Consigli di lettura – Settembre 2021
La sostenibilità è entrata prepotentemente nel dibattito economico interessando imprese, istituzioni e ovviamente anche le banche. E proprio di queste ultime si occupano i tre docenti de La Sapienza di Roma, Mario La Torre, Sabrina Leo e Ida Panetta, in un lavoro che riguarda le relazioni tra le performance aziendali e quelle riconducibili ai fattori ESG. L’obiettivo è capire se gli istituti di credito trovano nelle reazioni del mercato stimoli adeguati ad adottare comportamenti riconducibili all’ambito ESG, anche quando non costrette da obblighi normativi
Credit: Chuttersnap/UnsplashMario La Torre, Sabrina Leo, Ida Claudia Panetta, Banks and environmental, social and governance drivers: Follow the market or the authorities? in “Corporate social responsibility and environmental management“, Aprile 2021, Wiley.
Sostenibilità ci appare oggi come la parola d’ordine imprescindibile in ogni dichiarazione ed analisi di comportamenti presenti e futuri di imprese, istituzioni, comunità, paesi. Mentre sogniamo un mondo dove la qualificazione “sostenibile” non sia necessaria (quale impresa vorrebbe infatti perseguire una strategia di sviluppo insostenibile? E quale policy maker adotterebbe mai linee di azione non sostenibili?), la letteratura scientifica di stampo economico affronta le principali questioni connesse alla sostenibilità, tra le quali il presunto trade-off tra sostenibilità e valore, drasticamente superabile dall’assunzione di una stakeholder view; la sfida della misurazione, che è indispensabile vincere, visto che la teoria e le buone pratiche di management sottolineano con forza che la misurazione è la premessa per orientare i comportamenti delle persone e delle organizzazioni.
“If you can’t measure it, you can’t improve it” (Peter Drucker); la “messa a terra” dei principi della sostenibilità, che richiede un approccio sistemico, che coinvolga anche policy maker, azionisti, investitori e soprattutto il management e l’intera organizzazione aziendale.
Nel caso delle banche, il dibattito sui temi sopra richiamati ha già una cornice normativa e regolamentare piuttosto articolata anche se ancora in forte evoluzione, che va tenuto presente anche per interpretare correttamente i comportamenti in atto.
Il lavoro di Mario La Torre, Sabrina Leo e Ida Panetta, tutti professori di Economia degli intermediari finanziari nell’Università La Sapienza di Roma, riguarda le relazioni tra le performance aziendali e quelle riconducibili ai fattori ESG, per capire se le banche trovano nelle reazioni del mercato stimoli sufficienti ad adottare, indipendentemente dall’azione della normativa, comportamenti ESG compliant. La verifica empirica copre un orizzonte temporale di oltre 10 anni e riguarda le banche quotate allo STOXX Europe 600, cioè 44 banche appartenenti a 14 paesi europei (6 le banche italiane). La metodologia utilizzata è piuttosto accurata, anche rispetto alla letteratura preesistente sul tema, e tiene conto della “delicatezza” con cui va affrontato, per evitare di raggiungere conclusioni avventate, il tema della performance, che può dipendere da fattori quali le dimensioni delle banche ed il contesto economico nel quale operano. Quale indicatore di performance ESG viene utilizzato lo score ESG, calcolato da Eikon Thomson Reuters.
I risultati non sembrano dare indicazioni decisive in ordine all’impatto sulla redditività delle pratiche ESG, almeno nel breve termine. Ciò sembra giustificare l’approccio delle autorità che sono concentrate, ma è comprensibile visto il loro ruolo, sulla prospettiva dei rischi ESG, che sono quindi in sostanza il driver principale per orientare le banche ad adottare logiche ESG, mentre di minor rilievo è l’enfasi sulle opportunità di profitto. Ciò è probabilmente destinato a cambiare, anche rapidamente (la verifica empirica alla base del lavoro arriva fino al 2019), in relazione sia all’assunzione di una prospettiva di medio e lungo termine (anche in questo caso, probabilmente, su pressione delle autorità ad “allungare” l’orizzonte dei piani industriali), sia ad una maggiore raffinatezza nelle misurazioni della sostenibilità, che tengano conto di indicatori risk adjusted, sia infine all’impatto di una crescente accountability, che, come dimostrano alcuni recenti incidenti di percorso, può avere effetti dirompenti sulla reputazione della banca, rendendo vane pratiche, ingenue o meno, di greenwashing.