Dnf, board più coinvolti nelle strategie
Secondo uno studio condotto da Nedcommunity in collaborazione con KPMG, arrivato alla terza edizione, più del 50% del campione analizzato dichiara di aver delegato le responsabilità a un comitato endoconsiliare
GettyimagesSono 200 le Dichiarazioni non finanziarie pubblicate con riferimento all’esercizio 2019, di cui 147 appartengono a società quotate, 40 a banche, assicurazioni non quotate ed emittenti su mercati europei regolamentati mentre 13 sono documenti pubblicati in via volontaria. La Direttiva 2014/95/UE è stata infatti sviluppata con l’obiettivo di indirizzare le modalità di pubblicazione delle informazioni non finanziarie da parte delle imprese, contribuendo a diffondere una maggior fruibilità e comparabilità delle performance non finanziarie da parte degli stakeholder e rafforzando allo stesso tempo la fiducia tra imprese, cittadini e istituzioni pubbliche e finanziarie.
In questo contesto, l’analisi condotta da KPMG e Nedcommunity, alla sua terza edizione, sul campione di 200 aziende di differenti settori, ha voluto approfondire i trend di evoluzione delle aziende coinvolte dall’obbligo di rendicontazione dell’informativa extra-finanziaria (o non finanziaria) previsti dal Decreto 254/2016, al fine di fotografare questo importante momento di innovazione ed evoluzione della rendicontazione non finanziaria. L’analisi è stata condotta su aspetti generali quali le scelte di pubblicazione del documento (dove l’80% dei documenti si conferma essere una Relazione Distinta) e la sua lunghezza (in continuo aumento, con una media di oltre 100 pagine a documento), così come su aspetti più strategici di pianificazione strategica e di integrazione degli aspetti di sostenibilità nelle politiche, nei processi e negli assetti di governance.
Tra le aree di analisi, sono stati indagati anche aspetti specifici quali i principali temi identificati come materiali dalle aziende italiane, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite prioritari per settore di operatività e le pratiche di stakeholder engagement maggiormente diffuse. Osservando il campione e il suo andamento nel corso degli anni, è possibile notare come questi ultimi stiano diventando un framework di riferimento per le aziende italiane (51% del campione), così come per quelle internazionali, quale strumento per orientare le proprie priorità (89% di chi li cita, ne definisce alcuni prioritari per il proprio business), strategie e obiettivi futuri (61% di chi cita gli SDGs, definisce specifici obiettivi legati al proprio business).
Nel suo complesso lo studio, al centro il 7 ottobre di un webinar dal titolo “Comunicare la resilienza organizzativa e il contributo all’agenda 2030. Survey sul reporting extra finanziario a 3 anni dall’introduzione del D.Lgs. 254/2016: risultati, opportunità e sfide future“, conferma il trend di progressiva evoluzione dei sistemi di gestione e monitoraggio delle tematiche ESG, con un sempre maggior coinvolgimento dei Board nella definizione delle strategie e degli obiettivi di intervento.
Con un aumento del 70% nel triennio, ad oggi più del 50% del campione analizzato dichiara di aver delegato le responsabilità a un Comitato endoconsiliare. Grazie al maggior coinvolgimento dei comitati endoconsiliari, in particolare del Comitato Controllo e Rischi, anche i sistemi di gestione e monitoraggio dei rischi ESG hanno visto un’importante crescita tra le aziende di grandi e medie dimensioni, anche grazie alla forte attenzione posta sui temi del climate risk dalle istituzioni europee. Inoltre, il 68% delle società analizzate dichiara di aver implementato un sistema di identificazione e gestione dei rischi integrato, che include anche quelli di natura non finanziaria, con un aumento del 44% rispetto al 2017.
La maggior integrazione a livello di organi di governo si riflette positivamente su tutti i processi di pianificazione e gestione dei temi ESG, delineando un generale percorso virtuoso, guidato da un gruppo significativo di best practice, verso la definizione di approcci strategici integrati. Dalla ricerca emerge, infatti, una crescita sostenuta (+230%) rispetto al 2017 dei Piani di Sostenibilità formalizzati e strutturati (di cui il 49% integrato con il Piano Industriale), che tuttavia riguarda solo il 38% delle aziende analizzate.
Osservando le aziende del panel nel corso di questi ultimi tre anni, è possibile notare come di fatto l’introduzione della normativa – a livello europeo e italiano – abbia dato vita ad un vero e proprio processo evolutivo in cui la sostenibilità diventa sempre più parte della pianificazione strategica aziendale, favorendo l’adozione di piani a medio lungo termine e orientati alla creazione di valore sostenibile nel tempo.
Grazie all’ingresso dei temi ESG nei Board, infatti, le aziende confermano il percorso intrapreso di progressiva integrazione, definendo sistemi di gestione dei rischi integrati e formalizzando le proprie politiche di gestione sui diversi ambiti considerati maggiormente rilevanti, trasformando la rendicontazione non finanziaria da obbligo di compliance a strumento di comunicazione del valore condiviso che ciascun business è in grado di generare e distribuire. L’aumento dei documenti redatti in forma volontaria è un ulteriore un segnale di come il mercato, anche al di fuori dei vincoli della compliance normativa, riconosca il valore strategico di fornire una comunicazione extra-finanziaria quanto più completa e trasparente.