Consigli di lettura – Novembre 2021
Un corretto e ponderato governo societario focalizzato maggiormente sui rischi avrebbe potuto evitare la crisi finanziaria che colpì gli Usa nel 2006. Questa la tesi del lavoro firmato da Enrica Rimoldi, pubblicato da poco sulla rivista di Aifirm che investiga le evidenze empiriche provenienti dalla letteratura scientifica sulle relazioni tra la governance e la redditività delle banche durante la grande crisi finanziaria
Credit: Marcel Strauss/UnsplashEnrica Rimoldi, Banks’ Corporate Governance: lessons learnt from the Great Financial Crisis, in “RISK MANAGEMENT MAGAZINE“, Vol. 16, gennaio-aprile 2021
La Commissione nazionale d’inchiesta incaricata dal Congresso di indagare sulle cause della crisi economica e finanziaria negli Stati Uniti ha così concluso, dieci anni fa, i propri lavori: “La crisi era evitabile. Essa è stata il risultato di azioni ed inerzie umane, non di eventi esterni ineluttabili o di modelli quantitativi/informatici impazziti’. I protagonisti della finanza ed i controllori hanno ignorato ogni possibile avvertimento ed hanno mancato nell’interrogarsi, nel rispondere, nel gestire i rischi. Il loro è stato un grave errore, non un’esitazione. Come dice Shakespeare, la responsabilità non è nelle stelle ma in noi.”
In effetti, è opinione diffusa che la crisi sia dipesa da deficienze nel risk management e dalla incapacità della governance di individuare e misurare rischi.
Con tale consapevolezza, i regolatori hanno negli ultimi dieci anni rafforzato gli standard di corporate governance delle banche, intervenendo su vari fronti (fra i tanti, i requisiti di secondo pilastro e le caratteristiche “ideali” degli amministratori delle banche), nella convinzione che miglioramenti significativi possono arrivare sia da norme più stringenti di adeguatezza patrimoniale sia da un mix di incentivi e vincoli all’adozione di comportamenti adeguati al nuovo scenario dei rischi che ha caratterizzato nei tempi più recenti l’attività bancaria e finanziaria.
È questa la prospettiva assunta dal lavoro di ricerca condotto da Enrica Rimoldi e pubblicato da poco sulla rivista di Aifirm, l’Associazione Italiana che raggruppa i risk manager dell’industria finanziaria.
L’autrice, che ha esperienze diversificate nei mondi della consulenza e della revisione e ricopre attualmente posizioni di rilievo, sia di governo che di controllo, nel settore bancario e finanziario, investiga le evidenze empiriche provenienti dalla letteratura scientifica sulle relazioni tra la governance e la redditività delle banche durante la grande crisi finanziaria, con l’obiettivo di valutare se alcune scelte fatte dai regolatori al fine di mitigare i rischi siano in grado di fronteggiare le lacune nella governance emerse durante la grande crisi finanziaria, evitando che esse si ripresentino in crisi successive.
Il lavoro parte dal riferimento all’importante lavoro della BIS, pubblicato nel 2020, sul tema “Bank Boards – a review of post-crisis Regulatory approaches”, che analizza i regimi regolamentari di 19 paesi nella prospettiva del criterio del fit&proper dei principali esponenti bancari, della struttura e composizione dei cda e dei profili di accountability e remunerazione e seleziona successivamente la letteratura scientifica utile a supportare gli obiettivi della ricerca. Il campione analizzato (13 lavori scientifici) non è significativo sul piano generale, ma certamente utile a rappresentare i fenomeni indagati con buona approssimazione. Il quadro che emerge mette in evidenza prima di tutto che la governance delle banche esce rafforzata dagli interventi operati dalle autorità di controllo.
Come era lecito attendersi, più controverse sono le relazioni tra buona governance e performance delle banche, un tema di ampio respiro che richiede probabilmente l’utilizzo di approcci valutativi di altra natura. Alcune evidenze sulle dimensioni ottimali dei board e sul ruolo della diversity sono comunque incoraggianti e meritano ulteriori approfondimenti.
Si conferma la sensazione che la buona governance, specie se disegnata sulla base di mere esigenze di compliance, non sia sufficiente di per sé a incidere in modo significativo sulla creazione del valore, che richiede anche l’adozione di comportamenti “nuovi” nella sostanza, tali da segnalare la presenza di una sana cultura del rischio, che in effetti oggi costituisce, insieme al capitale ed alla governance, un punto di riferimento imprescindibile anche per le autorità per valutare la capacità delle banche di far fronte a crisi impreviste.