Business e beneficio comune: le Società Benefit
Le società Benefit sono state introdotte in Italia dalla Legge Finanziaria 2016 (Legge 208/2015), e presentano la peculiarità di coniugare un duplice scopo: profitto e beneficio comune. L’Italia è stato il primo Paese ad adottare questo status giuridico
di Marco Seracini (*) e Aldo Gebbia (**)
Le società Benefit sono state introdotte in Italia dalla Legge Finanziaria 2016 (Legge 208/2015), e presentano la peculiarità di coniugare un duplice scopo: profitto e beneficio comune.
L’Italia è stato il primo Paese ad adottare questo status giuridico al di fuori degli Stati Uniti, dove 35 Stati hanno sinora adottato leggi simili, istitutive delle Benefit Corporations, e tuttavia va ricordato come i princìpi alla base delle società benefit abbiano in realtà origini italiane, per essere riconducibili alla nostra Scuola di Economia Civile, nata nel ‘700 (ricordiamo, in proposito, anche l’articolo del Socio Prof Alessandro Carretta pubblicato da La Voce degli Indipendenti nel nr. 40 di ottobre 2019).
La società Benefit non è una nuova tipologia di società, ma è uno status giuridico, statutariamente sancito, di aziende che vogliano andare oltre l’obiettivo del profitto al fine di perseguire in modo strutturato, duraturo e trasparente, impatti positivi su dipendenti, comunità, territori, ambiente, attività culturali e sociali, enti e associazioni, e a beneficio delle generazioni future.
Le società Benefit si collocano ‘oltre’ la Corporate Social Responsibility, in quanto considerano l’impatto sociale quale motore di produzione del valore: non si tratta più di produrre prima e distribuire sul sociale poi, ma far entrare il sociale nel processo produttivo affinchè questo ne sia positivamente influenzato.
Siamo dunque di fronte al superamento della massimizzazione del profitto come scopo dell’impresa a favore di una visione orientata a garantire nel tempo la creazione di valore non più per i soli shareholders, ma anche per gli stakeholders riconosciuti, ovvero per i soggetti portatori di interessi coerenti con l’attività dell’azienda e con gli impatti che essa determina.
La società Benefit deve indicare, nell’ambito del proprio oggetto sociale statutariamente definito, le finalità specifiche di beneficio comune che intende perseguire, operando in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse.
L’impegno della società a perseguire anche il beneficio comune non può, naturalmente, essere una mera indicazione di principio ma deve essere misurato e rendicontato in un’apposita “Relazione di impatto” annuale da allegare al bilancio e da pubblicare sul sito aziendale. Si pone pertanto il problema delle metriche di misurazione e di rendicontazione che, nel rispetto delle finalità e delle aree definite dagli Allegati 4 e 5 della Legge 208/2015, ogni società benefit sceglie in modo coerente al suo business caratteristico; può influire sulla scelta anche il riconoscimento dello Standard nel contesto di riferimento ed interesse dell’impresa (associazioni, enti, soggetti erogatori di finanziamenti quali banche, fondi di investimento, e attori di finanza alternativa -private equity, venture capital, crowdfunding etc.).
La Relazione d’Impatto che la società Benefit deve indicare inter alia:
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lo Standard di riferimento scelto, emesso da Ente terzo, le motivazioni di tale scelta, e i coerenti criteri e modalità di misurazione che ne derivano, integrato da una dichiarazione che escluda collegamenti tra la società benefit e l’Ente che pubblica lo Standard;
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la descrizione di come l’impresa ha rispettato gli obbiettivi di beneficio comune generale (operare in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti degli stakeholders) e perseguito quelli specifici (come definito nello statuto);
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le eventuali circostanze che hanno impedito o ridotto la creazione da parte dell’impresa di un beneficio comune, generale o specifico;
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una valutazione della performance sociale e ambientale globale della società benefit rispetto allo Standard, che deve essere applicato in modo continuativo e coerente nelle relazioni di impatto precedenti; nel caso di cambio di standard di valutazione, è necessario fornire le motivazioni che hanno condotto a tale decisione.
L’attuale normativa italiana non offre alle società benefit alcun vantaggio o agevolazione ad esclusione di un primo importante riconoscimento, in materia di contratti pubblici, approvato dal Parlamento il 19 dicembre 2019, in sede di conversione del decreto-legge 26 ottobre 2019, n.124 (c.d. decreto fiscale).Nelle parole dell’On. Mauro Del Barba, padre della Legge sulle società Benefit e Presidente di Assobenefit, “questo è un importante riconoscimento; la premialità è estesa a tutte le imprese che vogliono fare ciò che per le società Benefit è prassi normale, oltre che obbligo di Legge”.
Se dunque il Legislatore non ha voluto (per ora…) garantire alle società Benefit particolari vantaggi o incentivi -ad eccezione di quello sopra citato-, quali sono i vantaggi derivanti dal diventare una “società Benefit”?
Come ricorda Carlo Bellavite Pellegrini, ordinario di finanza aziendale alla Cattolica di Milano e Presidente del Comitato Scientifico di Assobenefit, “in un mondo orientato sempre più verso l’importanza della sostenibilità, l’adozione del modello benefit rappresenta un committment molto forte ed apprezzato dal mercato, potenzialmente complementare, ma non alternativo, a buoni scoring ESG.”
La società Benefit risulta più attraente per investitori in capitale di rischio perché offre tutele legali e richiede requisiti di responsabilità e trasparenza, che possono rappresentare una forma di garanzia per gli Impact Investors: una impresa che sia alla ricerca di capitali per la crescita può dunque essere privilegiata per aver assunto lo status di società Benefit.
Diventare società Benefit sostiene certamente la crescita reputazionale dell’azienda e la mette in relazione con altre aziende che hanno fatto uguale scelta, contribuendo a creare circoli virtuosi di imprese Benefit, riconosciute, nel loro insieme e per la loro crescita, per il beneficio sociale che creano.
Infine, l’impegno benefit accresce la capacità di attrazione e ritenzione di talenti a maggior motivazione ideale, e ne promuove la fidelizzazione.
La crescente diffusione delle società Benefit (ad oggi circa 500 distribuite sul territorio nazionale) ha suggerito, nel dicembre del 2018, la costituzione dell’Associazione Italiana per le Società Benefit (www.assobenefit.org) , che si propone di “concorrere all’affermazione di un nuovo modello economico di sviluppo sostenibile sul territorio italiano basato sui principi costitutivi delle società benefit“, attraverso la diffusione della conoscenza del modello Benefit, favorendo la nascita e la trasformazione di Società Benefit, monitorando e indirizzando i temi innovativi richiamati dalla presenza di questo nuovo soggetto di impresa, e promuovendo la diffusione di buone prassi e la conseguente evoluzione legislativa. Assobenefit sviluppa inoltre relazioni e promuove azioni comuni con analoghe realtà nazionali e internazionali che perseguano le medesime finalità, promuove l’affermazione e la diffusione di buone prassi nell’esercizio di quanto previsto dalla legge e stimola, anche con le attività di ricerca del suo Comitato Scientifico, la corretta applicazione di governance aziendali e strumenti di misura, controllo e rendicontazione per le società Benefit.
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(*) Marco Seracini è associato a Nedcommunity, Dottore Commercialista e Revisore Legale.
È membro del Comitato Scientifico del Centro Studi Economia Applicata (CSEA) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano. È socio fondatore e membro del Comitato Scientifico di Assobenefit (Associazione Nazionale per le Società Benefit). È componente del Tavolo di lavoro in materia di revisione delle norme di comportamento del collegio sindacale di società quotate, istituito dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili.
È ed è stato Presidente del Collegio Sindacale o Sindaco effettivo di numerose primarie società, anche quotate, nonché amministratore e revisore di società, Enti Pubblici e Fondazioni. Svolge e ha svolto attività professionale, pubblicazioni e convegnistica principalmente nei settori: Corporate Governance, mercati regolamentati, Terzo Settore, aziendale, societario, tributario, contrattuale, Organismi di Vigilanza, enti pubblici, fallimentare e crisi di impresa, amministrazioni giudiziarie.
(**) Aldo Gebbia, associato a Nedcommunity, oggi è Management Consultant, e socio fondatore e Vice Presidente di Assobenefit, l’Associazione Italiana per le Società Benefit. Ha sviluppato tutta la sua carriera professionale in Saipem. Ingegnere, negli anni ha partecipato ad Executive Programs di Eni Corporate University, Wharton Business School, Stanford University, Kellogg School of Management. Più recentemente ha partecipato al corso della S.E.C. in Economia Civile, Impresa Responsabile e Finanza Sostenibile, e all’Induction Program per Consiglieri Indipendenti promosso da Assonime-Assogestioni. Negli anni è stato Managing Director, membro di CdA, e Chairman di numerose società estere controllate e partecipate da Saipem. È stato tra i fondatori, e presidente di Chapter, del PMI Project Management Institute (è tuttora membro del comitato scientifico), e presidente dell’entità italiana di IPMA International Project Management Association. È stato Delegato, eletto per due mandati dai dirigenti del Gruppo Eni, nel Fondo Pensione Fopdire. È membro di ANRA, Associazione Italiana Risk Managers.