire alle aziende che già redigono relazione non finanziaria di continuare su questa strada.
Per Fulvio Rossi, CSR, il passaggio dalla volontarietà all’obbligatorietà della dichiarazione non finanziaria avrà un impatto importante anche sulle aziende che già la producono per via della richiesta contestualità di presentazione con il bilancio di esercizio. L’esame di materialità per definire le informazioni da inserire nella relazione, conclude, dovrebbe essere condotta secondo uno standard di riferimento, per assicurare che le informazioni riportate coincidano con gli interessi degli stakeholders.
L’intervista di Patrizia Giangualano di UBI Banca al Presidente di A2A Giovanni Valotti fa emergere la prima delle best practice in materia di relazione non finanziaria. La scelta della redazione del bilancio sociale nasce da una valutazione del posizionamento strategico dell’azienda. La sostenibilità è considerata fattore distintivo e competitivo dell’azienda, ha esordito Valotti. A2A ha redatto il documento ‘Politica di sostenibilità A2A al 2030’ che ha individuato 4 aree chiave sulla base delle quali ha costruito le sue politiche di sostenibilità al 2030. Per ognuna delle aree sono stati individuati valori target e costruiti kpi e nell’MBO di tutti i dirigenti dell’azienda è presente almeno uno degli obiettivi di sostenibilità. Nel 2016 l’azienda ha presentato il primo bilancio integrato. Valotti ha ribadito la necessità di far riferimento a standard internazionali per garantire la valutazione degli impatti delle attività e perché le informazioni siano certificabili. Perché le politiche di sostenibilità trovino la giusta implementazione, conclude, è necessario il coinvolgimento del board e gli amministratori indipendenti esercitano un ruolo significativo nella promozione di politiche di sostenibilità. Quest’ultimo concetto è ripreso da Andrea Moltrasio, di UBI Banca, che ribadisce come la corporate social responsibility deve avere il commitment del Board. In UBI se ne occupa il comitato nomine, presieduto dal presidente del consiglio di sorveglianza.
La parola passa a Livia Piermattei che partendo da una survey realizzata tra i consiglieri indipendenti associati a Nedcommunity evidenzia come i Board, nel 40,2 % dei casi, si limitino ad approvare il piano strategico presentato dal management che considera tutte le forme di valore. Non c’è dunque ancora grande commitment dei board sulla strategia di lungo periodo e sul valore che le variabili legate alla sostenibilità comportano per il business aziendale.
La tavola rotonda che vuole dar voce alle best practice in materia di sostenibilità, inizia con Maria Pierdicchi che illustra l’esperienza Luxottica in tema di sostenibilità: il grande valore che l’azienda negli anni continua ad attribuire alle comunità locali dove opera e le numerose iniziative promosse per lo sviluppo di queste comunità.
Antonia di Bella racconta l’esperienza di Assicurazioni Generali e degli effetti della strategia di sviluppo prodotti sostenibili nei paesi nei quali l’azienda opera.
Barbara Cominelli, infine, illustra l’esperienza di ERG che pubblica già da dieci anni una relazione di sostenibilità.
3a. Fit and Proper Assessment. La disciplina degli esponenti aziendali e il ruolo chiave del Comitato Nomine
Il 19 Luglio, sempre a Milano, si è tenuta la terza C.d.P organizzata da Assosim in collaborazione con Nedcommunity.
L’introduzione dei lavori è affidata a Michele Calzolari, Presidente di Assosim che ha evidenziato un progresso importante negli ultimi anni nella governance delle aziende e degli intermediari determinata anche da una crescente e puntuale attività normativa.
L’intervento di apertura è di Gianmaria Marano del Servizio Regolamentazione e Analisi Macroprudenziale di Banca d’Italia. ‘Se fino a qualche anno fa il nesso tra capitale e governance era solo intuito, oggi è tangibile’, esordisce Marano. Una buona governance costa, ma l’esperienza ci mostra che le crisi delle banche sono sempre associate a lacune nella governance. Il percorso normativo compiuto negli ultimi anni è molto ricco sia a livello internazionale che nazionale. L’approccio post-crisi è molto più vincolante e di dettaglio e la Banca d’Italia sostiene i lavori europei di armonizzazione delle prassi e regole in materia di corporate governance. Le linee guida EBA-ESMA in uscita, seppure stringenti, tengono conto del principio di proporzionalità, soprattutto sui requisiti degli esponenti aziendali e differenziano tra banche ed altri intermediari finanziari. La Banca d’Italia recepirà queste linee guida dopo un’attenta valutazione volta a renderle coerenti con il nostro sistema e sul piano giuridico.
La parola passa ad Alessandro Rivera, Dirigente Generale Direzione IV– Sistema Bancario e Finanziario– Affari Legali, Ministero dell’Economia e delle Finanze, che illustra in dettaglio il decreto che dovrà individuare i requisiti degli esponenti aziendali delle banche. Il regolamento opera un rafforzamento degli standard di idoneità rispetto al decreto vigente. Il salto qualitativo più evidente è la distinzione tra i requisiti, oggettivi e tassativi, e i criteri, che presentano elementi di discrezionalità e vanno verificati caso per caso. Requisiti restano quelli di onorabilità e professionalità, contemplati dalla disciplina vigente. A questi si aggiungono i criteri di correttezza, competenza, indipendenza. Altre novità, la verifica dell’adeguata composizione collettiva degli organi, la verifica della disponibilità di tempo, il limite al numero degli incarichi. La nuova disciplina, conclude Rivera, allinea il quadro normativo italiano a quello europeo BCE ed EBA.
L’intervento di Carlo Giaj Levra, Chief Executive Officer di Nike Consulting è un contributo di tipo tecnico, di presentazione dei servizi forniti dall’azienda a supporto di banche e intermediari finanziari nell’organizzazione dei sistemi di governo e controllo.
A Luca Galli, Partner di Ernst & Young va il compito di analizzare le linee guida europee relative alla valutazione degli esponenti aziendali. I criteri individuati dalla BCE per la verifica dei requisiti di professionalità e onorabilità sono quelli declinati nel decreto del MEF e vanno certamente in forte continuità con quanto la Banca d’Italia aveva già disciplinato da tempo. Da un’analisi dell’’«Osservatorio sull’eccellenza dei sistemi di governo in Italia» di The European House – Ambrosetti, effettuata su 271 consiglieri delle principali banche italiane quotate emerge che al confronto con le soglie BCE il 23% dei consiglieri non soddisfa i requisiti mentre gli AD risultano sempre adeguati. Un solo istituto presenta un board completamente in linea con le linee guida. In ogni caso, varranno le disposizioni nazionali che determineranno i criteri effettivi di applicazione. Le linee guida EBA in tema di valutazione di adeguatezza degli esponenti aziendali, da quanto emerge dalla prima stesura, pongono l’attenzione, invece, sulla valutazione di esperienza, competenza e skill effettuabile attraverso matrici di compilazione che vengono suggerite come strumento di valutazione dei consigli di amministrazione. Una valutazione che riguarda i singoli consiglieri e il consiglio nel suo insieme. Certamente il recepimento delle linee guida troverà la giusta soluzione di continuità, auspica Galli, con la normativa nazionale e le disposizioni vigenti.
Enzo De Angelis, Senior Partner di Spencer Stuart apre il suo intervento sostenendo che la composizione è elemento chiave dei cda e del loro funzionamento. La circolare 285/2013 della Banca d’Italia delinea un processo ben costruito per la composizione dei CDA ma l’evidenza dimostra che la selezione continua ad avvenire in base al network relazionale. Il documento EBA-ESMA delinea invece una selezione effettuata secondo i criteri di una società di selezione. Ovviare ad una prassi consolidata, in presenza di comitati nomine che non hanno potere di selezione dei board risulta difficile. Una soluzione potrebbe derivare dalla presentazione di una lista da parte del CDA uscente. E’ un sistema praticabile, se previsto nello statuto delle società, e oggi 5 aziende procedono già in questa direzione. La compatibilità con il voto di lista è possibile ma si potrebbero introdurre anche dei meccanismi correttivi come lo staggered board. Quanto alle modalità di selezione dei membri del CDA, una società di selezione procede preliminarmente con un’analisi della cultura del consiglio di amministrazione e degli stili decisionali per poi mappare stili e skill dei singoli consiglieri.
La parola passa ad Alberto Pera, Socio dello Studio Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners per affrontare il tema del cumulo delle cariche. La prospettiva concorrenziale, secondo Pera, ha dato origine ad una normativa specifica per il settore bancario, finanziario e assicurativo che con il d.l. 6 dicembre 2011 n. 201 vieta “ai titolari di cariche negli organi gestionali, di sorveglianza e di controllo e ai funzionari di vertice di imprese o gruppi di imprese operanti nei mercati del credito, assicurativi e finanziari di assumere o esercitare analoghe cariche in imprese o gruppi di imprese concorrenti” (art.36). Le linee guida del 2012 prendono in considerazione il parametro della dimensione aziendale per esentare dal controllo le imprese piccole. Ed esentano la concorrenza potenziale. L’analisi che ha dato origine alla norma, tuttavia, risale al 2008 e, ad oggi, non trova più gli stessi presupposti. La concorrenza è definita su stessi prodotti e stesso mercato e nell’ambito geografico in cui opera l’impresa. Oggi ci sono banche locali che offrono servizi attivabili da clienti su scala nazionale, anche grazie all’uso di internet.
Con la tavola rotonda, coordinata da Paola Schwizer, si entra nel Board con le testimonianze dei consiglieri indipendenti.
Il primo intervento è di Giovanni Fiori – Membro Comitato Nomine UBI Banca che sottolinea come il comitato nomine non sia messo nelle condizioni di esercitare appieno l’attività prevista dal codice di autodisciplina. Si limita ad avallare decisioni prese in altra sede. Fiori aggiunge anche che il fit & proper fatto dopo la nomina dei consiglieri non è funzionale e l’assessment andrebbe fatto prima della nomina.
Rossella Locatelli, Membro del CdA di Intesa Sanpaolo, racconta del processo formale di nomina del CDA, su lista del CDA uscente, e auspica che la valutazione delle soft skill non venga introdotta per non correre il rischio di creare ‘l’amministratore bancario di professione’, per via dei requisiti previsti per gli amministratori che non troverebbero un numero di candidati sufficienti ad assicurare un ricambio nei CDA.
Maria Elena Cappello, Presidente del Comitato Nomine e del Comitato Remunerazioni di MPS affronta il tema delle nuove sfide per le banche e il sistema finanziario affermando che il board deve possedere competenze diversificate per rispondere ai cambiamenti del mercato. L’innovazione e la sua velocità fanno crescere l’interconnessione tra le persone e oggi i veri concorrenti della banca sono una serie di piattaforme e di players che non rientrano nel mondo bancario e della finanza come Amazon, Google, Facebook, Apple che stanno entrando anche nel mondo finanziario. La presenza delle competenze digitali nei board delle banche è ancora limitata così come quella di membri con esperienza di gestione manageriale che serviranno ad affrontare le nuove sfide.
Fabrizio Rindi, Presidente del CdA di Kairos Partners SGR testimonia invece la sua esperienza positiva nella selezione di membri del CDA secondo criteri fit & proper.
A Paola Galbiati, Membro del CdA di Banco BPM, è affidata la testimonianza delle scelte di goverance in caso di integrazione di due banche con una forte e diffusa identità culturale. Un board al momento molto grande che funziona grazie anche alla diversità di esperienza dei suoi membri. L’intervento conclusivo è affidato ad Elisabetta Gualandri, Membro del CdA di BPER che testimonia il valore e la pratica costante dei percorsi di induction e di training diffusi nella banca.
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