La mappa delle crisi internazionali
Non solo guerra in Ucraina. Sono tanti i luoghi in cui le tensioni internazionali impediscono un tranquillo e pacifico sviluppo delle attività produttive. I problemi per il made in Italy
Getty ImagesAgli inizi del 2022, a due anni dallo scoppio della pandemia, il contesto macroeconomico globale risultava in progressivo miglioramento, seppure ancora in maniera differenziata tra i Paesi, come riflesso dell’andamento delle campagne vaccinali. Lo scenario è mutato rapidamente a seguito dell’escalation delle tensioni tra Russia e Ucraina, sfociate a fine febbraio in un conflitto i cui esiti sono al momento molto incerti ma che mostra già impatti evidenti sulle previsioni di crescita dell’economia globale e degli scambi internazionali di beni, riviste al ribasso rispetto a quanto comunemente condiviso tra i principali previsori fino a poco prima dell’inizio delle ostilità.
I rischi dello scenario globale restano comunque significativi, sia sotto il profilo economico che geopolitico. Se infatti gli impatti sanitari legati alla pandemia cominciano a mostrare una progressiva – seppur lenta – riduzione, restano ancora evidenti le difficoltà sul fronte delle catene globali del valore, i rincari nei corsi dei prodotti energetici – con pesanti ricadute sull’inflazione – e gli elevati livelli di debito, che insidiano la stabilità finanziaria degli attori economici, pubblici e privati, in particolare in alcune economie emergenti. Parimenti, l’ampia lista di conflitti di varia natura occorsi nel 2021 e in questi primi mesi del 2022 evidenzia un peggioramento dei contesti politico-istituzionali in diverse aree geografiche.
Il nodo del debito
Sul versante economico-finanziario continua in particolare a pesare la dinamica di crescita del debito a livello globale degli ultimi anni (al 350% del Pil globale), dovuta anche alle necessità di spesa legate alla pandemia, la cui sostenibilità può – specie in alcuni mercati emergenti – essere messa in discussione dal riorientamento delle politiche monetarie della Fed: l’aumento dei tassi americani 2022 può determinare un incremento della probabilità di insolvenza delle società non finanziarie nei mercati emergenti (in media, del 6% per ogni punto percentuale di aumento). In questo senso sono accentuate le criticità in quelle geografie che, già alla vigilia della crisi pandemica, presentavano fondamentali macroeconomici deboli o una traiettoria del debito pubblico in rapida crescita e che si sono quindi ritrovate ad affrontare ingenti fabbisogni finanziari con risorse limitate. Questo è ad esempio il caso del Ghana, dove il repentino incremento dei rendimenti sugli Eurobond a partire dal secondo semestre del 2021 è la spia più evidente della fragilità della situazione debitoria; o anche dello Sri Lanka, per cui è emersa l’incapacità di rimborsare le proprie passività nel breve termine. Resta più complessa la situazione di Paesi in cui l’epidemia e i suoi impatti hanno esacerbato le criticità preesistenti sia a livello economico che politico (come in Bolivia o Turkmenistan) o laddove la situazione economica è altresì compromessa da criticità di natura più prettamente politica (dal Myanmar al Libano, senza tralasciare altri esempi come Etiopia o Tunisia).
Sul fronte geopolitico, la pesante escalation della crisi russo-ucraina ha delle conseguenze economiche che vanno oltre il teatro di guerra. Veicolata lungo diversi canali di trasmissione, che spaziano dal tema energia alle relazioni commerciali, dal canale bancario-finanziario alla fiducia degli operatori, questa crisi inciderà probabilmente sulla traiettoria della crescita economica degli altri Paesi – del continente europeo e non solo -, rallentandone la solida dinamica registrata nel 2021.
Africa sempre instabile
Molto frastagliato è peraltro il quadro dei rischi politici in altre aree geografiche, come ad esempio l’Africa, che tra il 2021 e l’inizio del 2022 ha contato cinque colpi di Stato militari: Ciad, Guinea, Mali, Sudan, Burkina Faso. L’Etiopia, a oltre un anno dall’inizio del conflitto tra Addis Abeba e il partito dell’etnia Tigrè, resta il principale focolaio di crisi umanitaria nel continente africano. In Tunisia si è assistito a un aumento delle proteste a causa del peggioramento degli standard di vita esacerbato dalla pandemia. I Paesi che si affacciano sul Golfo Persico mostrano di converso una diffusa stabilità politica, sebbene sia sporadicamente aumentato il rischio di attacchi terroristici, per lo più provenienti dallo Yemen. In America Latina, non è da escludere una nuova ondata di proteste nel corso del 2022: il calendario delle elezioni di quest’anno prevede due appuntamenti di grande rilievo: le presidenziali in Colombia nella tarda primavera e quelle in Brasile a ottobre, tradizionalmente caratterizzate da una forte polarizzazione interna e dal rischio di una riacutizzazione di tensioni politiche. L’area asiatica riporta un livello di violenza politica relativamente contenuto, sul cui peggioramento tuttavia ha pesato la persistente conflittualità del Myanmar e le violente proteste che hanno caratterizzato Hong Kong nell’ultimo biennio.
In conclusione, in un contesto internazionale che presenta criticità – multidimensionali – sui mercati esteri, la strategia delle imprese deve orientarsi verso una maggiore diversificazione internazionale dei mercati di sbocco per le proprie vendite e, al contempo, una più elevata sostituibilità tra le geografie di approvvigionamento degli input produttivi. In questo percorso, le nostre aziende possono avvalersi degli strumenti formativi, informativi e di supporto offerti dai diversi attori del Sistema Italia per cogliere le opportunità di crescita in maniera competitiva, sicura e sostenibile.