Sostenibilità

Con la CSRD un nuovo paradigma per la governance

L’entrata in vigore della nuova direttiva Corporate Sustainability Reporting Directive riconosce in capo al consiglio di amministrazione il ruolo di indirizzo strategico e controllo del “successo sostenibile” di un'azienda

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Con l’obiettivo primario di “supportare gli investitori, le organizzazioni della società civile, i consumatori e gli altri stakeholder a valutare le performance di sostenibilità delle aziende, come parte del Green Deal europeo”, il 14 dicembre 2022 la Commissione Europea ha introdotto la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD, 2022/2464/UE), la nuova Direttiva europea in ambito informativa di sostenibilità, che modifica la previgente Direttiva 2014/95/UE, detta Non Financial Reporting Directive (NFRD).

La Direttiva, recepita nel nostro ordinamento con il D.lgs n.125 del 6 settembre 2024 pubblicato in gazzetta ufficiale il 10 dello stesso mese, a seguito di una importante consultazione pubblica, impone a talune imprese di comunicare, all’interno di una sezione ben distinta della relazione sulla gestione, informazioni necessarie alla comprensione degli impatti dell’attività d’impresa sulle questioni di sostenibilità e del modo con cui esse influiscono sull’andamento dell’impresa e sui suoi risultati.

Nel perseguire gli obiettivi di riorientare i flussi di capitali verso investimenti sostenibili al fine di realizzare una transizione ecologica giusta, nonché promuovere la trasparenza e la visione a lungo termine nelle attività economico-finanziarie, la Commissione europea ha ritenuto che la comunicazione, da parte di alcune categorie di imprese, di informazioni pertinenti, comparabili e affidabili sulla sostenibilità, fosse condizione preliminare per la realizzazione di tali obiettivi.

Aumentano gli obblighi di informativa

La CSRD mira, infatti, ad incrementare gli obblighi di informativa in merito alle modalità di gestione degli impatti, rischi, opportunità delle imprese, non solo in ottica retrospettiva ma anche prospettica, incentivando la disclosure della correlazione tra informazioni finanziarie con quelle di sostenibilità, armonizzando, al tempo stesso, le richieste di informativa previste da altri regolamenti e standard dell’Unione europea. Tale impegno trova riscontro anche nel nome della direttiva stessa, che, rispetto alla precedente, non fa più riferimento all’informativa “di carattere non finanziario” ma a quella di “sostenibilità”, al fine di non incorrere nella deduzione erronea che le informazioni in questione non siano pertinenti sul piano finanziario.

Come noto, l’ampliamento dell’ambito di applicazione rispetto alla precedente direttiva, comporterà un significativo aumento del numero di imprese soggette agli obblighi di rendicontazione sulla sostenibilità. Se attualmente sono circa 11.000 le imprese e i gruppi in tutta l’UE soggetti agli obblighi della NFRD la CSRD dovrebbe far aumentare il numero fino a circa 50.000, raggiungendo oltre il 75% del fatturato totale delle aziende dell’UE.

Mentre gli enti di interesse pubblico – che già oggi redigono la dichiarazione non finanziaria – applicheranno le nuove disposizioni a partire dal 2024 (primo report nel 2025), il Decreto prevede l’estensione dell’obbligo di pubblicare la rendicontazione di sostenibilità a tutte le grandi imprese (che superino due dei tre criteri dimensionali: più di 250 dipendenti; stato patrimoniale superiore ai 25 milioni di euro; ricavi netti superiori ai € 50 milioni di euro) a partire dal 2025 (primo report nel 2026) e a tutte le società quotate in mercati regolamentati (comprese le PMI quotate ed escluse le microimprese quotate[1]) a partire dal 2026 (primo report 2027), con possibilità di rinvio al 2028).

Rispetto all’elenco di informazioni da rendicontare per le PMI quotate ne è previsto, uno di portata ridotta e, per limitare gli oneri, le stesse potranno optare per l’esenzione dall’applicazione della disciplina fino al 2028, dichiarando in tal caso, nella propria relazione sulla gestione, i motivi per cui le informazioni sulla sostenibilità non sono state fornite.

L’obbligo vige anche per le imprese non europee, che realizzino ricavi netti da vendite e prestazioni superiori a 150 milioni di euro nell’UE e con almeno un’impresa “figlia” o una succursale nell’UE. In tal caso, compete all’impresa figlia (che sia di grandi dimensioni o PMI quotata) o alla succursale (che abbia generato ricavi netti da vendite e prestazioni superiori a 40 milioni di euro nell’esercizio precedente) pubblicare e rendere accessibile la relazione di sostenibilità della società madre extra-europea, redatta a livello di gruppo.

Bilancio di sostenibilità integrato con la Relazione sulla Gestione

Per le imprese italiane, la rendicontazione di sostenibilità diventa parte integrante della Relazione sulla Gestione con le medesime tempistiche e modalità di pubblicazione previste per i documenti di carattere finanziario. La relazione sulla gestione, e quindi la rendicontazione di sostenibilità, dovrà essere redatta nel formato elettronico unico europeo (ESEF), ossia nell’Extensible HyperText Markup Language (XHTML) sotto forma di pagina web navigabile con marcature xbrl (tag). Inoltre, per consentire l’accesso gratuito alle informazioni di sostenibilità, l’impresa dovrà procedere alla pubblicazione di tali informazioni sul proprio sito internet e, qualora non ne disponga, dovrà rendersi disponibile a fornire una copia cartacea a chiunque ne faccia richiesta.

Per le società quotate, l’insieme dei compiti di attestazione degli organi amministrativi delegati e del dirigente preposto, o di un dirigente diverso dal dirigente preposto per la redazione dei documenti contabili societari, e nominato secondo le modalità e nel rispetto dei requisiti di professionalità previsti dallo statuto, (modifica all’art. 154-bis del TUF con l’aggiunta del comma 5 ter) vengono estesi all’obbligo di attestazione della rendicontazione di sostenibilità. In questo contesto svolge un ruolo primario la CONSOB che eserciterà i propri poteri di vigilanza anche con riguardo alla rendicontazione di sostenibilità nei confronti dei soli emittenti quotati aventi l’Italia come Stato membro d’origine che rientrano nel campo di applicazione della CSRD.

Per quanto concerne l’attestazione di conformità della rendicontazione di sostenibilità, il Decreto di recepimento individua la figura del revisore legale abilitato ai sensi del D.Lgs. n. 39/2010 come soggetto adatto al rilascio di tale attestazione di conformità che può coincidere con il medesimo revisore incaricato alla revisione legale del bilancio oppure un soggetto diverso dal revisore legale. L’assurance dovrà essere redatta secondo i principi di attestazione che verranno adottati dalla Commissione Europea entro il 1° ottobre 2026.  Fino all’adozione di detti principi da parte della Commissione europea, come indicato dal D.Lgs. 125/2024 “l’attività di attestazione è svolta in conformità ai principi di attestazione elaborati, tenendo conto dei principi di attestazione internazionali, da associazioni e ordini professionali congiuntamente al Ministero dell’economia e delle finanze e alla Consob e adottati dal Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Consob.

Il ruolo degli organi di amministrazione

La CSRD, rafforza il ruolo degli organi di amministrazione relativamente alla rendicontazione di sostenibilità, attribuendone la responsabilità, nell’ambito delle competenze previste dal diritto nazionale, di garantire che la Dichiarazione di sostenibilità sia redatta in osservanza delle norme di riferimento non solo sul contenuto, ovvero, le prescrizioni contenute nei principi di rendicontazione di sostenibilità, ovvero gli European Reporting Sustainability Standards (ESRS), ma anche sulla forma, ovvero la redazione del documento nel linguaggio XHTML con la marcatura delle informazioni di sostenibilità secondo il Regolamento ESEF.

In proposito, si evidenzia che il 31 luglio 2023 la Commissione Europea ha approvato il Regolamento delegato contenente il primo set di 12 standard (entrati in vigore il 1°gennaio 2024) rivolto alle grandi imprese di tutti i settori e relativo all’intera gamma di questioni ambientali, sociali e di governance, compresi i cambiamenti climatici, la biodiversità e i diritti umani. Entro la fine del 2024 dovrebbero essere poi approvati lo standard per le PMI quotate e quello per le PMI che volontariamente decideranno di pubblicare un report di sostenibilità; per il 2026 sono attesi gli standard settoriali.

L’attività dell’organo amministrativo comporta, in primo luogo, la predisposizione di un assetto amministrativo o organizzativo idoneo a tradurre i fatti di gestione negli elementi informativi da riportare nella Dichiarazione di sostenibilità e nell’approvazione del documento, la responsabilità non è delegabile. Inoltre, il board ha la possibilità di attribuire ai comitati funzioni consultive in materia di reporting di sostenibilità. D’altra parte, l’Organo di controllo, ha il compito di informare il cda del suo ruolo e dell’esito dell’attività di attestazione di conformità ai requisiti della Direttiva e degli Standard ESRS svolta dal revisore incaricato.

Al Collegio Sindacale spetta, altresì, il compito di monitorare il processo di rendicontazione di sostenibilità, controllare l’efficacia e la qualità dei Sistemi di Controllo Interno anche relativamente all’informativa di sostenibilità e di vigilare in merito all’indipendenza del revisore incaricato al processo di attestazione.

In merito alle responsabilità dell’assemblea dei soci, poiché la Dichiarazione di sostenibilità è inclusa nella Relazione sulla gestione che rappresenta un allegato necessario al bilancio, non risulta essere oggetto di approvazione da parte dell’assemblea e, pertanto, il passaggio in assemblea ha puramente fini informativi.

Un’importante novità della CSRD è l’integrazione alla Direttiva 2004/109 (detta anche “Transparency”), prevedendo che le persone responsabili presso l’emittente dovranno attestare, oltre alla correttezza della Relazione Finanziaria Annuale, anche che la Dichiarazione di sostenibilità sia stata redatta in conformità ai principi di rendicontazione di sostenibilità ESRS e all’art.8 del Regolamento EU 852/2020 sulla Tassonomia europea delle attività ecosostenibili. Nell’ordinamento italiano, l’articolo 4 della direttiva Transparency era stato recepito nel Testo Unico di Finanza (TUF) imponendo un obbligo di attestazione in capo agli organi amministrativi delegati e al dirigente preposto ai documenti contabili[2].

Sul recepimento delle nuove responsabilità introdotte dalla CSRD a livello italiano, a seguito del dibattito avviato anche  da Assonime, l’associazione per le società per azioni italiane che si occupa di migliorare la qualità della regolamentazione italiana ed europea studiandone l’impatto sul sistema economico e sul funzionamento dei mercati[3], il D.Lgs.n.125/2024 ha optato per l’attribuzione dell’attestazione della Dichiarazione di sostenibilità al dirigente preposto ai documenti contabili oppure  a un dirigente diverso dotato di specifiche competenze in materia di rendicontazione di sostenibilità, nominato, previo parere obbligatorio dell’organo di controllo, secondo le modalità e nel rispetto dei requisiti di professionalità previsti dallo statuto. L’attestazione sarà resa secondo il modello stabilito con regolamento dalla Consob.   Con tale soluzione viene lasciata la possibilità alle imprese, di delineare l’organigramma aziendale come ritenuto più opportuno sulla base della valutazione dei vantaggi e degli svantaggi derivanti da un lato da una maggiore integrazione delle componenti finanziarie e di sostenibilità e dall’altro lato dalla valorizzazione di profili esperti in materia di sostenibilità[4].

Un nuovo concetto di materialità

La CSRD, oltre ad introdurre nuovi concetti di materialità per cui le imprese dovranno riportare le informazioni necessarie a comprendere come le questioni di sostenibilità incidono sulle loro attività (materialità finanziaria), e come queste ultime incidano su persone e ambiente (materialità d’impatto), prevede la rendicontazione non solo di informazioni su impatti corredate da rischi e opportunità afferenti alle attività proprie dell’impresa, ma anche a quelle che riguardano la sua catena del valore, a monte e a valle. Quest’ultimo è stato uno dei punti più controversi del nuovo impianto normativo. Nonostante le diverse proposte di esclusione di responsabilità da parte dell’organo amministrativo in ragione del non consolidamento di tali realtà dal punto di vista finanziario, la normativa richiede che tali informazioni vengano comprese nella rendicontazione.

Si tratta di attività, risorse e relazioni che l’impresa utilizza e su cui fa affidamento per creare i suoi prodotti o servizi, dalla concezione fino alla consegna, al consumo e al fine vita. In particolare, tali aspetti riguardano le relazioni che fanno parte delle operazioni proprie dell’impresa, come le risorse umane; dei canali di approvvigionamento, commercializzazione e distribuzione, come l’acquisto di materiali e servizi o la vendita e la consegna di prodotti e servizi e quelle relative al contesto finanziario, geografico, geopolitico e normativo in cui l’impresa opera. In un’ottica di gradualità, il Decreto prevede una sorta di grace period triennale, durante il quale, laddove tutte le informazioni necessarie sulla catena del valore non siano disponibili, l’impresa obbligata dovrà evidenziare nel report: gli sforzi compiuti; perché non è stato possibile ottenere tali informazioni; i piani per ottenerle in futuro.

In aggiunta, aumentano anche gli obblighi informativi previsti dagli standard di rendicontazione europei (ESRS) in merito alla governance delle questioni di sostenibilità che dovranno essere comunicate agli stakeholder attraverso la Dichiarazione di sostenibilità. Nello specifico, gli obblighi riguardano la comunicazione in merito alle principali caratteristiche dei propri sistemi interni di controllo e gestione dei rischi in relazione all’informativa di sostenibilità, dettagliando ambito di applicazione; principali elementi del processo; metodologia di risk assessment utilizzata, inclusa quella di prioritizzazione dei rischi; principali rischi identificati e relative strategie di mitigazione, compresi i controlli implementati; processo di gestione dei finding emersi dall’assessment del sistema di controllo interno sull’informativa di sostenibilità; processo di rendicontazione periodica delle risultanze emerse del sistema di controllo sull’informativa di sostenibilità agli organi di amministrazione, direzione e controllo.

Con l’introduzione di tale normativa, la governance delle aziende evolve verso un vero e proprio cambio di paradigma sia in termini di responsabilità amministrative che sociali. Al board viene concretamente attribuito il ruolo di indirizzo strategico e controllo del “successo sostenibile”, un percorso che dovrà sempre di più basarsi non solo sull’ascolto degli stakeholder ma anche su un responsabile coinvolgimento e commitment dei principali portatori di interesse.   


[1] Si definiscono microimprese le imprese che, alla data di chiusura del bilancio, non superano almeno due dei seguenti limiti dimensionali: numero medio di dipendenti occupati nell’esercizio pari a 10; totale ricavi netti delle vendite e delle prestazioni minore di 900.000 euro; totale Stato patrimoniale minore di 450.000 euro

[2] D.Lgs. 58 del 24 febbraio 1998 (TUF), articolo 154-bis

[3] Position Paper 2023 “Osservazioni sull’attuazione della direttiva 2022/2464 relativa alla rendicontazione societaria di sostenibilità”

[4] Osservazioni sull’attuazione della direttiva 2022/2464 relativa alla rendicontazione societaria di sostenibilità, Assonime

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