Il board alla prova del cloud e delle tecnologie emergenti
Un cda consapevole e competente è il "segreto" per la gestione di un'agenda digitale sempre più strategica per ogni tipo di impresa
GettyImagesIl digitale permea sempre di più la strategia e conseguentemente la Agenda di sostenibilità delle aziende: il digitale sta rivoluzionando il sistema economico e per le aziende genera nuove opzioni strategiche e nuovi modelli di business. Il digitale non è più uno dei tanti fattori produttivi, ma un motore di nuove opzioni di posizionamento e agenda competitiva. Basti pensare alla rivoluzione in termini di convergenza di industries, che sta portando alla affermazione delle cosiddette piattaforme, con ecosistema di partners: ad esempio nel mondo consumer retailers, telco, banche, assicurazioni, utilities, stanno concorrendo per indirizzare bisogni primari della clientela (casa, auto, salute) creando piattaforme o distribuendo mediante altre piattaforme, creando esperienze sempre più appaganti, che potrebbero evolvere con metaverso etc.
I cda sono e saranno impegnati sempre più a governare questa complessa materia, indirizzando priorità, investimenti, scelte di ecosistema di partner e fornitori, etc. Investire male può non solo minare la sostenibilità aziendale, ma anche essere fonte di grandi rischi operativi
Un tema quanto mai caro a Nedcommunity che, in collaborazione con Protiviti, ha organizzato un confronto mettendo attorno a un tavolo esperti di governance e di tecnologie emergenti. Un’occasione (ce ne saranno altre) per parlare anche del progetto firmato dall’associazione dei consiglieri non esecutivi e indipendenti, che punta a realizzare una serie di occasioni di confronto e dibattito su “cosa fare in pratica” a livello di cda, e un vademecum per board members. Del resto, come ha spiegato Alessandro Carretta, Presidente Nedcommunity, “alla domanda se i cda sono pronti alla sfida? non è possibile oggi rispondere in maniera positiva”.
“I nostri associati – continua – sanno che il tema è sui tavoli dei board ogni volta che ci si riunisce. Ma ci si limita ad approvare budget impegnativi, si parla di exit, di clausole di way out senza capire di cosa si tratta. Manca un ragionamento su una visione di insieme che ci aiuti a capire le priorità, di quali informazioni abbiamo bisogno per prendere delle buone decisioni. Manca cioè un’agenda digitale del cda. Ecco perché abbiamo avviato questo progetto sfidante. Riteniamo di fare un buon lavoro mettendo a disposizione degli associati una cassetta degli attrezzi per districarsi in questo mondo in rapida evoluzione. Deve essere il cda, in primo luogo, il vero fattore abilitante della digitalizzazione. Il presidente della Consob, Paolo Savona, ha segnalato che ci vuole un board advisor senza diritto di voto che possa orientare il cda nelle scelte digitali. Si tratta in realtà di una intelligente provocazione. io non credo sia la strada giusta. Non abbiamo bisogno di esterni al cda ma, piuttosto, necessità che i board maturino al proprio interno per governare l’agenda digitale in un modo orientato a prendere buone decisioni”.
Piercarlo Gera, componente del Consiglio direttivo Nedcommunity, responsabile del progetto, ha evidenziato come “in Italia alcune cose funzionano, abbiamo alcune aziende leader e diverse eccellenze tra le PMI. Ma abbiamo maturato diversi gap: i livelli di produttività sono mediamente bassi, anche perché a livello paese negli ultimi 10 anni abbiamo investito in media ogni anno 20 Mdi in meno rispetto ai nostri paesi benchmark, siamo 20emi su 27 paesi monitorati da CE secondo indice DESI (Digital Economy and Society Index), siamo 31emi su 37 paesi monitorati ad OCSE in tema di utenza internet, terzultimi come competenze digitali, abbiamo 1 solo unicorno vs 1200 a livello mondo. Esiste un problema di politica industriale, che speriamo verrà indirizzato col PNRR, ma esiste anche un nodo di Governance dell’Agenda Digitale sia a livello di grandi aziende che di PMI. Dove per Governance non intendo fare scelte che spettano al management, ma la creazione di una strategia, di una cultura aziendale orientata al “pensare in digitale”, di una organizzazione aziendale che diano massima apertura alla valutazione delle opportunità consentite dall’innovazione e di dove/come applicarle. Questo riguarda le opportunità di sviluppo dei ricavi, innovando i business model, ad esempio, diventando piattaforma e distribuendo i propri prodotti/servizi attraverso altre piattaforme, anche evolvendo da vendita di macchinari ad affitto degli stessi con vendita a canone di servizi accessori (es assistenza basata su AI, manutenzione predittiva). E ovviamente lavorando ai livelli di produttività, per competere in un mondo che sarà sempre più competitivo (basti pensare a Tesla che prevede dimezzare costi produzione nei prossimi 4 anni). Come Ned vogliamo facilitare questo dibattito, fornendo spunti utili a evolvere la gestione dei Board sin dal breve partendo da un assunto: la tecnologia non è più un fattore di produzione, ma un driver fondamentale di strategia competitiva, con profondi riflessi sui driver di ricavo, costo e rischio. Le scelte in materia di digitale vanno gestite alla luce dei riflessi su ricavi, costi e rischi, non come uno dei tanti argomenti all’ordine del giorno”.
Non a caso Andrea Casiraghi, director Protiviti ha parlato di debito tecnologico: “Gran parte delle aziende sono pervase di infrastrutture e procedure di difficile manutenzione, che drenano molte risorse sia economiche sia umane. Oggi il debito tecnologico impatta sul budget per circa il 30 per cento della spesa. Produce interessi, che devono essere pagati, esattamente come accade con il debito finanziario. Il cloud rappresenta un elemento per scavalcare il debito tecnologico per i suoi enormi vantaggi operativi e di gestione: offre servizi che sono stato dell’arte in maniera continuativa ed è una buona base di partenza per poter incrementare la sicurezza cyber. Se non governato, però, il cloud si porta dietro dei rischi, non ultimo quello legato alla proprietà e alla privacy dati. Ecco che il ruolo del board diventa fondamentale in particolare per la funzione di challenge e di stimolo che sarà in grado di esercitare sul top management, ma anche per la valutazione integrata di costi e rischi. Il cloud può essere una base di partenza per innestare altre tecnologie che consentono di performare meglio: si pensi alle esperienze immersive come realtà aumentata e virtuale o al mondo dell’AI”.
Anche Emma Marcandalli, managing director Protiviti ha ribadito che il tema della digital agenda per il cda è “prioritario per noi e anche per Ned: un punto di contatto che conferma la scelta di diventare partner dell’associazione. Secondo la mia opinione è importante capire nell’ambito del proprio board cosa sia davvero rilevante. Capire perché una tecnologia è rilevante per la mia industria e il mio business. Come? Facendo formazione e stimolando un modello open”.
Per Stefano Brandinali, chief innovation officer Angelini Industries “dobbiamo essere in grado noi uomini delle tecnologie di raccontare ai membri del board perché fare il viaggio verso il cloud. Noi dovevamo imparare la lingua del business. L’abbiamo appresa, adesso tocca a voi imparare la nostra. Bisogna, infatti, capire in primo luogo se una tecnologia possa essere utile o meno. Stiamo discutendo dei vantaggi e dell’opportunità di migrare verso il cloud: non sempre è la scelta da adottare. Va bene nei progetti ad alta erraticità, dove abbiamo bisogno di flessibilità. In tal caso il cloud si rivela una scelta vincente; nei business statici molto meno (si pensi al mondo industriale). In questo caso anche un’architettura con i server funziona benissimo”.
Anche per Luca Montagnini, chief innovation officer di Credit Agricole Italia “avere lo stesso linguaggio vuol dire fare formazione sui board perché si possa essere certi che specifiche tecnologie vengano capite nell’ottica di quello che veramente sono e delle ricadute strategiche, aspetto al centro dell’attenzione dei cda”.
Non a caso per Francesco Caio, senior advisor, board member BNL-BNP “gli advisory board devono farsi spiegare bene quale sia l’obiettivo delle migrazioni. Capire perché si fanno certi investimenti nella tecnologia digitale e nel cloud nello specifico è fondamentale. Poi essere consapevoli che il cloud non è solo tecnologia ma prevede anche un approccio differente. La trasformazione digitale è più una trasformazione di leadership che tecnologica e il board deve fare da guida”.
Per Gianmarco Montanari, direttore generale MOST, associato Nedcommunity “quando parliamo di cloud dobbiamo considerare che nel momento in cui si decide la migrazione dei dati decidiamo di spostarli a casa di qualcun altro. Un rischio che un board consapevole deve prendere in considerazione. Ma non possiamo nasconderci che spesso il cda non è in grado di svolgere questa funzione perché spesso si palesa un problema di composizione. Importante, secondo me, è la capacità critica del consigliere. Un buon consigliere è in un sano conflitto con l’amministratore delegato”.
Anche Barbara Poggiali, presidente Fondo italiano d’investimento, non executive director, associata Nedcommunity ha confermato la necessità di poter contare su un board pronto e competente per la gestione di queste tematiche: “Si tratta di argomenti complessi e i board devono avere una composizione variegata per affrontarli. Il cda deve fare da stimolo di un approccio olistico che veda tutta l’azienda andare nella stessa direzione per sfruttare al meglio queste tecnologie”.