BIBLIOTECA NED a cura di Paola Schwizer
Direttamente da lavoce.info, in occasione del decennale dalla fondazione, è proposta in un volume l’intervista condotta da Sergio Levi a Marco Onado, professore di Diritto ed economia dei mercati finanziari alla Bocconi e membro del Consiglio Direttivo di Necommunity.
Le modalità di gestione della crisi e soprattutto gli sviluppi della seconda fase, tra il 2010 e il 2011, sono il filo conduttore del discorso, nel quale Onado spiega e commenta, con la consueta lucidità ma anche con qualche tratto di ironia, i passaggi fondamentali che hanno portato dall’emergenza Greca alla “lunga estate dei debiti sovrani” fino alle operazioni di liquidità della BCE di inizio 2012.
Ipotesi di riforma, ritardi di intervento, errori di valutazione hanno esposto i Paesi europei più deboli a reazioni violente dei mercati. Pura speculazione finanziaria o una giustificata sfiducia degli investitori?
Onado vede la prima come un “drago a cento teste”, ma non causa bensì effetto della crisi. I fondi monetari internazionali hanno venduto titoli italiani, per timore di subire perdite nel breve termine, determinando il rialzo dello spread. “Non hanno capito che i BTP sono il più grande affare del secolo”. Ma la strategia è stata razionale, ha seguito le logiche tipiche degli investimenti finanziari. Le operazioni speculative ne hanno semplicemente amplificato gli effetti.
Onado parla molto delle banche e del loro ruolo di vittime e artefici della crisi. Da un lato, esse hanno subito l’aumento degli spreads almeno su quattro fronti: perdite in conto economico per effetto della contrazione di valore del portafoglio titoli; minor valore delle garanzia disponibili per ottenere finanziamenti sull’interbancario; downgrading per la maggiore rischiosità dell’attivo; costi di funding superiori. Da un altro lato, sostiene Onado, le banche sono tra i responsabili della crisi perché hanno voluto cercare “profitti straordinari nella nuova finanza, abbandonando la propria vocazione naturale di struttura al servizio dell’economia”.
Una fotografia dello stato di salute del sistema bancario è fornita in modo chiaro – secondo Onado – dagli stress tests condotti nel 2011 dall’EBA, l’Autorità Bancaria Europea: “capitali robusti ma profitti traballanti”. Le banche sono risultate in grado di sopportare gli effetti di uno shock una tantum, ma non di uno scenario di prolungata crisi del debito sovrano e delle conseguenti spinte al rialzo dei tassi sulla raccolta.
Come ripristinare allora la fiducia nelle banche?
Onado vede la necessità di misure “improntate ad una maggiore integrazione europea, non ad antiquati ripiegamenti nazionalistici”. La vigilanza unica europea è una delle soluzioni auspicate.
Quanto alle agenzie di rating, Onado non vede con favore la costituzione di un’agenzia europea che finirebbe per creare un conflitto di interessi ancora più grave di quelli oggi esistenti. Per altro verso, tutti i tentativi di riduzione del potere delle agenzie, già portati avanti dalla SEC e dalla FED, si sono scontrati fino ad ora con reazioni pesanti delle grandi banche, spinte dal timore – secondo Onado – di vedersi costrette ad aumentare il capitale per effetto di un peggioramento dei livelli di rischio segnalati dai modelli interni.
In definitiva, la crisi ci ha obbligato a rivedere quattro dogmi, o “idola fori”, come li definisce Onado: il principio dell’efficienza, in termini di completezza dei mercati, à la Arrow-Debreu; quello della banca universale; l’assioma dello stakeholder value; l’ipotesi dei mercati efficienti, intesa come capacità dei prezzi di misurare in modo adeguato i rischio futuri. Il processo di riforma deve quindi mettere in discussione, prima di tutto, “i presupposti teorici sui quali la regolamentazione si è finora fondata”.
All’inizio dell’intervista Onado asserisce che “entro il 2012 si chiariranno i destini di alcuni paesi periferici e della stessa moneta unica”. Alla luce dei fatti di queste settimane, è evidente che l’incertezza è divenuta ancora maggiore di quanto si potesse prevedere solo qualche mese fa.
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