Contro i profeti della sostenibilità urgente una buona governance
Roger Abravanel e Luca D’Agnese hanno messo in guardia nel loro libro presentato nel corso di un convegno organizzato da Nedcommunity dal neo-negazionismo e dalla sostenibilità di facciata chiedendo concretezza e realismo quando si parla di lotta al cambiamento climatico. Il ruolo del board in quest'ottica ne esce esaltato

La lotta al cambiamento climatico si trova al momento stretta fra due fuochi, anzi fra due ipocrisie, entrambe molto pericolose: da una parte il neo-negazionismo crescente molto forte in particolare negli Usa e dall’altra l’eccesso di burocrazia, tipico, invece, dell’Europa. Questa la tesi contenuta nel libro Le grandi ipocrisie sul clima: contro i burocrati della sostenibilità e i nuovi negazionisti del clima, di Roger Abravanel e Luca D’Agnese, al centro del seminario La Governance del clima verso un nuovo paradigma? organizzato da Nedcommunity, da Chapter Zero Italy-The Nedcommunity Climate Forum e da Accenture.
Sono proprio gli autori a mettere il dito nella piaga. Abravanel, che rivendica la propria appartenenza al mondo degli aziendalisti e non degli “ambientalisti”, è partito all’attacco lancia in resta dei profeti della sostenibilità, nati ad Harvard: sono coloro che pretendono che le aziende vangano misurate su quanto sono “buone” e sostenibili attraverso metriche che “non finiscono mai”. Tutto questo sta aprendo la porta a un ambientalismo di facciata, puramente formale, che si traduce in una “colossale ondata di greenwashing”: 35mila miliardi di investimenti dichiarati verdi di cui solo 3.000 con un vero impatto.
D’Agnese ha rincarato la dose sottolineando come la catastrofe climatica “è molto peggio di quanto si pensi” e ha lanciato l’allarme sul fatto che molte persone si trovano in Paesi in cui a breve non esisteranno le condizioni per vivere e lavorare all’aperto: tanto che si calcola che entro il 2050 ci saranno qualcosa come 1,2 miliardi di rifugiati climatici. Una catastrofe tutt’altro che annunciata. E allora che fare?
Secondo gli autori bisogna agire su tre direttrici realizzando una sorta di triangolo della sostenibilità che coinvolga aziende, politica e ambientalisti (quelli veri). Le aziende devono adottare un nuovo approccio che permetta loro di sfruttare le opportunità di innovazione offerte dal pianeta, gli Stati devono effettuare un salto di qualità per quanto riguarda le proprie politiche economiche e gli attivisti devono adottare un atteggiamento più pragmatico e meno ideologico.
Per la past president e attuale componente del Consiglio direttivo di Nedcommunity, Maria Pierdicchi, “il testoche offre tanti spunti di riflessione importanti e inediti risulta molto attuale soprattutto alla luce del precipitoso cambiamento di rotta sul fronte della sostenibilità – al quale stiamo assistendo in queste settimane – che proviene dagli Usa e ha conseguenze anche sull’Europa. La domanda è: ‘Si potrebbe andare verso un annacquamento dell’impegno su questi temi o avere un riposizionamento del triangolo virtuoso verso obiettivi più concreti? L’auspicio è ovviamente che si realizzi la seconda ipotesi anche se – ha aggiunto Pierdicchi – di certo serve una crescita culturale da parte delle aziende”.
Secondo Roberta Marracino, responsabile Strategy di Accenture Italia, la sostenibilità non è più solo un adempimento normativo, ma una leva strategica che incide sulla competitività delle imprese. Anche in un contesto di semplificazione regolatoria, come dimostra il recente Decreto Omnibus, la domanda di sostenibilità da parte di mercati, investitori e consumatori continua a crescere. “Oggi – sottolinea Marracino – serve passare da un approccio compliance-driven a uno business-driven, in cui la sostenibilità è integrata nelle strategie aziendali e nei processi decisionali”. In questo scenario, il ruolo del board diventa centrale: non si tratta più di garantire la conformità, ma di guidare l’innovazione, valutare i rischi della transizione climatica e costruire metriche orientate alla creazione di valore. Una governance efficace, capace di utilizzare dati ESG con la stessa profondità analitica dei bilanci finanziari, è la chiave per affrontare un contesto in rapido cambiamento e trasformare la sostenibilità in vantaggio competitivo.
Silvia Stefini, amministratore indipendente di Leonardo e di Banca Popolare di Sondrio, Chair Chapter Zero Italy-The Nedcommunity Climate Forum, ha sottolineato come alla base dell’azione di business delle aziende debba esserci l’innovazione: affrontare il rischio climatico vuol dire soprattutto introdurre innovazione in tutti gli ambiti: di prodotto, di processo e di proposizione al mercato. La sua realizzazione è strettamente legata alla presenza di una governance efficace che deve partire dalla visione di lungo periodo dell’ad e continuare con un board in grado di guidare le scelte strategiche. Parlare di clima, ha sottolineato, “vuol dire parlare in primo luogo di business, e il board non sempre lo fa fermandosi alle tematiche di pura compliance. Inoltre, non si possono affrontare queste problematiche adottando una visione di breve periodo: occuparsi di questi temi impone il portare la pianificazione oltre il mandato e il piano strategico”. Stefini ha anche ricordato l’importanza, ancor più in questo periodo di confusione nel contesto internazionale, per i consiglieri di amministrazione di dedicare tempo alla comprensione del business model dell’azienda e di come il cambiamento climatico lo stia trasformando. Un’adeguata formazione dei framework più consolidati e le pratiche di successo consente al consigliere di contribuire in modo efficace all’indirizzo strategico cui il suo ruolo è demandato.
“Sulla stessa lunghezza d’onda anche Paola Angeletti, Chief Sustainability Officer di Intesa Sanpaolo, per la quale l’evoluzione del clima creerà rischi che vanno gestiti ma anche opportunità che devono essere colte e pienamente sviluppate. Per farlo serve innanzitutto una governance interna dei temi di sostenibilità con un indirizzo unitario, che coinvolga in modo trasversale tutte le strutture e aree di business e che preveda in seno ai comitati endo-consiliari e manageriali le competenze necessarie a questo percorso strategico”.
E anche per Gianmarco Montanari, amministratore indipendente di Italgas e associato
Nedcommunity il ruolo della governance deve essere crescente soprattutto in
considerazione del fatto che il livello di compliance è terribilmente alto e complesso
riducendo di conseguenza drasticamente lo spazio per parlare di strategia, che deve rimanere in cima all’agenda del board.
In accordo, Sandro Orneli – responsabile Sustainability Strategy EMEA di Accenture – sottolinea le ampie opportunità di efficientamento nella rendicontazione e disclosure di sostenibilità, evidenziando la digitalizzazione come priorità strategica. Le tecnologie abilitano automazione, industrializzazione e ottimizzazione, riducendo sforzi, costi e tempi, oltre a garantire maggiore trasparenza e accuratezza nella gestione di dati sempre più numerosi oltre che complessi.
Un altro elemento che emerge cruciale è la collaborazione, sia interna che esterna alle organizzazioni. È essenziale creare un chiaro collegamento tra la percezione di valore del consumatore e la definizione di generazione di valore all’interno dell’azienda. In questa prospettiva, il coinvolgimento e il commitment di tutte le funzioni aziendali nella costruzione di un business sostenibile devono essere corali. La funzione Sostenibilità mantiene e manterrà un ruolo di orchestratore e guida ma altre funzioni come Risorse Umane, Commerciale, Marketing, Acquisti giocano un ruolo sempre più centrale nel garantire coerenza tra intenti e azioni in ambito ESG.