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Adempimento collaborativo e controllo del rischio fiscale

L'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) pubblica, nel 2008, il documento “Study into the Role of Tax Intermediaries” con il preciso scopo di evidenziare le criticità, per i sistemi fiscali nazionali, dell’adozione di strategie

“Good governance means good tax governance” (Achim Pross, OCSE)

di Michela Zeme(*)

Il contesto internazionale

L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) pubblica, nel 2008, il documento “Study into the Role of Tax Intermediaries” con il preciso scopo di evidenziare le criticità, per i sistemi fiscali nazionali, dell’adozione di strategie di pianificazione fiscale aggressiva da parte delle imprese e la complessità del ruolo dei consulenti fiscali quali “intermediari” tra Stato e contribuenti, in quanto in grado di influenzare le scelte aziendali.
La soluzione che viene individuata è la c.d. “enhanced relationship” definita come una relazione tra autorità fiscali e aziende contribuenti volta a favorire la collaborazione tra le parti piuttosto che la loro contrapposizione, essendo basata sulla fiducia reciproca piuttosto che sull’imposizione di obblighi.
Già in questa pubblicazione, l’OCSE evidenzia l’importanza di un sistema aziendale di tax risk management in grado di individuare e gestire i rischi fiscali aziendali, la centralità dello scambio di informazioni sia tra amministrazioni finanziarie e imprese che a livello internazionale e l’esigenza di un diverso approccio da parte delle autorità fiscali basato su consapevolezza, imparzialità, proporzionalità, apertura, trasparenza e responsabilità.
Lo studio enfatizza, inoltre, tra gli altri, il ruolo della corporate governance quale fattore chiave di guida per i processi decisionali finanziari delle imprese grandi contribuenti così come per le loro interazioni con le autorità fiscali..
Nel 2013 l’OCSE emana il documento “Co-operative Compliance: A Framework” nel quale viene evidenziata l’evoluzione dal concetto di “enhanced relationship” a quello di “cooperative compliance” quale approccio virtuoso tra imprese contribuenti e autorità fiscali e raccomanda che le relazioni tra amministrazioni finanziarie e contribuenti siano improntate sulla fiducia e la collaborazione reciproche. Il report analizza le relazioni tra imprese grandi contribuenti e amministrazioni fiscali dopo cinque anni dalla pubblicazione dello Studio del 2008 e mette in luce quali siano le caratteristiche comuni dei sistemi di cooperative compliance adottati.
Risulta sempre più evidente che un efficace sistema di corporate governance deve includere il concetto di cooperative compliance. 
La tax governance e la tax compliance devono, quindi, essere considerate parte integrante dei sistemi di risk management e spetta ai Consigli di Amministrazione l’adozione di strategie di risk management per assicurare il presidio, nei termini di identificazione e valutazione, dei rischi finanziari, regolatori e reputazionali derivati dai rischi fiscali. I sistemi di tax risk management devono, dunque, riflettere l’impegno delle imprese a cooperare con le amministrazioni fiscali, ad essere trasparenti e tax compliant”. Il Tax Control Framework (TCF), che è parte integrante dei sistemi di controllo interno, viene definito come il sistema di controllo di tutti i processi e le operazioni che possono avere un impatto fiscale. Di conseguenza, l’efficacia del TCF a presidiare i processi che possono avere conseguenze fiscali presuppone l’efficacia del sistema di controllo interno a presidiare tutti i processi aziendali.
Così come è il Consiglio di Amministrazione ad essere responsabile dell’efficacia del sistema di controllo interno dell’organizzazione, sono competenza dello stesso organo il disegno, l’implementazione e l’efficacia del sistema di controllo interno del rischio fiscale.      
Dallo studio del 2008 ad oggi, sono sempre più numerosi i Paesi in cui le Autorità fiscali che hanno adottato ed implementato modelli di cooperative compliance OCSE oriented nella propria strategia di gestione del rischio fiscale per migliorare le relazioni con i contribuenti e per attrarre nuovi investimenti. Tra questi Stati Uniti, Australia, Giappone, Olanda, Regno Unito, Spagna e Italia.

La Tax compliance in Italia: il regime di adempimento collaborativo

In risposta alle raccomandazioni OCSE, il Legislatore Italiano interviene con la Legge n. 23 del 11 maggio 2014 dando delega al Governo

  • di introdurre forme di comunicazione e cooperazione rafforzata, anche preventiva, tra i contribuenti e l’Agenzia delle Entrate
  • di prevedere, per i soggetti di maggiori dimensioni, l’implementazione di sistemi aziendali strutturati di gestione e di controllo del rischio fiscale, nell’ambito del più ampio sistema dei controlli interni 
  • di dotare l’Amministrazione Finanziaria di adeguate strutture dedicate alle attività di comunicazione e cooperazione con i contribuenti.

Il Decreto Legislativo n. 128 del 5 agosto 2015 introduce, quindi, nel nostro ordinamento, il regime di “adempimento collaborativo” o di “cooperative compliance” con il preciso scopo di instaurare un nuovo approccio (“rapporto di fiducia” come definito dall’Agenzia delle Entrate) tra amministrazione e contribuente che miri ad aumentare il livello di certezza sulle questioni fiscali rilevanti.
Tale obiettivo viene perseguito tramite l’interlocuzione costante e preventiva tra amministrazione finanziaria e contribuenti allo scopo di pervenire ad una valutazione comune delle situazioni aziendali suscettibili di generare rischi fiscali.

Si tratta di una procedura di tipo volontario, che prevede specifici doveri sia per l’Amministrazione Finanziaria che per il contribuente, al momento riservata a soggetti di grandissime dimensioni (è richiesto un volume di affari o di ricavi pari o superiore a 10 miliardi di euro o a un miliardo di euro se è stata presentata istanza di adesione al Progetto Pilota avviato dall’Agenzia delle Entrate nel 2013) e che nelle intenzioni del legislatore potrà trovare progressiva estensione. Già oggi, inoltre, la richiesta di ammissione può essere presentata anche da imprese o stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dal volume di affari conseguito, che intendono dare esecuzione alla risposta dell’Agenzia delle Entrate prestata a seguito di interpello sui nuovi investimenti di cui al cd. “decreto internazionalizzazione” (art. 2 del D.Lgs. 147/2015).

Come precisato dal provvedimento prot. n. 101573 del 26 maggio 2017 (Disposizioni per l’attuazione del regime di adempimento collaborativo disciplinato dagli articoli 3 e seguenti del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128) per essere ammesso alla cooperative compliance il contribuente ha l’obbligo di:

  • dotarsi di un sistema di controllo interno per la rilevazione, misurazione e gestione del rischio fiscale. Il sistema deve essere efficace, capace, quindi, di intercettare i rischi che derivano da cambiamenti sia dell’impresa che di norme e prassi che possono influenzare la variabile fiscale;
  • adottare un comportamento collaborativo e trasparente, comunicando in modo tempestivo e completo le operazioni potenzialmente rischiose o aggressive dal punto di vista fiscale e fornendo all’Agenzia delle Entrate le informazioni relative al sistema di controllo adottato, con riguardo anche ai nuovi rischi individuati ed alle carenze riscontrate;
  • promuovere in tutta l’organizzazione condotte improntate a principi di onestà, correttezza e rispetto delle norme tributarie, diffondendo una cultura del controllo a tutti i livelli e funzioni anche mediante comportamenti coerenti con tali principi.          

Dall’altro lato, l’Agenzia delle Entrate si impegna a:

  • promuovere relazioni improntate a principi di collaborazione, correttezza e trasparenza e basate sulla comprensione delle esigenze commerciali e ragioni imprenditoriali che hanno determinato le scelte operate dal contribuente, adottando uno spirito di collaborazione fattiva;
  • favorire un contesto fiscale di certezza, fornendo risposte tempestive alle richieste presentate dal contribuente e coerenti rispetto alle interlocuzioni preventive. Le valutazioni dell’Ufficio avvengono in costante collaborazione con il contribuente allo scopo di acquisire la miglior conoscenza delle attività svolte dallo stesso e del contesto competitivo in cui opera;  
  • comunicare gli esiti delle attività di verifica sui sistemi di controllo adottati dal contribuente e a collaborare con lo stesso nel caso si rendessero necessari interventi per migliorarne l’efficacia.        

L’adesione al regime comporta diversi vantaggi alle imprese, sia tributari, come l’applicazione di sanzioni minori, la sospensione della riscossione in caso di accertamento fino alla definitività dello stesso, l’esonero dalla presentazione di garanzie per i rimborsi di imposte dirette e indirette, l’applicazione di una procedura abbreviata di interpello preventivo, che di immagine e reputazione. 

La Tax Governance e Il sistema di controllo del rischio fiscale

E’ di tutta evidenza che il sistema di controllo dei rischi fiscali (comunemente chiamato Tax Control Framework o TCF) assume un ruolo centrale nel regime di cooperative compliance e nella “nuova” relazione tra fisco e contribuenti.

Seppur l’Agenzia delle Entrate abbia voluto lasciare ampia autonomia ai contribuenti nella definizione dell’architettura del sistema da adottare e nell’implementazione dello stesso, nei provvedimenti e nei documenti di prassi emananti dall’Amministrazione Finanziaria si ritrovano precise indicazioni sui requisiti essenziali che il TCF deve possedere per essere considerato efficace, in linea con i principi di best practise in materia di governance e di sistemi di controllo dei rischi e con le indicazioni fornite dall’OCSE.  

Innanzitutto, viene ribadita la centralità del principio del “tone at the top” in quanto deve essere garantita la promozione di “una cultura aziendale improntata a principi di onestà correttezza e rispetto della normativa tributaria, assicurandone la completezza e affidabilità nonché la conoscibilità a tutti i livelli aziendali” (Provvedimento Prot. n. 54237/2016). L’Agenzia delle Entrate individua nell’organo di gestione il soggetto responsabile di attuare e diffondere nell’intera organizzazione valori e principi di onestà e correttezza mediante l’adozione di soft controls, quali codici etici, codici di condotta, piani di formazione dei dipendenti, forum e portali aziendali, che tengano conto anche dei temi fiscali.      

Inoltre, l’organo di gestione ha il compito di definire gli obiettivi aziendali in relazione alla variabile fiscale che devono trovare esplicitazione in una chiara e documentata strategia fiscale, che costituisce uno dei requisiti essenziali del sistema di controllo.

Infine, ma di uguale importanza, l’organo di gestione ha un ruolo primario nella valutazione di adeguatezza del sistema di controllo interno del rischio fiscale, così per il complessivo sistema di controllo interno aziendale. La normativa prevede, infatti, che l’organo di gestione effettui l’esame e la valutazione, con cadenza almeno annuale, di una specifica relazione dalle quale risultino le verifiche effettuate, gli esiti dei controlli ed i rimedi adottati per far fronte ad eventuali carenze riscontrate nel sistema di controllo. A tal fine, viene suggerita la costruzione di una mappa dei rischi relativi agli adempimenti tributari che consenta di effettuarne la misurazione, la gestione e il monitoraggio, individuando aree di criticità e azioni correttive.  

Le attività di verifica e vigilanza sul funzionamento del sistema di controllo interno del rischio fiscale coinvolgono anche i soggetti incaricati della revisione legale dei conti, il Collegio Sindacale e l’Organismo di Vigilanza in quanto l’Agenzia delle Entrate, nell’effettuare la valutazione del sistema, dovrà tenere in considerazione, in aggiunta agli esiti dell’esame dell’organo di gestione, anche le attività e i pareri formulati da tali soggetti.  

L’Agenzia delle Entrate ribadisce, poi, l’importanza dell’applicazione del principio della segregation of duties all’interno dell’organizzazione, inteso come chiara attribuzione di ruoli, responsabilità e separazione dei compiti tra persone con adeguate esperienze e competenze.
Il sistema di controllo deve, quindi, prevedere sia la separazione dei compiti attribuiti alle persone coinvolte nello stesso processo sia tra funzioni operative e funzioni di controllo. A tal proposito, viene proposta come soluzione adottabile l’individuazione delle tre linee di controllo previste dalla Circolare della Banca d’Italia n. 285/2013:

  • controlli di primo livello, o controlli di linea, diretti ad assicurare la corretta applicazione di processi e procedure aziendali rispetto alle norme fiscali;
  • controlli di secondo livello,  o controlli sulla gestione dei rischi di tipo fiscale;
  • controlli di terzo livello o di internal audit, finalizzati alla valutazione e verifica periodica della completezza, della funzionalità e dell’adeguatezza del sistema dei controlli interni e gestione dei rischi, tra i quali anche quelli fiscali.

Da notare il fatto che l’Agenzia delle Entrate evidenzia l’importanza dell’indipendenza delle funzioni di controllo, indipendenza che viene assicurata quando tali funzioni dispongono “dell’autorità, delle risorse e delle competenze necessarie per lo svolgimento dei loro compiti“. “Si ritiene inoltre auspicabile che i responsabili delle funzioni di controllo in materia fiscale siano collocati in posizione gerarchico-funzionale adeguata e abbiano accesso diretto (se presente, unitamente alla funzione di compliance) agli organi sociali, comunicando con essi senza restrizioni o intermediazioni” (Circ. n. 38/E/2016).

Ulteriori requisiti essenziali per l’efficacia del sistema sono:

  • l’identificazione di procedure che consentano di mappare, misurare, gestire e controllare il rischio fiscale;
  • il continuo monitoraggio del funzionamento del sistema per l’individuazione di eventuali carenze ed errori e l’implementazione di azioni correttive;
  • l’adattabilità ai cambiamenti dell’impresa e del contesto normativo;

  
Il sistema deve, infine, essere basato su di un flusso informativo accurato, tempestivo, completo e tale da garantire la circolazione delle informazioni in tutta l’organizzazione.

Le società che, ad oggi, sono state ammesse al regime della cooperative compliance sono Ferrero, UniCredit, Finecobank e Leonardo (l’elenco è pubblicato sul sito dell’Agenzia delle Entrate). 

Si tratta, come detto, di soggetti di grandissime dimensioni ma l’intento del Legislatore è quello di estendere il regime anche a contribuenti di dimensioni inferiori, che siano in grado di dotarsi di efficaci sistemi di controllo interno del rischio fiscale (dal 2020, infatti, sarà esteso ai c.d. Grandi Contribuenti, cioè quei contribuenti con volume d’affari o ricavi superiori ai 100 milioni di euro).  

Il dibattito sulla validità del regime di adempimento collaborativo o cooperative compliance quale istituto per innovare il rapporto tra Fisco e contribuenti, in un’ottica di rafforzamento di un reciproco rapporto di fiducia, è appena iniziato ed è già molto acceso.        

In ogni caso, l’introduzione del regime nel nostro ordinamento tributario ha avuto l’indubbio pregio di evidenziare l’esigenza che la gestione del rischio fiscale sia integrata nei sistemi di controllo interno delle imprese e che un’efficace governance aziendale debba necessariamente presupporre anche un’efficace governance del rischio fiscale. 

Business Case: Leonardo S.p.A

Lo scorso mese di settembre, Leonardo s.p.a. è stata ammessa al regime di Cooperative Compliance. Abbiamo rivolto alcune domande in proposito all’Amministratore Delegato Alessandro Profumo

  • Quali sono state le motivazioni principali che hanno determinato la decisione di aderire al regime di adempimento collaborativo?

R.    Prima di tutto riteniamo che il regime di cooperative compliance rappresenti un passo avanti fondamentale dell’ordinamento tributario nazionale, in linea con quanto già fatto da altri paesi europei, al quale è giusto contribuire, nell’interesse del sistema paese, e dal quale possono essere tratti reciproci vantaggi. Per contribuenti come Leonardo è una svolta che ritengo necessaria, perché attribuirà certezza alla variabile fiscale attraverso un’interlocuzione preventiva con l’Agenzia sulle principali operazioni, senza essere soggetti al rischio di vederne rideterminati gli impatti anche dopo molto tempo e a seguito di lunghi e logoranti contenziosi. In questo modo nel valutare un’operazione il Consiglio di Amministrazione vede significativamente limitata l’alea fiscale che spesso è insita in operazioni complesse.
L’ammissione al regime richiede una profonda evoluzione culturale, sia da parte delle aziende, che dovranno abituarsi a confrontarsi con il fisco preventivamente, sia della stessa Amministrazione Finanziaria, per la quale il focus si sposta dalla fase di accertamento successivo a quella di condivisione preventiva. Credo tuttavia che le grandi aziende siano pronte, in quanto si muovono nell’ambito di sistemi di controllo e regole di governance già particolarmente strutturati.

  • Quali sono stati gli impatti sul sistema di controllo e di gestione dei rischi di Leonardo s.p.a. dell’adesione al regime di adempimento collaborativo?

R.    Già da diversi anni Leonardo si è impegnata in una revisione del sistema di controllo interno nel suo complesso. L’evoluzione del sistema dei controlli in ambito fiscale rappresenta uno dei tasselli di questa azione, che Leonardo aveva già intrapreso a prescindere dalla possibilità di sfruttare i benefici della cooperative compliance. In contesti complessi come quello attuale, un approccio efficiente e efficace dell’azione fiscale richiede analisi, decisioni e controlli ex ante, a monte dei processi, e non più solo ex post, al fine di intercettare tempestivamente gli elementi di rischio, trattarli adeguatamente e con consapevolezza, disegnare controlli preventivi ove possibile per analoghe fattispecie. Un gruppo della complessità di Leonardo non poteva che intraprendere questo percorso anche solo per se stesso, per la propria piena sostenibilità. Poi abbiamo avuto la possibilità, vista la sovrapposizione del modello di controllo a cui aspiravamo con quello immaginato dall’Agenzia delle Entrate ai fini della cooperative, di trarre ulteriori benefici grazie al regime fiscale innovativo introdotto dal legislatore, e l’abbiamo sfruttata. Non nascondo inoltre che l’ammissione al regime ci fa particolare piacere, perché testimonia in maniera importante l’efficacia delle azioni poste in essere da Leonardo negli ultimi anni sul proprio sistema di controllo interno.

  • Quali sono state le modifiche organizzative che avete adottato ai fini dell’adesione?

R. Come ricordavo prima, aldilà degli interventi fatti nel tempo e per motivazioni diverse sul sistema di controllo interno nel suo complesso, tutte finalizzate ad assicurare un miglior presidio sui processi chiave, la definizione di quello che in ambito fiscale viene definito “Tax Control Framework” ha richiesto la revisione di molti processi e procedure, a valle di un risk assessment fiscale che ha identificato le principali aree di intervento. Si tratta di un processo che dev’essere iterativo, in un’ottica di continuo miglioramento, per consentire all’azienda di adattarsi al meglio alle continue modifiche che caratterizzano l’ambiente in cui opera. Un’attività di continuo miglioramento che non può prescindere da sistemi informativi sempre più evoluti e dall’utilizzo delle nuove tecnologie, che consentono di analizzare in periodi di tempo limitati grandi quantità di dati, che contribuiscono alla determinazione delle grandezze che rilevano ai fini fiscali. Tutti questi interventi devono essere supportati da un’adeguata attività di formazione, trasversale a tutte le famiglie professionali.

  • Qual’è stato il coinvolgimento del Consiglio di Amministrazione (e/o degli Amministratori Indipendenti, e/o dei Comitati) nella scelta di aderire al regime e come sarà coinvolto durante la permanenza di Leonardo s.p.a. nel regime?

R. Il continuo miglioramento del sistema di controllo interno è uno degli argomenti su cui gli amministratori di Leonardo hanno lavorato con maggiore impegno, al fine di assicurare efficienza, trasparenza e piena accountability ai processi della società. Questo stimolo ha costituito il necessario presupposto per l’adesione al regime. Compito del Consiglio è poi stato quello di definire la strategia fiscale del Gruppo, che contiene i principi cardine che devono guidare le attività di business e la governance fiscale, oltre che discutere e valutare l’opportunità di aderire o meno al regime.
Nella fase di piena operatività del regime, il Consiglio sarà chiamato a valutare i risultati del monitoraggio effettuato dalle strutture preposte sul sistema di controllo, a identificare le azioni di miglioramento e a valutare l’adeguatezza delle azioni di rimedio. Il tutto come detto, nell’ottica di definire processi sempre più efficaci e efficienti, in grado anche di ridurre al minimo possibile il rischio fiscale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

(*) Michela Zeme – Associata Nedcommunity, Dottore Commercialista e Revisore Legale con esperienza professionale in ambito tributario e societario. E’ Ispettore Co.Vi.Soc. – Commissione di Vigilanza sulle società di calcio professionistiche della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC). Ricopre incarichi di Consigliere Indipendente, Sindaco e membro di Organismi di Vigilanza in società di servizi e finanziarie, anche quotate.
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