Recepimento della “Direttiva sui diritti degli azionisti” e governance delle società quotate
Il d. lgs. n. 27 del 2010 ha recepito in Italia la cosiddetta direttiva sui “diritti degli azionisti” (direttiva 2007/36/CE). Le nuove regole innovano in modo significativo la disciplina delle società quotate modificando, tra le altre, le norme attinenti la convocazione dell’assemblea dei soci, i diritti di informazione dei soci, la legittimazione all’intervento e al voto in assemblea, le deleghe di voto, la distribuzione di dividendi. Il fil rouge che accomuna queste eterogenee novità è l’obiettivo di facilitare la partecipazione attiva alla vita delle società da parte degli azionisti. In questa sede si intende offrire alcune considerazioni su due specifiche innovazioni, ossia quelle attinenti l’introduzione del sistema della “record date” per il voto in assemblea, e le deleghe di voto. Si tratta, come vedremo, di riforme di particolare rilievo per la nomina degli organi di amministrazione e controllo tramite voto di lista; riforme in grado di incidere significativamente, già a partire dalla prossima stagione assembleare, sulla propensione degli investitori istituzionali, in particolare stranieri, a assumere un ruolo attivo nella selezione e nomia di amministratori e sindaci di minoranza. Novità, dunque, di grande importanza nell’evoluzione della governance delle società italiane.
La “record date” à l’italienne
Il nuovo sistema di legittimazione all’intervento in assemblea e al voto è basato sulla certificazione del possesso delle azioni alla “data di registrazione”, fissata per legge al settimo giorno di mercato aperto precedente la data dell’assemblea di prima o unica convocazione. L’art. 83-sexies T.U.F., collocato nell’ambito della disciplina della gestione accentrata di strumenti finanziari, rivoluziona infatti il tradizionale sistema di legittimazione, fondato sulla tendenziale identità, al momento dell’assemblea, tra titolarità delle azioni e diritto di partecipare ai lavori assembleari, introducendo un approccio ispirato al modello anglosassone della “record date”.
Oggi, la legittimazione all’intervento e al voto in assemblea si ottiene in base a una comunicazione all’emittente, effettuata dagli intermediari che partecipano al sistema di gestione accentrata, nella quale si certifica il soggetto che risulta titolare delle azioni al termine della giornata contabile che precede di una settimana la data della riunione dell’organo. Tale soggetto è legittimato all’intervento e al voto, a nulla rilevando i successivi trasferimenti e registrazioni relativi alle azioni: si può così realizzare una scissione tra proprietà delle azioni e titolarità del diritto di voto, impossibile nei sistemi basati sul cosiddetto “blocco” delle azioni. La legge richiede che la comunicazione dei legittimati, inviata dagli intermediari, giunga agli emittenti almeno tre giorni prima dell’assemblea (o entro il minor termine stabilito dallo statuto), ferma restando la legittimazione dei soggetti per i quali le comunicazioni giungono comunque alla società prima dell’inizio dei lavori assembleari.
Il nuovo approccio è, come noto, stato fortemente voluto dagli investitori istituzionali, per i quali è importante poter liberamente disporre delle azioni in ogni momento: anche un blocco limitato a pochi giorni determina, per tali soggetti, un forte disincentivo all’esercizio della voice, incidendo negativamente sulla loro propensione a partecipare all’assemblea e, quindi, alla vitalità dell’organo. La previgente disciplina, difforme da quella vigente sui mercati regolamentati anglosassoni, veniva vista come particolarmente penalizzante rispetto alle esigenze di trading dei gestori collettivi del risparmio.
Pare dunque verosimile attendersi, a partire dal 2011, un ulteriore aumento dell’attivismo degli investitori istituzionali, liberati dai lacci del deposito obbligatorio, anche se è difficile prevedere l’intensità del fenomeno. Numerosi e delicati sono, tuttavia, i problemi che la nuova disciplina pone. Senza pretesa di completezza, ci si limita qui a indicarne alcuni.
Una prima questione attiene l’ambito di applicazione delle nuove regole alle assemblee diverse dall’assemblea generale degli azionisti, e cioè alle assemblee speciali dei titolari di azioni di categoria. La nuova disciplina è applicabile a tutte le assemblee degli azionisti, ciò anche sulla scorta del fatto che, alle assemblee di categoria, si applicano le regole di funzionamento dell’assemblea straordinaria. Ovviamente le nuove norme non possono essere estese alle azioni che circolano al portatore.
Un secondo ordine di problemi può riguardare gli accordi relativi all’esercizio del voto tra il soggetto che cede le azioni successivamente alla record date (che dunque conserva il diritto di voto), e l’acquirente delle stesse. L’acquirente potrebbe convenzionalmente stabilire con l’alienante che quest’ultimo partecipi all’assemblea e voti secondo le indicazioni del primo. Siffatti accordi, che potrebbero avere rilievo applicativo soprattutto in caso di acquisto di partecipazioni di una certa consistenza, possono probabilmente ritenersi patti parasociali, ancorché stipulati per una singola assemblea, ed essere quindi soggetti alla disciplina della pubblicità prevista dall’art. 122 T.U.F.
Tema distinto, che qui ci si limita ad accennare, è se in assenza di specifiche pattuizioni si possa in alcuni casi far discendere, dai principi generali in materia contrattuale, un obbligo dell’alienante legittimato all’intervento in assemblea di tenere una certa condotta, ad esempio votando a favore di una determinata delibera la cui approvazione è nota essere nell’interesse dell’acquirente. Si immagini il caso di una società che detiene una partecipazione di poco inferiore alla soglia di capitale necessaria per approvare una fusione per incorporazione con la propria partecipata, alla quale si contrappone una coalizione di azionisti collettivamente titolari di una quota di capitale votante leggermente superiore. La società partecipante potrebbe aver interesse all’acquisto di un limitato quantitativo di azioni, sufficiente tuttavia ad assicurarle la maggioranza in assemblea. Potrebbe accadere, sebbene l’ipotesi appaia improbabile nella prassi degli affari, che l’acquisto delle azioni (successivo alla record date) non sia accompagnato da un valido e vincolante impegno del venditore ad esercitare il voto nel senso indicato dall’acquirente. In tale frangente, quantomeno al ricorrere di particolari ipotesi in merito alla conoscenza, da parte del dante causa, delle finalità dell’acquisto di azioni, si potrebbe ritenere che gli obblighi generali di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto possano essere invocati a tutela delle ragioni del proprietario dei titoli non legittimato a votare.
Presentazione delle liste e record date
La direttiva 2007/36/CE non prevedeva, ovviamente, alcuna regola in tema di legittimazione alla presentazione di liste di candidati per la nomina degli organi di amministrazione e controllo. Il voto di lista, e più in generale modalità di nomina di amministratori e sindaci di minoranza, non sono infatti disciplinati in modo uniforme a livello comunitario e, anzi, non sono generalmente previsti dal diritto societario di altri Stati membri. Il sistema previsto dagli artt. 147-ter ss. T.U.F. rappresenta, infatti, una peculiarità dell’ordinamento italiano, ignorata dal legislatore europeo nel dettare regole comuni in tema di legittimazione al voto. Il nostro legislatore delegato, tuttavia, anche su pressione di alcune organizzazioni di categoria, ha opportunamente regolato la questione prevedendo una sorta di “data di registrazione” anche per il deposito delle liste.
Si è a questo fine introdotto un nuovo comma 1-bis dell’art. 147-ter T.U.F., secondo il quale le liste per la nomina degli organi di amministratori e controllo devono essere «depositate presso l’emittente entro il venticinquesimo giorno precedente la data dell’assemblea chiamata a deliberare sulla nomina dei componenti del consiglio di amministrazione». Le liste sono soggette a pubblicità (presso la sede sociale, sul sito internet dell’emittente e con altre modalità stabilite dalla Consob) «almeno ventuno giorni prima della data dell’assemblea». La titolarità della quota di partecipazione necessaria per la presentazione delle liste si determina in base alle risultanze dei conti degli intermediari nel giorno in cui le liste sono depositate, consentendo tuttavia che la relativa certificazione sia essere prodotta anche successivamente al deposito delle liste, purché entro il ventunesimo giorno anteriore all’assemblea, ossia entro il termine ultimo per gli adempimenti pubblicitari relativi alle liste. La disciplina richiamata si applica anche alla nomina dell’organo di controllo, giusta il rinvio introdotto nell’art. 148, comma 2, T.U.F.
Nel nuovo quadro normativo, i soggetti che intendono presentare una lista devono risultare titolari della soglia di partecipazione minima fissata dalla Consob, in ragione dei parametri di capitalizzazione dell’emittente, nel giorno nel quale essi decidono di depositare il proprio elenco di candidati, giorno che possono liberamente scegliere tra la data di pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea (non meno di quaranta giorni prima della data di convocazione) e il venticinquesimo giorno precedente la riunione (termine ultimo per il deposito delle liste).
Il punto è molto importante in quanto, in ragione delle prassi invalse tra gli intermediari, la mera previsione della record date per la legittimazione all’intervento e al voto in assemblea non avrebbe necessariamente “liberato” gli investitori che volessero presentare liste di candidati al cda o al collegio sindacale dal “blocco” delle azioni. L’emendamento all’art. 147-ter T.U.F. chiarisce, al contrario, che gli azionisti devono essere titolari della quota minima per la presentazione delle liste solo al momento del loro deposito, potendo successivamente continuare a svolgere le normali operazioni di trading, fermo restando che per votare le azioni dovranno ovviamente risultare titolari delle azioni anche al momento della data di registrazione per l’intervento assembleare, ossia sette giorni prima della riunione dei soci. Vi sono, dunque, solo due date nelle quali gli azionisti devono essere titolari delle partecipazioni necessarie per depositare le liste e per ottenere la legittimazione al voto, conservando in generale la libertà di disporre dei titoli in portafoglio nel periodo che precede la riunione assembleare.
La timeline relativa alla convocazione dell’assemblea
Per semplificare quanto detto, il seguente schema sintetizza i principali termini e scadenze che occorre rispettare nel periodo preassembleare, da parte dell’emittente, degli intermediari partecipanti al sistema di gestione accentrata e degli azionisti che intendano esercitare i principali diritti sociali, e in particolare contribuire alla nomina di amministratori e sindaci.
A partire dalla prossima stagione assembleare si potrà dunque valutare se, grazie alle nuove regole che consentono agli intermediari di partecipare al voto di lista senza bloccare le azioni, si verificherà un maggiore attivismo dei fondi d’investimento e altri azionisti istituzionali nella nomina degli organi di amministrazione e controllo. Il tecnicismo della materia, infatti, non deve nascondere il potenziale impatto pratico delle nuove norme sui sistemi di governance italiani.
Deleghe di voto semplificate e attivismo degli investitori
Ma vi è di più. Il d. lgs. n. 27 del 2010 modifica sostanzialmente anche la disciplina delle deleghe di voto, secondo e fondamentale capitolo, insieme a quello della legittimazione al voto, per definire il ruolo degli investitori istituzionali nella governance delle società quotate. Sempre allo scopo di facilitare una consapevole partecipazione degli azionisti alle assemblee, la riforma interviene rimuovendo alcuni dei limiti previsti dall’art. 2373 cod. civ., e semplificando la disciplina delle deleghe di voto contenuta nel T.U.F.
Limitandosi ad accennare le principali novità relative alle società quotate, si segnala innanzitutto che la riforma consente il conferimento di deleghe ai componenti degli organi di amministrazione e controllo e ai dipendenti della società, ed elimina i limiti al numero di soci che uno stesso soggetto può rappresentare. Quanto alla sollecitazione di deleghe di voto, con le nuove norme il promotore può procedere alla raccolta direttamente, senza necessità di ricorrere a un intermediario; è ammessa la cosiddetta “one-way proxy”, ossia la delega nella quale il promotore “accetta” di rappresentare il delegante solo se costui intende votare nel modo proposto da chi raccoglie le deleghe (disposizione che potrebbe incentivare la propensione a sostenere i costi della sollecitazione); ed è stato abolito il requisito di possesso azionario minimo del promotore previsto T.U.F..
Queste disposizioni disegnano un quadro regolamentare che facilita il ricorso alla sollecitazione di deleghe di voto, strumento di governo societario che, sino ad ora, non ha avuto diffusione nel nostro ordinamento.
Anche sotto questo profilo, dunque, le nuove norme sui diritti degli azionisti paiono anticipare, nel 2011, una stagione assembleare maggiormente “vivacizzata” dal ruolo degli investitori istituzionali o, comunque, nella quale i tradizionali gruppi di controllo dovranno confrontarsi con maggiore attenzione con le istanze di minoranze qualificate.
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