La polizza assicurativa D&O come strumento di protezione degli executives (e possibile indicatore di qualità della corporate governance?)
Pubblicato il 28/6/2018 sul numero 35 de La Voce Degli Indipendenti
Premessa
Le polizze assicurative D&O (“Directors & Officers Liability“) hanno la funzione di proteggere il patrimonio personale degli amministratori e, più in generale, dei membri degli altri organi di gestione e di controllo e delle funzioni apicali di una società, nei casi in cui tali soggetti siano chiamati a rispondere dei danni provocati alla società stessa, ai creditori o a terzi a seguito dell’inosservanza dei doveri loro imposti dalla legge o dallo statuto sociale.
Nonostante l’attuale contesto giuridico renda sempre più rischioso l’esercizio delle funzioni manageriali e si registri una crescente difficoltà, da parte delle società, ad attrarre e trattenere talenti manageriali ai più alti livelli in assenza di adeguati strumenti di protezione che fungano da fattori di mitigazione del rischio[1], la diffusione di tali coperture assicurative in Italia è ancora limitata, così come scarsa ne è la conoscenza.
Di polizze D&O si parla infatti quasi esclusivamente quando i media portano alla ribalta della cronaca qualche crisi o scandalo societario, soprattutto se risultano coinvolti importanti gruppi industriali o finanziari, o manager di spicco. Al di fuori di questi casi, per la verità non infrequenti da qualche tempo a questa parte, l’interesse per le coperture assicurative D&O in Italia è relegato agli addetti ai lavori del settore assicurativo e legale, e di rado tocca i soggetti direttamente coinvolti: le società (che stipulano tali polizze) e i componenti degli organi di gestione e controllo (che beneficiano delle relative coperture).
Se si esaminano però i dati periodicamente forniti da broker e assicuratori, ci si accorge che la diffusione delle polizze D&O è progressivamente aumentata negli anni, in parallelo con la crescita del numero delle azioni di responsabilità esercitate contro amministratori e sindaci e delle somme richieste a titolo risarcitorio. Si stima infatti che in Italia i premi lordi versati per polizze D&O ammontassero nel 2012 a 190 milioni di Euro e che nel 2016 abbiano toccato i 240 milioni, con previsione di giungere a 255 milioni nel 2020[2].
Il generale aumento della litigiosità, che espone le figure poste ai vertici delle aziende a un costante rischio di contenzioso, ha dunque portato all’affermazione anche in Italia delle coperture assicurative in esame, che rappresentano un benefit sempre più ambito dagli executives.
Cenni sulla progressiva diffusione delle polizze D&O e sulla questione della loro liceità
Le polizze D&O sono nate e si sono sviluppate nei paesi anglosassoni. Le prime coperture di questo tipo fecero infatti la propria comparsa negli Stati Uniti, all’epoca della Grande Depressione, come risposta all’obbligo normativo, sancito dal Securities Act del 1933, di disclosure in capo alle aziende che si quotavano in borsa e alla previsione di una responsabilità civile per la non correttezza delle informazioni pubblicate[3]. Poiché alle società non era consentito di indennizzare i propri dirigenti e amministratori in caso di contenzioso, gli assicuratori dei Lloyd’s di Londra crearono una polizza di copertura individuale denominata “Personal Finance Protection Insurance“. Tale iniziativa ebbe tuttavia scarsissimo successo: l’idea era senz’altro ottima e innovativa, ma i tempi non erano ancora maturi in mancanza di una cultura del danno d’impresa e a causa di una ridotta percezione del rischio da parte dei vertici aziendali.
Tutto sarebbe cambiato nel giro di un paio di decenni, quando venne meno il divieto di indennizzo da parte delle società dei propri amministratori e la normativa in tema di responsabilità si adeguò alle esigenze sorte con il boom economico degli anni Sessanta. Il trasferimento sulle imprese dei costi per difendere i D&O diede il via alla ricerca di strumenti volti a neutralizzare o minimizzare l’impatto economico di eventuali contenziosi contro il management.
In Italia le prime polizze D&O iniziarono a diffondersi, con evidente ritardo rispetto al mercato anglosassone, negli anni Ottanta.
In principio, peraltro, si è addirittura dubitato della liceità di tali coperture assicurative, ipotizzando che le stesse contrastino con l’effetto deterrente della responsabilità civile degli amministratori e, in particolare, dei sindaci. Essendo di ordine pubblico il principio di effettività delle funzioni sindacali di controllo, alcuni autori si sono infatti chiesti se le polizze D&O, indebolendo la funzione di prevenzione della responsabilità, non avessero una causa illecita e fossero quindi nulle per contrasto con l’ordine pubblico.
Il dibattito non ha riguardato solo l’Italia. In nessun ordinamento si è mai giunti a considerare le polizze D&O illecite, mentre in alcune giurisdizioni il legislatore è intervenuto ad emanare specifiche disposizioni normative che consentono alle società di assicurare la responsabilità civile dei propri organi di gestione e controllo.
Nel nostro Paese i dubbi sulla liceità delle polizze D&O sono stati fugati principalmente dalla dottrina, sulla base di diverse condivisibili argomentazioni di carattere sistematico[4].
Il dibattito appare comunque inesorabilmente datato. Da qualche anno, infatti, il legislatore italiano è via via intervenuto per rendere obbligatoria l’assicurazione di responsabilità civile per i professionisti: dall’obbligo di stipulare un contratto di assicurazione RC professionale introdotto dal D.P.R. 7 agosto 2012 , n. 137 con riferimento a diverse categorie di operatori appartenenti alle professioni regolamentate si è infatti giunti alla Legge Gelli-Bianco dell’8 marzo 2017, n. 24, che ha sancito l’obbligatorietà dell’assicurazione per gli esercenti le professioni sanitarie.
E’ evidente che medici, avvocati, notai, commercialisti, ecc. svolgono funzioni tanto importanti e delicate quanto quelle di amministratori e sindaci ed il legislatore non ha mai ritenuto che la stipulazione di idonee coperture assicurative possa essere controproducente e possa comportare un aumento degli errori professionali.
Lo scopo della polizza D&O e le persone assicurate
Come si è accennato, l’essenza della copertura assicurativa offerta da una polizza D&O consiste nel tenere indenni gli amministratori, i sindaci, i direttori generali, i dirigenti aziendali da responsabilità conseguenti a richieste di risarcimento avanzate da terzi, in seguito ad un comportamento colposo (anche grave) dell’assicurato nello svolgimento del proprio incarico, che abbia causato danni patrimoniali a tali terzi.
Le polizze disponibili sul mercato italiano ed internazionale tendono ad estendere il perimetro della definizione di “Persona Assicurata” anche al di là delle posizioni dei componenti gli organi sociali e degli appartenenti all’alta dirigenza in senso stretto, andando a ricomprendere una serie di soggetti cui fanno capo responsabilità di rilievo nell’ambito del più ampio sistema dei controlli interni aziendali.
A seconda dei casi, dunque, assistiamo a (più o meno congrue) estensioni della copertura D&O a figure quali il dirigente responsabile dei documenti contabili ai sensi della L. 262/2005, il Compliance Officer (che spesso dirigente non è), il membro (interno o esterno all’organigramma aziendale) dell’organismo di vigilanza e controllo istituito ai sensi del D.Lgs. 231/2001, e così via, per tacere dei richiami testuali a “figure equivalenti presso altre giurisdizioni” (i c.d. CEO, CFO ecc.) o a “soggetti titolari di deleghe rilasciate direttamente dai D&O per mansioni equivalenti”.
Inoltre, la garanzia assicurativa viene usualmente prestata nei confronti dei D&O “presenti, passati e futuri” (cioè in carica, cessati o di là da nominare) rispetto alla data di stipulazione della polizza, nonché di coloro che ricoprono posizioni analoghe in società controllate dalla contraente.
A fronte di uno scenario così complesso, diventa quindi cruciale per l’assicurato avere piena padronanza dell’ambito soggettivo di applicazione del contratto assicurativo, allo scopo di accertarsi che la posizione che ricopre e le potenziali responsabilità che ne derivano siano adeguatamente coperte. Tanto più che, nel contesto di un gruppo societario complesso, il reticolo delle definizioni di polizza tende decisamente a complicarsi, sino a richiedere, in casi limite, capacità logiche degne di un enigmista ai fini del reciproco coordinamento e della loro correlazione con le prescrizioni contrattuali che disciplinano le condizioni di assicurazione[5].
Nell’ambito del quadro appena tratteggiato, vale la pena aggiungere un’ulteriore considerazione. Il D&O è coperto da garanzia assicurativa con riferimento alle azioni produttive di danni a terzi che ha posto in essere nell’interesse o per conto della società contraente (o della sua controllata/partecipata): ovverosia nell’ambito nelle normali funzioni riconducibili alla sua posizione. Di conseguenza, se la garanzia prestata dalla polizza D&O ha sicuramente ad oggetto i rischi di responsabilità derivanti da negligenze dell’amministratore nello svolgimento di mansioni tipiche del suo incarico, essa certamente non troverà applicazione con riferimento a eventuali danni a terzi provocati dallo stesso, ad esempio, nell’ambito di attività svolte nel tempo libero.
L’ipotesi appena riportata può apparire scontata. Tuttavia svariate situazioni dal confine più labile sono suscettibili di dare luogo a ben maggiori incertezze sull’effettiva applicazione della copertura, in presenza di condotte consistenti, ad esempio, nel rilascio da parte del membro di un organo sociale di dichiarazioni pubbliche potenzialmente pregiudizievoli per interessi di terzi, ove non sia chiaro se queste siano state fatte a titolo personale o nell’interesse della società.
La struttura della polizza D&O
- a) Le polizze D&O collettive e quelle individuali
La garanzia oggetto della polizza D&O è generalmente di tipo collettivo e viene prestata mediante un contratto assicurativo stipulato dalla società contraente a seguito di delibera spettante all’assemblea dei soci[6]. Con tale unico contratto vengono contemporaneamente assicurati tutti i soggetti riconducibili alle posizioni apicali ivi individuate (senza necessità di identificazione nominale), i quali beneficiano così di una protezione dai rischi di impoverimento del proprio patrimonio personale.
E’ peraltro anche assicurabile il rischio individuale, mediante l’acquisto da parte del singolo D&O di una polizza autonoma, che includa specifiche condizioni contrattuali modulate sul suo particolare incarico.
Nelle polizze individuali può essere presente l’esclusione del vincolo di solidarietà per il caso di responsabilità concorrente tra sindaci e amministratori o tra i componenti del collegio sindacale. In tali casi la compagnia assicurativa risponde soltanto della quota di responsabilità attribuibile all’assicurato.
Spesso la copertura D&O individuale viene prestata in forma di “estensione” (per responsabilità riconducibili ad incarichi di amministratore o sindaco) della garanzia offerta da una polizza di responsabilità civile professionale, purché le attività svolte presso organi sociali non siano prevalenti.
Va detto, peraltro, che l’inserimento di una siffatta estensione all’interno della polizza di responsabilità civile professionale per le attività di amministratore e sindaco non permette generalmente all’assicurato di fruire di una copertura di pari ampiezza rispetto alle garanzie riconducibili alla polizza D&O collettiva (con riferimento, ad esempio, agli incarichi già terminati e a quelli futuri, nonché al rimborso delle spese legali sostenute nei procedimenti penali o amministrativi, ecc.).
Nelle polizze individuali il premio è commisurato ai compensi percepiti o anche al numero di incarichi svolti dall’assicurato. Inoltre, spesso la garanzia è prestata nei limiti di un sotto-massimale della polizza RC professionale, oltre che esclusivamente in eccedenza rispetto a significativi scoperti e franchigie.
- b) Lo schema contrattuale sotteso alla polizza D&O collettiva e le sue conseguenze applicative
Lo schema contrattuale utilizzato nella polizza D&O “classica”, cioè quella di tipo collettivo stipulata dalla società in favore dei suoi soggetti apicali, è riconducibile all’assicurazione per conto altrui disciplinata dall’art. 1891 c.c.[7].
Ne deriva che la società contraente è tenuta ad adempiere gli obblighi derivanti dal contratto (in primis, il pagamento del premio assicurativo), salvo quelli che per loro natura non possono essere adempiuti che dall’assicurato.
Allo stesso tempo, i diritti derivanti dal contratto spettano all’assicurato, e la società contraente non potrà farli valere senza il suo espresso consenso. In forza di tale principio, l’assicurato non contraente è altresì legittimato ad agire per azionare le garanzie del contratto assicurativo stipulato in suo favore.
Infine, all’assicurato sono opponibili le eccezioni che si possono opporre al contraente in dipendenza del contratto. Ad esempio, nel caso in cui la società abbia omesso o ritardato il pagamento del premio assicurativo, l’assicuratore potrà ben contestare tale circostanza anche al singolo D&O, con gli effetti di cui all’art. 1901 c.c.
- c) Le sezioni della polizza D&O e le tipologie di garanzia prestate: la copertura della responsabilità civile per danni a terzi e le garanzie collaterali
La polizza D&O presta diverse forme di garanzia assicurativa in favore sia delle persone assicurate, sia della stessa società contraente (o delle sue controllate).
Essa è solitamente costituita da due sezioni (“Sides” in gergo anglosassone), talvolta da tre.
Mediante la c.d. Side A – che rappresenta, alla luce di quanto si è visto nei paragrafi precedenti, l’espressione più “pura” della copertura assicurativa D&O – la polizza offre una protezione finalizzata a tenere indenni le persone fisiche assicurate dalle perdite e dalle spese, incluse quelle legali (secondo quanto previsto dal codice civile, sino al limite del 25% del massimale di polizza), derivanti da eventuali richieste di risarcimento avanzate da terzi nei loro confronti, per le quali i D&O non abbiano ricevuto alcun indennizzo da parte della società.
La garanzia è prestata anche per le ipotesi di responsabilità dovuta a colpa grave.
Ai fini di quanto sopra, sono considerati terzi la società stessa ed i suoi soci, le società controllate e collegate, i creditori sociali. Non sono terzi, invece, gli altri assicurati e chi si trovi con essi in rapporto di parentela o affinità.
A sua volta, la copertura offerta dalla Side B ha lo scopo di assicurare direttamente la società contraente per le spese e le somme che questa abbia sostenuto o sia tenuta a sostenere allo scopo di indennizzare gli amministratori, a seguito di richieste di risarcimento ricevute da questi ultimi in relazione all’esercizio delle proprie funzioni.
La Side B tuttavia non copre la società per le perdite derivanti da azioni civili di responsabilità esercitate direttamente (anche) nei suoi confronti.
Ciò a differenza di quanto previsto dall’ulteriore copertura assicurativa, denominata Side C (c.d. “entity coverage“) e diffusa soprattutto sul mercato statunitense, che riguarda profili di responsabilità riconducibili in via diretta (quand’anche a titolo vicario) alla società.
In Italia la Side C non ha ancora trovato diffusione in via generale. In effetti, la relativa copertura è solitamente garantita con riferimento a limitate e specifiche tipologie di sinistro, vale a dire le azioni di risarcimento relative a strumenti finanziari[8], da un lato, e le azioni di risarcimento in materia giuslavoristica, dall’altro.
Non si possono escludere, peraltro, future inversioni di rotta sotto questo profilo, anche tenuto conto degli indubbi vantaggi che ne deriverebbero in termini di rafforzamento della “funzione compensativa del sistema combinato assicurazione / responsabilità“[9] in relazione a casistiche che necessiterebbero di più efficaci presidi di protezione contro il pericolo della possibile insolvenza della società. Basti pensare alle azioni di risarcimento dei danni cagionati dagli amministratori esperite direttamente nei confronti della società di appartenenza ai sensi dell’art. 2043 ovvero dell’art. 2049 c.c., così come ai profili di responsabilità diretta della società capogruppo, che abbia commesso una violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale nell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento, in tal modo cagionando un danno ai soci di minoranza ed ai creditori ex art. 2497 c.c.
- d) Ancora sull’oggetto della copertura: le garanzie prestate nell’ambito dei procedimenti penali e amministrativi
Come si è avuto modo di apprezzare nel paragrafo precedente, la copertura prestata dalla polizza D&O ha il principale obiettivo di mettere l’assicurato al riparo da pregiudizi patrimoniali derivanti da eventuali condanne al risarcimento di danni emesse all’esito di azioni civili di responsabilità promosse nei suoi confronti, nonché dalle perdite riconducibili ai costi sostenuti dall’assicurato stesso per difendersi da tali richieste di risarcimento.
Ma questo non è tutto. Di consueto, infatti, la garanzia di cui fruiscono gli assicurati si estende a procedimenti diversi dal giudizio civile (mediante la loro ricomprensione nella definizione di “richiesta di risarcimento” assicurata): ci si riferisce, tipicamente, ai giudizi penali, da un lato, e alle verifiche ispettive e ai procedimenti sanzionatori amministrativi esperiti da Autorità di Vigilanza (ad esempio, Consob e Banca d’Italia), dall’altro.
Come si è accennato, le sanzioni non sono assicurabili per legge[10]. In aggiunta, né l’una né l’altra tipologia di procedimento è suscettibile di sfociare immediatamente (salvo il caso della costituzione di parte civile nel giudizio penale) in una vera e propria richiesta di risarcimento danni a carico dell’assicurato.
Tuttavia, è indubbio che in sede sia penale che amministrativa possono maturare a carico delle persone coinvolte costi di difesa potenzialmente molto significativi e, da questo punto di vista, la polizza D&O può rappresentare uno strumento di protezione molto prezioso. Tendenzialmente, infatti, essa presta una forma di “tutela legale”[11] avente ad oggetto il rimborso – alle condizioni di volta in volta previste – delle spese sostenute dagli assicurati, purché entro i limiti della ragionevolezza e previamente autorizzate dalla compagnia assicurativa.
Anche in questo caso è importante esaminare con attenzione il testo di polizza per comprendere a fondo i termini e le condizioni che disciplinano la garanzia assicurativa e verificare, in particolare, in quali casi tale garanzia possa ritenersi correttamente attivata. A seconda di come è formulata la relativa clausola, ad esempio, si potrà di volta in volta stabilire se il procedimento penale rientri nella definizione di “richiesta di risarcimento” o di “sinistro” sin dal momento della notifica all’assicurato di una informazione di garanzia in sede di indagini preliminari, ovvero se al contrario occorra attendere l’emissione del provvedimento di rinvio a giudizio.
- e) Operatività temporale
Sostanzialmente tutte le polizze D&O offerte sul mercato italiano operano temporalmente secondo il regime cd. claims made. Ciò significa che l’attivazione della copertura assicurativa è determinata non dalla commissione dell’illecito o dalla verificazione del danno (come tipicamente avviene, invece, nel caso del regime c.d. loss occurrence), ma dalla ricezione, da parte del soggetto assicurato, della prima richiesta risarcitoria da chi si assume danneggiato da un fatto commesso dall’assicurato stesso. Ai fini della garanzia, dunque, la richiesta risarcitoria (claim) deve essere fatta (“made“) durante il periodo di validità della polizza, che normalmente è di un anno.
La data di commissione dell’illecito non è tuttavia irrilevante, poiché la polizza può prevedere una data di retroattività e stabilire quindi che la richiesta risarcitoria debba essere attinente ad illeciti compiuti dagli assicurati esclusivamente dopo tale data. Sebbene oggi la maggior parte delle polizze D&O preveda una retroattività illimitata, è certamente questo un aspetto da prendere in attenta considerazione quando si acquista una copertura assicurativa di questo tipo.
Esistono altre due tipologie di clausola che influenzano l’operatività temporale di una polizza D&O sottoscritta sulla base della claims made rule: si tratta della clausola di ultrattività e della c.d. deeming clause.
Per quanto riguarda la prima fattispecie, generalmente le polizze D&O consentono di coprire gli assicurati in ordine a richieste di risarcimento pervenute sino a 5 anni dopo la cessazione dell’incarico, sempre limitatamente a comportamenti colposi posti in essere durante il periodo di vigenza della polizza e purché la società contraente abbia rinnovato la polizza nelle correlate annualità. In alternativa, l’ultrattività è offerta a copertura di tutti gli assicurati (e non solo, quindi, di quelli cessati dall’incarico durante il periodo di polizza) a fronte del pagamento di un premio aggiuntivo (di solito una percentuale del premio annuale, direttamente proporzionale alla durata del periodo di ultrattività concesso).
In base alla deeming clause, invece, se durante il periodo di durata della polizza l’assicurato viene a conoscenza di fatti e circostanze dalle quale sia ragionevole prevedere che in futuro possa derivare una richiesta risarcitoria, allora lo stesso assicurato può informare l’assicuratore di tali fatti e circostanze (precisando i motivi per cui ritiene che tali fatti siano suscettibili di dare luogo a una richiesta di risarcimento). In tal modo il successivo sinistro, se collegato a tali fatti, sarà considerato come avvenuto alla data in cui è stata trasmessa per la prima volta la notifica delle circostanza (e, quindi, durante il periodo di operatività temporale della polizza in questione).
Evidentemente si tratta di una clausola favorevole all’assicurato, in quanto volta a correggere alcuni possibili inconvenienti dell’operatività claims made in caso di stipulazione nel tempo di polizze con assicuratori diversi. In assenza di tale clausola, infatti, un assicurato potrebbe denunciare all’assicuratore determinate circostanze potenzialmente idonee a dare adito a future richieste risarcitorie e vedersi opporre un diniego di copertura in assenza di un vero e proprio sinistro; parimenti, l’assicuratore dell’annualità (successiva) in cui venga effettivamente presentata la richiesta risarcitoria potrebbe negare la copertura ex art. 1892 c.c., adducendo una pregressa conoscenza da parte dell’assicurato di circostanze da questi non dichiarate in fase di rinnovo.
In effetti il regime claims made non è esente da possibili criticità, che devono essere tenute ben presenti dall’assicurato e dalla società contraente nella gestione della polizza e di possibili sinistri. Negli ultimi anni la giurisprudenza ha avuto occasione di occuparsi ripetutamente del regime temporale in esame, che deroga all’operatività loss occurrence stabilita in via generale per le polizze di responsabilità civile dall’art. 1917 c.c. La Corte di Cassazione, in particolare, ha stabilito che la clausola claims made non è vessatoria (e quindi inefficace ove non espressamente approvata per iscritto) ma, in presenza di determinate condizioni, può essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza, nel caso in cui determini un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto[12].
Conclusioni
Come emerge da quanto illustrato in precedenza, indubbiamente la polizza assicurativa D&O assolve un’importante funzione sistematica di rafforzamento e valorizzazione della funzione compensativa della responsabilità dei membri degli organi sociali ai sensi degli artt. 2392 ss. c.c. in favore dei terzi danneggiati.
In linea generale, infatti, la presenza di una solida copertura assicurativa permette a coloro che abbiano sofferto un pregiudizio per effetto di atti di mala gestio o di mancati o inadeguati controlli da parte degli executives (cioè, di volta in volta, la stessa società, i suoi creditori, oppure singoli soci o terzi) di poter ragionevolmente contare – alle condizioni e nei limiti stabiliti dalla polizza operante nel caso concreto – su una valida garanzia di completo e sicuro risarcimento[13].
Allo stesso tempo (e in buona parte per i medesimi motivi) la polizza D&O rappresenta anche un interessante strumento di “buona governance” della società contraente, la quale può innanzitutto trarne vantaggio sul piano della possibilità di attrarre e trattenere manager di talento.
In aggiunta, la stessa società ha tutto l’interesse a dotarsi di una idonea copertura assicurativa delle responsabilità dei suoi organi sociali in un’ottica di risk management, allo scopo cioè di porre il proprio patrimonio al riparo da eventuali ripercussioni negative derivanti da condotte colpose dei soggetti apicali (tramite il trasferimento all’assicuratore del relativo obbligo risarcitorio).
Infine, la valutazione compiuta dall’assicuratore in sede di quotazione del rischio – sulla base delle informazioni raccolte all’atto sia della stipulazione del contratto che del suo successivo rinnovo – si riflette nell’idoneità della polizza D&O a fungere da indicatore del business risk connesso alle attività svolte dalla società contraente e della “qualità storica” della sua corporate governance (tenuto conto dei dati relativi ad eventuali precedenti sinistri e di qualsiasi altra circostanza pregressa presa in considerazione ai fini della valutazione della consistenza del rischio assicurato e della definizione del premio annuale)[14].
Anche dal punto di vista individuale, peraltro, abbiamo visto che la polizza D&O rappresenta un preziosissimo mezzo di protezione del D&O, a fronte dell’assunzione da parte di quest’ultimo di responsabilità molto complesse e nella prospettiva di una sua esposizione a rischi dall’incidenza economica potenzialmente assai rilevante.
Naturalmente, affinché tale sofisticato strumento funzioni nel modo più appropriato e non nasconda insidie inaspettate – sia in sede di assunzione del rischio[15], sia in caso di successivo sinistro – è opportuno che tanto la società contraente quanto i D&O assicurati si adoperino affinché venga attivata la copertura assicurativa più confacente alle rispettive esigenze e si accertino di padroneggiare al meglio tutte le condizioni di applicabilità della garanzia.
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[1] LEEPER, Risk and Risk Takers: Protecting Corporate Executives with D&O Insurance Policies, in The Colorado Lawyer, 2014, Vol. 43, n. 11, pp. 39 ss.
[2] I dati sono tratti dal sito web del broker Assiteca: cfr. https://www.assiteca.it/2018/02/assicurazione-d-o-italia/.
[3] Il testo del Securities Act of 1933 può essere consultato al seguente indirizzo internet: http://legcounsel.house.gov/Comps/Securities%20Act%20Of%201933.pdf.
[4] Occorre innanzitutto evidenziare che la responsabilità civile ha una funzione principalmente riparatoria, essendo improntata al principio di integrale riparazione del danno. La funzione deterrente-sanzionatoria è invece appannaggio del sistema penale, e la stessa non viene meno in presenza di una copertura assicurativa dal momento che la commissione di un illecito da parte di un D&O può comportare conseguenze tanto su piano civile, quanto su quello penale o anche amministrativo (si pensi alle sanzioni irrogate da Consob e da Banca d’Italia, che sono espressamente non assicurabili in forza del disposto dell’art. 12 D.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, “Codice delle Assicurazioni Private”).
In ogni caso, appare difficile sostenere che la stipulazione di una polizza D&O possa comportare un abbassamento del livello di diligenza dei soggetti assicurati nell’espletamento delle loro funzioni.
In primo luogo è sempre possibile una compartecipazione dell’assicurato al rischio per effetto di massimali non capienti, franchigie o scoperti e varie esclusioni della copertura assicurativa prestata dalla polizza, che fanno si che il trasferimento dell’eventuale onere risarcitorio non sia integrale.
In secondo luogo, il rischio reputazionale connesso al compimento di qualsivoglia illecito, così come il rischio di venir rimossi dall’incarico, ha conseguenze nel medio e lungo periodo altrettanto gravi rispetto a quelle risarcitorie.
Infine, occorre considerare che una consapevole o cosciente riduzione del livello di diligenza da parte di un D&O, fiducioso di poter contare sull’intervento della compagnia assicurativa, configurerebbe verosimilmente un illecito doloso, anche nell’accezione del cosiddetto dolo eventuale, escluso ex lege dalla garanzia assicurativa (in base all’art. 1917 c.c., infatti, dall’assicurazione di responsabilità civile “(…) Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi (…)”.
In merito cfr. tra gli altri TINA, L’esonero di responsabilità degli amministratori di S.p.a., Milano, 2008, pp. 357 ss.; conf. REGOLI, Le polizze assicurative professionali: nuovi profili, in MONTALENTI (a cura di), Responsabilità societarie e assicurazione, Milano, 2009, p. 107 ss.; TOMBARI, L’assicurazione della responsabilità civile degli amministratori di società per azioni, in Banca borsa e titoli di credito, 1999, n. 52, II, pp. 186 ss.; CASELLA–RUOZI, Gli amministratori di società, Milano, 1997, p. 65.
[5] Basti pensare alla consueta esigenza di mettere correttamente in relazione tra loro la definizione di “Persona Assicurata” e quella di “Assicurato” (la quale ultima comprende a volte sia le persone fisiche dei D&O sia la società contraente), nonché la seconda categoria appena menzionata rispetto a quella di “Società” (usualmente, la società capogruppo e le sue controllate e/o partecipate). A sua volta, la definizione di “Società” andrà declinata tenendo conto della necessità di inquadrare i casi in cui al D&O è garantita copertura assicurativa per incarichi di gestione o controllo svolti presso società in cui il gruppo stesso detiene determinate quote di partecipazione (c.d. “portfolio companies“), per effetto delle quali la contraente sia legittimata a designare uno o più membri dei rispettivi organi sociali.
A seconda dei casi, le consociate del gruppo e/o le società di portafoglio possono essere identificate mediante la loro inclusione nominale in elenchi allegati alle condizioni generali di assicurazione, oppure attraverso il riscorso ad ulteriori definizioni ancora più tecniche, quali quelle di “Ente esterno”, “Società partecipata” o equivalente, e quindi di “Amministratore di ente esterno” e così via.
[6] Per un approfondimento sulle ragioni alla base di tale allocazione di competenza, riconducibili all’assimilazione del premio assicurativo versato dalla società ad un “fringe benefit” a vantaggio dei propri amministratori e sindaci, cfr. TINA, op. cit., pp. 365 ss.
[7] Su tale tipologia di contratto, cfr. ROSSETTI, Il diritto delle assicurazioni, Padova, 2013, Vol. I, pp. 695 ss., nonché Vol. III, pp. 15-16; BENINI, Assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta, in LA TORRE (a cura di), Le assicurazioni, Milano, 2000, pp. 58 ss.
[8] Si tratta dei c.d. “securities claims“: in genere, azioni di responsabilità o procedimenti sanzionatori derivanti o collegati alla compravendita e/o alla sollecitazione all’acquisto di titoli sul mercato, ovvero richieste di risarcimento svolte da azionisti/obbligazionisti e connesse alla negoziazione di titoli.
[9] REGOLI, op. cit., p. 117.
[10] Cfr. sopra, nota n. 4.
[11] Secondo la dottrina, nell’assicurazione di tutela legale “il rischio assicurato è (…) il sorgere di una controversia giudiziale o extra-giudiziale, derivante dai rapporti o dalle attività descritte in polizza” [cfr. ALPA (a cura di), Le assicurazioni private, Torino, 2006, Tomo II, p. 1503].
[12] Cfr. Cass., Sez. Un., 2 dicembre 2016, n. 24645; Cass., Sez. Un., 6 maggio 2016, n. 9140; Cass., Sez. III, 11 gennaio 2017, n. 417. Si segnala inoltre che la Suprema Corte ha recentemente rimesso alle Sezioni Unite due questioni estremamente importanti per le polizze claims made (e quindi anche per le polizze D&O): l’ammissibilità di una definizione pattizia di sinistro e la meritevolezza della clausola claims made che escluda la risarcibilità delle richieste postume.
[13] In questo senso, cfr. TINA, op. cit., pp. 361 ss.
[14] Sul punto, ancora TINA, op. cit., pp. 363-364, il quale si spinge ad ipotizzare, sulla base di posizioni assunte dalla dottrina statunitense, una “funzione di controllo – degli agency costs tra società e amministratori – esercitata dall’assicurazione, che vede negli assicuratori dei veri e propri corporate monitors“, i quali “potrebbe(ro), in via esemplificativa, subordinare la copertura assicurativa (o il rinnovo della polizza) a determinate modifiche relative alla corporate governance della società, alla revoca di determinati amministratori, ad un flusso costante di informazioni relative alla gestione della società (…) o a specifiche operazioni“.
[15] In proposito, si segnala che il recentissimo D.Lgs. 21 maggio 2018, n. 68, nel dare attuazione nell’ordinamento italiano alla direttiva UE n. 2016/97 in materia di distribuzione assicurativa (meglio nota come “Direttiva IDD”), ha inserito all’interno del D.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (“Codice delle Assicurazioni Private”: cfr. sopra, nota n. 4) una nuova disposizione all’art. 119-ter (“Consulenza e norme per le vendite senza consulenza“), ai sensi della quale, tra l’altro, “Prima della conclusione di un contratto di assicurazione, il distributore di prodotti assicurativi: a) acquisisce dal contraente ogni informazione utile a identificare le richieste ed esigenze del contraente medesimo, al fine di valutare l’adeguatezza del contratto offerto; e b) fornisce allo stesso informazioni oggettive sul prodotto assicurativo in una forma comprensibile al fine di consentirgli di prendere una decisione informata. Qualsiasi contratto proposto deve essere coerente con le richieste e le esigenze assicurative del contraente. Se viene offerta una consulenza prima della conclusione del contratto, il distributore di prodotti assicurativi fornisce al contraente una raccomandazione personalizzata contenente i motivi per cui un particolare contratto è ritenuto più indicato a soddisfare le richieste e le esigenze del contraente medesimo“. La stessa norma stabilisce inoltre che l’IVASS (“Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni”) disciplini con regolamento le modalità applicative delle prescrizioni appena riportate. Al momento della pubblicazione di questo contributo, l’IVASS ha emesso e posto in pubblica consultazione (sino al 9 luglio 2018) uno schema di Regolamento “recante disposizioni in materia di distribuzione assicurativa e riassicurativa“, all’interno del quale sono previste specifiche disposizioni in tema di informativa precontrattuale e vendita di contratti assicurativi con consulenza da parte dei distributori (cfr. Titolo II – “Regole di comportamento”).