Sostenibilità ed evoluzione digitale driver di crescita futura
Il Primo Forum di Nedcommunity ha messo attorno a tre tavoli esperti di corporate governance, accademici e docenti per delineare le tendenze di evoluzione futura in uno scenario ricco di rischi vecchi ed emergenti
È un pomeriggio di altissimo livello quello che l’8 novembre ha visto riunirsi tutta la dirigenza di Nedcommunity, e una platea ricchissima di stakeholder, associati, professionisti ed esperti di governance. Il luogo di incontro è il panoramico ventisettesimo piano della torre PwC Italia nell’avveniristico quartiere milanese di CityLife, “la dimostrazione della capacità del nostro Paese di innovare in modo positivo” come ha ricordato Giovanni Andrea Toselli presidente e ad di PwC Italia nel suo saluto di apertura.
L’occasione è il primo Forum annuale Nedcommunity Governance for the future dal titolo “Ned tra sfida della sostenibilità ed evoluzione del governo societario”, la prima edizione di un appuntamento che già promette di diventare un rendez-vous annuale di riferimento per i professionisti che fanno della corporate governance e del ruolo centrale dei consiglieri indipendenti il loro core business.
Lo ha spiegato bene il presidente di Nedcommunity, Maria Pierdicchi, indicando chiaramente come l’obiettivo del Forum sia “la condivisione di esperienze e di spunti per affrontare i cambiamenti in atto e le prospettive future, nell’ottica di condividere e maturare nuovi strumenti di lavoro in grado di rispondere alle nuove sfide future tra crisi energetica, contesto economico mutato, e rischi geopolitici”.
Tre i tavoli di lavoro su cui i partecipanti all’evento si sono suddivisi per condividere opinioni, previsioni e visioni messe poi a fattore comune a conclusione di giornata: il rapporto tra governance e valore, la remunerazione degli esecutivi, la gestione dei rischi e il ruolo dell’innovazione tecnologica su modelli di business, stile di leadership e processi decisionali.
È stato Carmine di Noia, direttore Daf dell’Ocse, a precedere il lavoro di studio nei tavoli ricordando come l’Ocse stia lavorando a una lunga serie di revisioni sui principi cardine della Corporate governance a livello internazionale e sulla base di 10 priorità strategiche suggerite in accordo con il G20 tra cui la transizione energetica, al primo posto. Il lavoro è ampio e abbraccia l’importanza di inserire nei nuovi principi il significato e il ruolo nuovo acquisito dagli investitori, dai comitati di audit e da tutti i valori di inclusione e diversità (nelle loro declinazioni più varie).
Questo tema ha preso corpo nel tavolo su Governace e Valore, moderato da Marco Giorgino, consigliere direttivo Nedcommunity, professore ordinario di Financial market e institutions al Politecnico di Milano e alla Polimi graduate school of management. Nel corso dei lavori si è cercato di sviluppare come la governance ha tenuto e reagito ai diversi momenti di crisi che negli ultimi tre anni che hanno messo a dura prova i mercati. E come dovrà ancora reagire alla luce dei rischi di oggi.
Andrea Sironi, presidente di Assicurazioni Generali non ha dubbi: “Il requisito della diversità è diventato più importante proprio alla luce dell’ampiezza di queste sfide”, ha dichiarato. “E diversità significa età diverse, provenienze geografiche diverse, un bagaglio di esperienze diverse. Questo porta una grande ricchezza al cda. Il secondo requisito fondamentale è l’indipendenza intesa come l’importanza dell’impegno che il ned si assume e che prescinde dal ritorno economico. Il terzo requisito fondamentale è il ruolo dei comitati come centro di dibattito e crescita integrata”.
Sposa questo aspetto anche Fabio Galli, direttore generale di Assogestioni. “Il dialogo con gli azionisti è centrale”, ha dichiarato. “Ormai è molto chiaro che la responsabilità del dialogo con tutti gli azionisti (non solo di controllo), risiede nel consiglio. Avere questa responsabilità significa essere informati su come deve essere svolto e arricchito questo dialogo per ingaggiare i consiglieri su come scambiare le informazioni tra investitore azionista e azienda in modo biunivoco. Più della metà delle aziende quotate italiane stanno incorporando forme di dialogo di questo tipo”.
Il punto è come governare l’informazione che viene dal mondo esterno. “Gestire la simmetria informativa è una questione molto complessa” spiega Paolo Ciocca, commissario Consob. “Di certo l’azienda deve controllarla e trovare un valido compromesso tra informazione quantitativa consolidata da tempo e qualitativa in via di definizione, tenuto anche conto che spesso si cade in una scarsa convergenza di vedute e opinioni a livello internazionale”.
“Manca molto in Italia questo aspetto di internazionalità nei board” spiega Nicola Gavazzi, country manager per l’Italia di Russell Reynolds. “I consigli di amministrazione italiani sono ancora troppo concentrati su provenienze locali. Invece servono profili ideali, non nazionali. Serve poi un bilanciamento tra idoneità dei membri e obiettivi da raggiungere. È importantissimo il ruolo dei manager al fine di creare board che siano in grado davvero di raggiungere gli obiettivi necessari all’azienda”.
E su questo punto Patrizia Grieco, presidente Assonime, ha dichiarato: “Il consiglio di amministrazione è chiamato a cercare il giusto compromesso tra interesse degli azionisti e capitale umano, così importante per le imprese soprattutto oggi che si devono affrontare temi così importanti come la sostenibilità. Ma attenzione a promuovere competenze troppo verticali. Nei board si parla sempre di finanza, bilanci, amministrazione, strategia, gestione, e solo in alcuni momenti di temi più specifici. Quindi le competenze per i board devono essere orizzontali, trasversali, formate sui temi centrali dei cda”. Ma spesso “le competenze verticali non si possono comprare perché devono restare nel board che collabora alla governance dell’azienda e dunque hanno la loro importanza e servono più spesso di quanto non sembri” risponde Ciocca in accordo con Gavazzi.
E di competenza si è parlato anche nel secondo tavolo “Dal modello dell’agenzia allo stakeholder capitalism: quali i cambiamenti possibili per l’executive compensation?” coordinato da Sandro Catani, presidente Collegio dei Saggi e coordinatore del Reflection Group Governance delle Remunerazioni di Nedcommunity. Alla sessione hanno partecipato Riccardo Donelli, partner PwC Italia, People Transformation Leader, Mirja Cartia d’Asero, amministratrice delegata del Sole 24 Ore, Alessandra Gritti, amministratrice delegata Tamburi Investment Partners, Pietro Guindani, presidente Vodafone Italia, Nicola Pelà, Human Capital & Organization Director, Atlantia. La sessione ha fatto il punto delle prassi ed ha avanzato congetture sulle evoluzioni della materia da varie prospettive: gli azionisti e investitori, i consigli di amministrazione e il comitato per la remunerazione, i direttori del personale, i manager.
Una prima riflessione ipotizza che, per effetto della maggiore attenzione agli stakeholder, alla sostenibilità e alla sua misurazione attraverso i fattori ESG, la remunerazione sarà profondamente modificata nell’impresa del purpose per un manager la cui figura sta vivendo un profondo cambiamento quale steward di interessi compositi. La disclosure sarà accentuata, crescerà ulteriormente la sofisticazione degli strumenti e dei veicoli, i cicli di vesting dei premi tenderanno ad allungarsi.
Un altro tema chiave è stato quello della remunerazione per i talenti e in generale per le persone che operano nell’impresa. The Great Resignation anche in Italia è diventato un rischio per le imprese di molti settori. Yolo, you only live once, ne è uno dei suoi motti. È chiaro il bisogno di un nuovo sistema di giustizia organizzativa e di equità interno all’azienda, di un profondo cambiamento per mantenere ed accrescere le competenze dell’azienda”. Per effetto di questa maggiore importanza del capitale umano nella strategia aziendale, sempre più il Comitato Remunerazione avrà nel suo perimetro di analisi e proposta, oltre che le figure apicali, il capitale umano e le sue dimensioni: l’attraction, la successione, l’engagement, il welbeing. Quindi maggiori e nuove competenze. Come ha aggiunto Catani: “Assistiamo a una profonda evoluzione non soltanto per quanto riguarda i manager ma di converso i consiglieri indipendenti, devono essere sempre più competenti e capaci di gestire situazioni molto delicate. E avere coraggio! Così anche per loro si pone il problema della remunerazione: Competenza per trattare metodologie complesse: economiche, legali, fiscali e psicologiche. All’interno di un quadro regolatorio sempre più complesso e ad un’opinione pubblica che sarà ancora più attenta alla remunerazione dei manager. Sul tavolo, infine, un’ultima questione, quella dei loro compensi che da molti anni sono stabili rispetto alla crescita di tutti gli altri ruoli. Come si può pretendere competenza se non viene adeguatamente retribuita?
Un cambiamento che può e deve essere avviato partendo soprattutto dalla spinta che può emergere dalla necessità di affrontare rischi emergenti sempre nuovi. Un tema che è stato affrontato in particolare dal tavolo Rischi, innovazione e sostenibilità come motori di trasformazione e cambiamento coordinato da Patrizia Giangualano, consigliere direttivo e coordinatrice Reflection Group “La governance in materia di rischi e di controlli”.
Le perturbazioni sul mercato con rischi sempre più frequenti e concreti stanno evidenziando la necessità di approcci sempre più agili per intercettare, governare le criticità in una logica forward looking. “Viviamo in una fase delicatissima caratterizzata da guerra, crisi energetica, forte incertezza e da una evoluzione tecnologica e digitale tanto rapida da non essere in grado di adeguarci alla velocità necessaria”. Anche se non sorprende che per i leader aziendali, il tema economico sia la più importante preoccupazione, molti hanno imparato a navigare nell’imprevedibile con ascolto sempre più importante dei loro stakeholder, una forte attenzione al riallineamento del proprio modello di business, alla riorganizzazione della forza lavoro interna ma anche della catena di approvvigionamento per evitare interruzioni e adattarsi ai nuovi impatti con l’obiettivo di raggiungere i mercati in grado di assorbire la produzione e i nuovi servizi.
E proprio l’incertezza è centrale nell’intervento di Paolo Magri, vicepresidente esecutivo e Direttore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI). “Siamo scivolati in una crisi devastante caratterizzata dallo scoppio di una guerra calda, quella in Ucraina che rischia di farci perdere di vista quella fredda ancora più pericolosa con la Cina. In entrambi i casi sono emersi ed emergeranno problemi di non poco conto in merito alla possibilità da parte di un’azienda di individuare opportunità di business all’estero. In questo momento il nodo principale è quello energetico ma in un prossimo futuro sarà quello legato all’approvvigionamento di componenti industriali come i microchip che vedrà opporsi Usa e Cina in primo luogo”.
Elena Carletti, docente di Finanza e Prorettore alla ricerca Università Bocconi, presidente del Comitato per i controlli interni e rischi e membro del CdA Unicredit ha sottolineato come l’incertezza non aiuti di certo a prendere decisioni puntuali e “di certo anche il sistema creditizio deve fa i conti con un contesto molto volatile in cui i rischi sono in aumento. Si pensi per esempio al tema delle sanzioni seguite all’attacco della Russia che spesso vede coinvolte autorità diverse o al crescente rischio di attacchi cyber”.
Per questo motivo, come ha sottolineato Paolo Boccardelli, direttore Centro Ricerca Strategic Change Luiss University, consigliere indipendente e presidente Comitato parti correlate Tim, “abbiamo bisogno di modelli in primo luogo flessibili che ci mettano in grado di adeguarci alle sfide presenti e future. In quest’ottica l’evoluzione digitale ci sarà di grande aiuto nella misura in cui riusciremo a mettere al centro i dati come ispirazione del processo decisionale. Inutile ribadire il ruolo strategico del board in questa evoluzione e dei ned in particolare”.
Silvia Candiani, amministratrice delegata di Microsoft Italia sottolinea come “le aziende debbano diventare data driven per affrontare e vincere le fasi di incertezza, ma non solo. Devono scommettere sulla sicurezza cyber come garanzia di continuità del business in caso di necessità. Così si sarà resilienti e allo stesso tempo agili”.
Di sicurezza non poteva non parlare Luciano Carta, presidente di Leonardo per il quale “l’attuale scenario geopolitico ci fa comprendere che il perseguimento della sostenibilità economica, politica, sociale e ambientale sarebbe irrealizzabile senza garantire la sicurezza.
Concetto, quello della sicurezza, che riguarda non solo il dominio fisico ma anche digitale, come purtroppo la ‘guerra ibrida’ ci ha insegnato. Le soluzioni tecnologiche sviluppate da Leonardo nell’ambito della cybersecurity sono pertanto da ritenersi di fondamentale importanza. E così anche le nuove infrastrutture nei settori della Ricerca & Sviluppo (gli investimenti aziendali in questo ambito nel 2021 sono saliti a 1,8 miliardi di euro, +16,9 per cento rispetto all’anno precedente) e del supercalcolo (mi riferisco al supercomputer davinci-1, tra i più potenti calcolatori nel settore Aerospazio e Difesa a livello globale, e agli 11 Leonardo Labs, un network di laboratori dislocati a livello nazionale che hanno attivato 1.201 progetti per sviluppare capacità tecnologiche disruptive). Viviamo immersi nei big data e per una azienda storicamente manifatturiera come Leonardo la convergenza con il digitale è una esigenza ineludibile divenuta realtà”.
L’innovazione, quindi, è centrale e messa al primo posto, assieme alla sostenibilità. Innovazione e sostenibilità sono centrali e definiscono le nostre attività. Come ha detto Michele Crisostomo, presidente di Enel, le due cose vanno di pari passo “perché è proprio la prima che è presupposto della seconda. L’innovazione deve pervadere dipendenti, fornitori, università e centri di ricerca secondo un approccio collaborativo che ritengo debba essere aperto all’ecosistema in cui operiamo. In questo modo siamo stati in grado di creare a Catania una fabbrica di pannelli fotovoltaici che diverrà la più grande d’Europa. Grazie anche alla collaborazione con università locali oggi in Italia produciamo pannelli molto più efficienti di quelli cinesi”.
A conclusione dei tra tavoli i partecipanti sono tornati in plenaria per tirare le somme della lunga giornata di lavori. Il compito di riassumere i temi toccati e di metterli a fattor comune è stato affidato a Guido Ferrarini, presidente del Comitato scientifico di Nedcommunity. Secondo il docente non ci sono dubbi: “Uno degli elementi emersi nel corso delle tre sessioni è di certo quello della sostenibilità, un tema trasversale. In quanto tale parliamo di qualcosa che esula da campi specifici e proprio per questo motivo non può essere oggetto di esclusiva pertinenza del regolatore. In questo senso le imprese, e con loro i board e ovviamente i singoli consiglieri, sono chiamati a svolgere un ruolo da protagonisti”. Un richiamo esplicito al mondo produttivo a lavorare fianco a fianco con i decisori nella consapevolezza che la sostenibilità è un argomento legato a doppio filo a quello della redditività.