BIBLIOTECA NED a cura di Paola Schwizer
Montefiori Claudio (2009),
La corporate governance e gli amministratori indipendenti.
Le società quotate a controllo pubblico,
Aracne Editrice,
Roma
Recensione di Valeria Stefanelli
Il recente Volume di Claudio Montefiori dal titolo “La corporate governance e gli amministratori indipendenti. Le società quotate a controllo pubblico”, Aracne Editrice (Roma), affronta il tema della governance societaria nel particolare segmento delle imprese con soggetto pubblico proprietario. Il tema assume notevole rilevanza in ambito nazionale ed internazionale. A partire dagli anni settanta ad oggi si è assistito, infatti, ad una profonda evoluzione nel pensiero politico ed economico a livello europeo che ha gradualmente limitato il ruolo proprietario dello Stato nelle imprese e valorizzato quello di garante delle condizioni di contesto idonee a sostenere il buon funzionamento dei mercati e delle stesse imprese. Tale cambiamento nel pensiero dello Stato ha avviato il lungo processo di privatizzazioni della proprietà pubblica con l’obiettivo principale di sostenere lo sviluppo e stimolare la competitività dei mercati industriali e finanziari dei diversi Paesi. Nel caso italiano, come sottolineato dallo stesso Montefiori, il processo di privatizzazione è stato particolarmente intenso ed ha perseguito le finalità ulteriori di risanamento dei conti pubblici e di miglioramento delle aree di integrazione europea. Ciò nonostante, le evidenze di mercato confermano ancora la presenza diffusa dello Stato, anche come azionista di controllo, in società appartenenti a diversi settori industriali. Tale configurazione societaria rende particolarmente complessi gli assetti proprietari, a fortiori nei casi di quotazione in borsa, e pone alle società un problema di scelta di un modello di governo adeguato e in grado di conciliare la molteplicità di istanze di cui gli stakeholdersaziendali sono portatori.
Su questo aspetto, in particolare, l’Autore sottolinea come nelle società con soggetto pubblico proprietario siano più complessi e probabilmente invertiti i rapporti di forza principal-agent, teoricamente alla base dello sviluppo del modello di governance: nelle società in esame, lo Stato non può essere inquadrato come l’ultimo proprietario, ma come l’agent degli ultimi proprietari, ovvero i cittadini; secondo l’Autore ne deriva, in tal modo, una attribuzione del ruolo di controllori in capo ai cittadini (dotati di strumenti di controllo probabilmente indiretti e sfumati) e di controllati in capo al soggetto pubblico proprietario, ancor prima che al management. La complessità della compagine azionaria pubblica può danneggiare la gestione d’impresa nei casi limite, se si tiene conto anche dei differenti livelli di governo e di schieramento politico che possono essere presenti nella società e delle conflittualità nella formulazione degli indirizzi strategici aziendali che ne possono scaturire. In aggiunta, l’Autore osserva come la relazione governance-performance o, in altri termini, la qualità dell’assetto di governance adottato dall’impresa, non sia sempre facile da verificare nei contesti di pubblica utilità, in cui solitamente operano le imprese a partecipazione pubblica, dal momento che i risultati aziendali attesi possono divergere da quelli tipici delle altre imprese.
Sullo sfondo di tali considerazioni teoriche, il contributo dell’Autore si spinge a delineare un quadro puntuale degli assetti proprietari e delle peculiarità di governance delle società quotate italiane a partecipazione pubblica. Più in dettaglio, il campione oggetto di osservazione nel Volume è composto dalle società operanti nei servizi di pubblica utilità e partecipate dagli enti territoriali, accanto alle società pubbliche quotate e controllate direttamente dallo Stato. I profili di analisi indagati dedicano particolare attenzione, oltre alla dimensione e alle specificità di business, al modello di governance adottato (tradizionale o dualistico), alla struttura proprietaria e al ruolo svolto dal consiglio di amministrazione della società; su questo ultimo aspetto sono presi in considerazione i meccanismi organizzativi e di funzionamento dell’organo, nonché le competenze e le professionalità in esso presenti. Nel corso dell’analisi l’Autore sottolinea, ove possibile, analogie e differenze nelle caratteristiche di governance tra il campione esaminato e le altre società quotate (non a partecipazione pubblica).
Al centro del dibattito si pone il ruolo degli amministratori indipendenti, la cui presenza nei board delle società a partecipazione pubblica appare determinante per rafforzare la governance e contrastare possibili abusi di potere a tutela dell’interesse pubblico, previo rispetto di un sostanziale vincolo di trasparenza e di correttezza dei processi di selezione e di nomina adottati dalla società.
L’indagine empirica si fonda sulle metriche di qualificazione e apprezzamento degli assetti di governance tradizionalmente proposti nella letteratura economica, cui l’Autore dedica un’ampia trattazione nei primi capitoli del volume. Non mancano, in tale ambito, i riferimenti comparativi al contesto normativo e alla disciplina di autoregolamentazione sulla governance societaria adottata nei diversi Paesi europei.
Al margine dell’approfondita analisi empirica nel contesto italiano, l’Autore offre interessanti spunti di riflessione e delinea via via possibili soluzioni di miglioramento dello stato dell’arte della governance delle società a partecipazione pubblica in un’ottica di maggiore tutela degli interessi della collettività.