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Forum 2023: l’indipendente collante del cda

Il Secondo Forum di Nedcommunity si è focalizzato sul ruolo del consigliere in un momento di grande cambiamento, anche normativo, del panorama della corporate governance. Il punto di vista degli esperti che si sono confrontati in tre intense sessioni di lavoro

La corporate governance è sottoposta a un profondo cambiamento perché il mondo si sta trasformando a una velocità mai registrata prima. In un contesto in così rapida evoluzione rimane un punto fermo: la centralità dell’importanza della figura del consigliere indipendente, in grado di rendere i cda più efficaci e pronti ad affrontare le nuove sfide e a gestire i rischi conseguenti. Un ruolo che va approfondito, come ha detto il presidente di Nedcommunity, Alessandro Carretta, nel messaggio di apertura del secondo Forum annuale dal titolo Governance for the future, organizzato il 9 novembre.

“Ritengo sia il momento migliore per parlare di questi temi. Grazie al dibattito sul Ddl Capitali e al progetto di riforma del TUF. Se non ora quando? Nedcommunity si pone il problema di analizzare la buona governance da quasi 20 anni, con una continua attività di ricerca e di accumulazione di conoscenza attraverso i propri reflection group. Un impegno che si esplicita anche sul fronte della formazione come dimostra la ricca offerta della Nedcommunity Academy che punta a trasmettere le competenze necessarie ad affrontare le sfide di oggi e di domani e a fornire gli strumenti adeguati al miglioramento del funzionamento dei board. Il nostro lavoro si avvale, inoltre, del sostengo degli oltre 700 associati e degli stretti legami con i partner, in costante aumento. Stiamo crescendo come associazione e rafforzando il legame con il territorio, come dimostra la nascita del chapter del Nord-Est che sarà lanciato il 30 novembre a Padova e che si affianca al chapter romano”.

A fargli eco Guido Ferrarini, presidente del Comitato scientifico Nedcommunity: “Sono ormai passati i tempi della shareholders value e cresce l’enfasi nei confronti degli stakeholders. Non si sta smantellando il capitalismo ma stiamo assistendo alla grande novità di mettere al centro il tema della responsabilità del fare impresa nei confronti della società e dell’ambiente”. Tutti cambiamenti che il forum ha cercato di approfondire nel corso di tre sessioni di lavoro.

Sliding doors: ripensare la corporate governance

Il primo tavolo, coordinato dal vicepresidente di Nedcommunity, Fabrizio Rindi, ha cercato di dare una risposta soprattutto a una domanda: La corporate governance è ormai diventata sustainable corporate governance o c’è di più? Nessuno può nascondersi, come ha spiegato Rindi che “le pandemie, i conflitti bellici, sono stati dei temi che ci hanno sorpreso e obbligato a confrontarci con scenari che prima non erano usuali. Oggi se ne aggiungono due: la sostenibilità e la tecnologia”.

A fronte di questi cambiamenti, per Vincenzo Cariello, docente dell’Università Cattolica, e componente del Comitato scientifico Nedcommunity, “è necessario un ripensamento problematico della corporate governance nel suo complesso, iniziando in particolare dal codice, passando poi agli istituti paradigmatici come quello del one size fits all approach in corporate governance, ormai inadeguato”.

Anche secondo Marco Ventoruzzo, docente dell’Università Bocconi, e componente del Comitato scientifico Nedcommunity “arricchire la definizione dei doveri degli amministratori con formule sulla sostenibilità ed ESG è difficile, soprattutto se le si vuole vincolanti. Sono temi importanti, ma bisogna ricordare che previsioni anche ispirate da fini nobili possono avere effetti collaterali”.

Nel corso del tavolo sono intervenuti anche Stefano Preda, del Politecnico di Milano, per il quale sarebbe necessario trovare il modo di estendere il codice, Luca Filippa, direttore generale Consob secondo cui non si corre il rischio che tutto venga spostato nell’ambito dell’implementazione delle problematiche di sostenibilità all’interno della corporate governance ed Andrea Toselli, presidente e amministratore delegato PWC Italia. Alessandro Chieffi, segretario del Comitato Corporate Governance, si è soffermato invece sul ruolo dell’innovazione tecnologica, asset che ha consentito di interagire e di continuare ad esercitare il governo societario anche nel corso della pandemia. 

Ruolo e competenze degli amministratori indipendenti

La seconda sezione, coordinata Paola Schwizer, presidente onorario Nedcommunity, si è focalizzata sull’attività che gli indipendenti sono chiamati a svolgere, sulle crescenti responsabilità e sul profilo richiesto a questi professionisti. Schwizer ha esordito ripercorrendo l’evoluzione dell’amministratore indipendente fin dai suoi esordi, negli Usa, oltre 70 anni fa, come outside director. “Tale figura fa evolvere il ruolo del cda che prima era quello di advisory board a supporto dell’ad e che diventa, grazie alla crescita del grado di indipendenza, un organo di monitoring e di vigilanza sull’operato degli esecutivi. L’ingresso degli indipendenti professionalizza il cda e struttura i processi di governance. In Europa questa figura è stata introdotta con il primo codice di autodisciplina in Uk, nel 1992. Da allora funzioni e responsabilità degli indipendenti sono cresciute per presidiare i conflitti di interesse, garantire obiettività e prevenire la cattiva condotta: di conseguenza, il peso degli indipendenti è andato aumentando proprio grazie ai codici di corporate governance”.

I numeri parlano chiaro: i dati raccolti da Assonime e dall’Osservatorio FINGOV mostrano che nel 2010 gli indipendenti erano nelle quotate poco più del 30%, nelle banche e nelle finanziarie il 32, nelle non finanziarie il 36. Nel 2022 si conta il 62% nelle imprese finanziarie, un 46% nelle non finanziarie, e una media di quasi il 50%. Nelle grandi società concentrate sono il 55% e nel 71% delle quotate sono almeno la metà. Nel 41% delle piccole aziende rappresentano la maggioranza del consiglio. “Si tratta di dati – conclude Schwizer – che riflettono la volontà delle imprese di aderire al codice e che testimoniano come tale figura, inserita come elemento di garanzia della buona governance, abbia davvero funzionato”.

Governo societario e indipendenti sono al centro dell’attenzione anche delle autorità di vigilanzacome ha ricordato, Andrea Pilati, vicecapo del Dipartimento Vigilanza di Banca d’Italia per il quale esistono due capisaldi nella supervisione bancaria: la governance e il capitale con la prima che precede il secondo perché un cattivo governo societario è in grado di distruggere ricchezza, come confermano gli episodi di crisi registrati nella scorsa primavera.

Andrea Di Segni, senior managing director, Morrow Sodali, assumendo il punto di vista degli investitori, si è soffermato sul tema delle professionalità necessarie a rendere un consigliere e quindi un cda adeguati, ricordando quanto spesso sia fondamentale adottare un approccio di reskilling. Tanto è vero che, come ha spiegato Nicola Gavazzi, managing partner Russell Reynolds Associates Italia, sempre più le aziende, non solo quotate, cominciano a formare i consigli sulla base delle competenze e delle esperienze dei consiglieri. Al tavolo di lavoro hanno partecipato anche Fabio Galli, direttore generale Assogestioni, e Stefano Firpo, direttore generale Assonime che ha invitato a evitare di introdurre delle quote per aumentare il numero di indipendenti proprio in momento in cui la loro presenza è in crescita. Infine Elisabetta Magistretti, componente del Collegio dei Saggi Nedcommunity, si è soffermata sugli aspetti etici e sulla filosofia sottostante i principi guida redatti dall’associazione: “Il faro è rappresentato dall’incipit del primo principio, dal titolo Il successo sostenibile della società, che recita: Accettando la nomina, l’Associato/a si assume l’impegno di operare nell’interesse della Società senza vincolo di mandato nei confronti di chi lo ha candidato o eletto. Questa enfasi sull’assenza del vincolo di mandato è, secondo il mio parere, la base dell’indipendenza”.

Verso la governance 3.0

Il Forum ha voluto guardare anche al futuro a breve e medio termine della governance. Un compito affidato ai lavori dell’ultimo tavolo, coordinato dal direttore di Economy, Sergio Luciano. Ed ecco che secondo Roberto Cravero, presidente ODCEC Biella, consigliere indipendente, la governance del futuro non può prescindere dalla presenza degli indipendenti nei cda. Sulla base delle evidenze di una ricerca della Bocconi le società che ne hanno all’interno dei board sono quelle che realizzano il maggior numero di acquisizioni nel tempo e che hanno sviluppato un percorso di internazionalizzazione maggiore.

Ma non solo. Per Giovanna Dossena, membro del Consiglio direttivo AIFI, una buona governance deve sempre più essere capace di intelligence, di identificare i problemi e capirli, di prevedere e anticipare soluzioni a incognite che ancora non sono qui, di tenere insieme team coesi, di scommettere sulla diversity per essere capaci di leggere i complessi fatti di oggi. Si tratta di fattori indispensabili soprattutto alla luce della velocità a cui avvengono i cambiamenti, come ha ricordato Giacomo Galli, managing director, country leader Protiviti Italia. Bisognerà puntare non ad annullare i rischi, ma a conoscerli, misurarli, capirli e a gestirli. E fra i principali oggi non si può non menzionare, come ha ribadito Stefano Pareglio, presidente Deloitte Climate & Sustainability, Università Cattolica, quello del cambiamento climatico, un tempo snobbato e oggi schema di riferimento della nuova CRSD.

Secondo Romina Guglielmetti, partner fondatore Starclex, componente del consiglio direttivo Nedcommunity “nella governance del futuro auspico un incremento della fiducia che deve essere ben riposta. Per ottenere questo risultato i board dovrebbero perseguire l’obiettivo dell’effettività. Dobbiamo avere anche il coraggio di misurarla e contare su una forte capacità di autoanalisi dell’operato. Esercizio che viene fatto troppo spesso in maniera formale. Ciascuno deve avere consapevolezza del proprio ruolo, dell’apporto che garantisce a un cda. Bisogna avere, quindi, l’onestà intellettuale per comprendere quali siano gli aspetti che devono essere corretti per evitare che la patologia delle scelte sbagliate emerga soltanto quando la scopre l’Autorità di vigilanza. Spazio quindi al risk assesment per mettersi in carreggiata non più tardi di sei/sette mesi dall’insediamento del cda. Se questo esercizio non dovesse andare bene bisogna avere il coraggio di cambiare qualche componente della squadra”.

Un concetto, quello dell’effettività, ribadito anche da Francesca Mariotti, associata Nedcommunity, secondo cui la presenza degli indipendenti nei board è presidio e garanzia di una buona governance a patto che vi sia anche concretezza.  Concretezza che, come ha sottolineato Fabrizio Testa, amministratore delegato Borsa Italiana, deve fare il paio non solo con l’indipendenza ma anche con competenza, autorevolezza, proattività, strategicità e coraggio.

Il Forum è servito, come tradizione, anche a lanciare uno sguardo a quello che capita all’estero sul fronte della corporate governance. Monica Fanecco, direttore generale Nedcommunity, consigliere delegato NEDValue, ha introdotto sul tema proprio Carmine Di Noia, director for Financial and Enterprise Affairs OECD che ha parlato della revisione dei principi di corporate governance G20/EOCD che fissano gli standard internazionali in materia del Factbook2023. Fra gli obiettivi perseguiti ci sono promuovere l’accesso al capitale e supportare la sostenibilità e la resilienza delle imprese.

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